La Cassazione ha confermato le condanne per l’omicidio di Stefano Cucchi

Due carabinieri sono stati condannati in via definitiva a 12 anni di carcere, dopo una lunga vicenda processuale

(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

La Corte di Cassazione ha condannato in via definitiva a 12 anni di carcere per omicidio preterintenzionale i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro nell’ambito del secondo processo per la morte di Stefano Cucchi, il ragazzo romano trovato morto il 22 ottobre del 2009 in una stanza del reparto protetto dell’ospedale Sandro Pertini di Roma, dove era ricoverato da quattro giorni dopo essere stato arrestato.

In primo grado la Corte d’Assise li aveva condannati a 12 anni di carcere, e in Appello la pena era stata aumentata di un anno per entrambi dopo l’esclusione delle attenuanti generiche: la Cassazione ha deciso però di ridurre nuovamente la pena di un anno.

La decisione della Corte di Cassazione ha quindi confermato, come atteso, quanto era stato deciso nella precedente sentenza, che in modo inequivocabile aveva attribuito le responsabilità dei pestaggi che Cucchi aveva subìto dopo il fermo.

Un primo processo era finito nel 2013 con l’assoluzione di tre agenti di polizia penitenziaria, ma nel nuovo processo erano state presentate nuove prove che avevano confermato il pestaggio di Cucchi: il carabiniere Francesco Tedesco aveva ammesso di aver assistito al pestaggio e raccontato che avvenne la notte del 15 ottobre 2009, dopo che Cucchi era stato fermato dai carabinieri e portato nella caserma Appia di Roma, e che iniziò quando Cucchi si rifiutò di farsi prendere le impronte digitali.

A quel punto, secondo quanto raccontato da Tedesco e confermato dalla Cassazione, Di Bernardo avrebbe colpito Cucchi con uno schiaffo violento al volto, mentre D’Alessandro gli avrebbe dato un calcio con la punta del piede “all’altezza dell’ano”. Di Bernardo avrebbe poi continuato a picchiare Cucchi, facendogli sbattere la testa a terra con violenza. Mentre Cucchi era a terra, poi, D’Alessandro gli avrebbe dato un altro calcio in faccia. A quel punto, racconta Tedesco, lui avrebbe fermato i suoi colleghi e avrebbe aiutato Cucchi a rialzarsi.

Oltre alla conferma delle condanne per Di Bernardo e D’Alessandro, i giudici della Cassazione hanno inoltre deciso che dovrà essere nuovamente celebrato il processo di secondo grado nei confronti di Tedesco e di un altro carabiniere, Roberto Mandolini, accusati di aver falsificato il verbale d’arresto di Cucchi. In appello Mandolini, che nel 2009 era capo della stazione Appia, era stato condannato a 4 anni di carcere e Tedesco a 2 anni e 6 mesi. Per il reato di falso, di cui sono accusati, a maggio scatterà però la prescrizione.