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  • Domenica 24 aprile 2022

Quanto corrono le auto da corsa

Quelle di Formula 1 più delle altre ma non in termini di velocità massima raggiungibile: ci sono altri criteri e fattori da considerare

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(Mark Thompson/Getty Images)
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Una discussione ricorrente tra persone appassionate di sport motoristici ma frequente anche tra chi non segue abitualmente le corse gira intorno alla domanda su quali siano le macchine più veloci in assoluto, considerando le categorie di tutto il mondo. La risposta breve è abbastanza nota: quelle di Formula 1, che è anche la categoria più popolare e seguita, specialmente in Europa.

La risposta lunga include precisazioni e chiarimenti riguardo ai criteri tenuti in considerazione quando si dice che nessuna macchina da corsa possa attualmente andare più veloce di una Formula 1. In genere il riferimento è alla velocità media in un singolo giro su una pista non ovale: nessun’altra macchina riesce a percorrerlo in un tempo più breve di quello che serve a una Formula 1. Che non significa però che non ci siano categorie che riescono a raggiungere velocità massime più elevate.

Le macchine IndyCar, il principale campionato statunitense per macchine a ruote scoperte, arrivano a velocità massime di 380 chilometri orari: le più alte in assoluto, tra quelle raggiunte in qualsiasi categoria di macchine a quattro ruote. Da queste misurazioni sono infatti generalmente esclusi i dragster Top Fuel, quei veicoli lunghi e affusolati costruiti per gare di accelerazione su brevi rettilinei e che possono superare i 500 chilometri orari, ma che appunto non percorrono giri.

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Una delle prime fasi di gara della 500 Miglia di Indianapolis, domenica 30 maggio 2021 (AP Photo/Darron Cummings)

La velocità più alta mai registrata in gara per una Formula 1 è 372,5 chilometri orari, ottenuta nel Gran Premio del Messico del 2016 dal pilota finlandese Valtteri Bottas alla guida di una Williams. Ma in generale è piuttosto raro che le macchine di Formula 1 superino nei rettilinei i 360 chilometri orari, quindi 20 in meno rispetto a una macchina IndyCar. La differenza principale è che una macchina di Formula 1 è più veloce nel complesso e, soprattutto, è più veloce nelle curve.

Le ragioni non riguardano soltanto la potenza del motore, che nelle macchine di Formula 1 supera i mille cavalli mentre nelle IndyCar non va oltre 750 cavalli: una cosa molto rilevante è l’efficienza aerodinamica.

Nonostante alcune pesanti limitazioni imposte da un nuovo regolamento in vigore da quest’anno, le Formula 1 sono il risultato di decenni di competizione agguerritissima nello sviluppo di alettoni, deviatori, sistemi di scarico dei gas e altri espedienti necessari a sfruttare i flussi d’aria in funzione di una maggiore aderenza delle macchine al fondo stradale e, di conseguenza, di una maggiore velocità. Il campionato IndyCar si è invece storicamente sviluppato in direzione di una maggiore condivisione di assetti e parametri tra le diverse macchine, portando a un maggiore livellamento delle prestazioni.

Le piste tipiche della IndyCar, perché più adatte a quel tipo di macchine e invece del tutto assenti nel campionato di Formula 1, sono i circuiti di tipo ovale: su quel tipo di piste le macchine possono infatti utilizzare assetti molto “scarichi” – quelli che permettono di opporre minore resistenza ai flussi d’aria – e trascorrere più tempo con la marcia più alta. Ma ci sono anche gare di IndyCar su piste non ovali.

Un esempio utile è il circuito delle Americhe a Austin, in Texas, dove nel 2019 si tennero sia una gara di IndyCar che una di Formula 1. Il miglior tempo nelle qualifiche della IndyCar fu 1:46,018, equivalente a una velocità media sul giro di 186,349 chilometri orari, mentre il tempo della pole position in Formula 1 fu 1:32,029 – circa 14 secondi più veloce – e con una velocità media sul giro di 206,374 chilometri orari. Invece, sulle piste ovali della IndyCar, come la famosa 500 Miglia di Indianapolis, la pole position (che è stabilita dal miglior tempo di percorrenza di 4 giri consecutivi) supera abbondantemente i 320 chilometri orari di velocità media.

Il giro più veloce mai fatto in qualifica da una macchina di Formula 1 fu ottenuto nel 2020 dalla Mercedes guidata dal pilota britannico Lewis Hamilton nel Gran Premio d’Italia, una pista nota per l’alta velocità di percorrenza media (il tempo in cui si tiene il piede schiacciato sull’acceleratore, in altre parole). Hamilton mantenne una velocità media di 264,363 chilometri orari: percorse in un 1:18,887 una pista di quasi sei chilometri (5,793).

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Il pilota britannico Lewis Hamilton sulla Mercedes W11 durante le qualifiche del Gran Premio d’Italia a Monza, il 5 settembre 2020 (Miguel Medina/Getty Images)

Al di là di numeri e dati, la percezione di quanto siano veloci le macchine di Formula 1 nelle curve e nelle chicane si ricava facilmente anche osservandole da vicino, da spettatori di un Gran Premio, e molto più efficacemente di quanto sia possibile attraverso le riprese televisive, in cui la prospettiva appare più schiacciata.

Un recente articolo su Autosport, una delle più autorevoli riviste di automobilismo al mondo, ha provato a compilare una classifica delle principali categorie motoristiche utilizzando una grande quantità di dati relativi ai tempi sul giro ottenuti nel 2021 in piste su cui gareggiano macchine di diverse categorie, anche nordamericane e giapponesi. Una parte consistente dei dati riguarda piste che si trovano in Europa: il circuito di Catalogna in Spagna, quello di Monza, quello di Spa-Francorchamps in Belgio, il “Paul Ricard” in Francia, il Red Bull Ring in Austria e il circuito di Zandvoort nei Paesi Bassi.

Dai calcoli di Autosport, la categoria risultata più veloce in assoluto dopo la Formula 1 – seppur con un distacco significativo, stimato intorno a otto secondi al giro – è stata la Super Formula. È il più importante campionato automobilistico giapponese per auto a ruote scoperte, per lungo tempo noto come Formula 3000 e poi come Formula Nippon. È una categoria che lascia alle squadre una libertà limitata nello sviluppo dei telai, tutti prodotti dall’azienda italiana Dallara, che è anche il fornitore unico delle macchine dei campionati di IndyCar, Formula 2, Formula 3 e Formula E, tra gli altri.

Dopo la IndyCar, che è al terzo posto ma con un ritardo di quasi 12 secondi al giro rispetto alla Formula 1, la più veloce è stata la Formula 2, un campionato “monomarca”: i telai sono forniti da Dallara e i motori dalla società francese Mecachrome, che tra gli anni Ottanta e gli anni Duemila partecipò anche a diverse edizioni del campionato di Formula 1.

Le macchine di Formula 2 possono arrivare a velocità massime di circa 335 chilometri orari: è una categoria peraltro nota come fase di passaggio di molti dei piloti più forti che poi arrivano in Formula 1.

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Il pilota tedesco Mick Schumacher durante il Gran Premio di Toscana di Formula 2, sul circuito del Mugello, il 13 settembre 2020 (AP Photo/Luca Bruno)

Le auto più veloci dopo quelle di Formula 2, secondo la classifica di Autosport, sono state quelle da 500 cavalli della Super GT, una categoria giapponese dominata da Nissan, Honda e Toyota (ma gareggiano anche McLaren, Ferrari, Lamborghini e Aston Martin) e in cui conta moltissimo la capacità di non usurare le gomme. È la più importante categoria di Gran Turismo, auto derivate da modelli omologati per uso stradale – quindi adatte a percorrere lunghe distanze – ma progettate per raggiungere velocità molto più alte.

La prima categoria nordamericana nella classifica – la Daytona Prototype International – è anche la prima che riguarda auto Le Mans Prototype (LMP), macchine prototipo biposto costruite esclusivamente per competere in gare di resistenza (endurance) come la leggendaria 24 Ore di Le Mans.

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Una macchina prototipo Mazda durante le prove libere prima della 24 Ore di Daytona a Daytona Beach, in Florida, il 29 gennaio 2016 (AP Photo/John Raoux)

Rispetto a una classifica simile compilata nel 2016 il divario tra le macchine di Formula 1 e tutte le altre, fa notare Autosport, è molto aumentato: una delle ragioni è il notevole sviluppo delle prestazioni in Formula 1 favorito dall’introduzione di alcune novità nel regolamento del 2017.