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  • Venerdì 25 marzo 2022

Le dimensioni di una sconfitta impensabile

Abbiamo perso 3 partite ufficiali in 4 anni, e tanto ci è bastato: passeremo almeno 12 anni senza giocare un Mondiale di calcio

Alessandro Florenzi al termine di Italia-Macedonia del Nord (Claudio Villa/Getty Images)
Alessandro Florenzi al termine di Italia-Macedonia del Nord (Claudio Villa/Getty Images)
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Giovedì sera la Nazionale di calcio campione d’Europa in carica, sesta nel ranking mondiale, fin lì sconfitta soltanto tre volte negli ultimi quattro anni, è stata battuta dalla Macedonia del Nord, sessantasettesima nazionale al mondo, nell’unica partita che non poteva davvero perdere: il primo turno dei playoff di qualificazione ai Mondiali in Qatar, a cui l’Italia quindi non parteciperà.

Alla Macedonia — che la scorsa estate aveva giocato il primo torneo internazionale della sua recente storia, perdendone tre su tre — è bastato un gol bellissimo e fortunato segnato nei tempi di recupero con il suo unico vero tiro in porta della partita, su rinvio del portiere e da venti metri, per escludere l’Italia dai Mondiali per la seconda edizione consecutiva: una cosa fin qui impensabile per una delle grandi nazionali del calcio mondiale, la seconda con più Coppe del Mondo a pari merito con la Germania e dopo il Brasile.

È stata una sconfitta contro ogni pronostico e uno dei risultati più inaspettati nella storia recente del calcio internazionale. A differenza della mancata qualificazione di cinque anni fa contro la Svezia, quando la Nazionale era in profonda crisi e le premesse per il disastro erano visibili, questa volta i presupposti per un altro fallimento non c’erano. L’Italia veniva dalla vittoria di un Europeo ottenuta da imbattuta con sette vittorie su sette, dopo aver superato tre grandi favorite: Belgio, Spagna e Inghilterra, quest’ultima per giunta in finale nel suo stadio nazionale.

Andando più indietro ancora, dagli spareggi persi con nel 2017 contro Svezia fino a oggi, l’Italia ha giocato 40 partite ufficiali. Di queste 40 ne ha perse 4 (Svezia, Portogallo, Spagna e Macedonia), pareggiate 10 e vinte 26. Nel mezzo, ha stabilito il record mondiale di imbattibilità per una nazionale di calcio, concluso lo scorso ottobre dopo 37 partite senza sconfitte. Eppure queste statistiche non hanno evitato l’esclusione da due Mondiali consecutivi.

I problemi sono iniziati dopo gli Europei, a settembre, con un calo di rendimento che ha coinciso con la fase cruciale delle qualificazioni ai Mondiali: sono bastati quattro pareggi per perdere il primo posto nel girone di qualificazione, superati dalla Svizzera, e una sconfitta all’ultimo minuto per perdere tutto.

I pareggi rimediati da settembre in poi sono arrivati tutti in modo molto simile. Contro Bulgaria, Svizzera e nell’ultima partita decisiva contro l’Irlanda del Nord, l’Italia si era trovata in grosse difficoltà a superare avversari schierati difensivamente: aveva sempre controllato il possesso e si era creata occasioni per segnare, mancando però di qualità nella finalizzazione e talvolta concedendo spazi in difesa. Ha commesso inoltre dei singoli errori che sono pesati molto, come i due rigori sbagliati da Jorginho nelle due partite contro la Svizzera, che se realizzati — per quello che conta dirlo ora — avrebbero messo al sicuro la qualificazione.

Il calo è sembrato soprattutto mentale e ha influenzato l’approccio alle partite, che fino a pochi mesi fa l’Italia di Roberto Mancini raramente sbagliava. Ci sono state però anche assenze piuttosto pesanti, in modo alternato: quelle dei centrali di difesa Chiellini e Bonucci, di Verratti a centrocampo, quella più recente di Chiesa e infine quella di Immobile in attacco. L’importanza di quest’ultimo nel gioco di Mancini si era notata agli Europei, nonostante non avesse segnato molto, per la sua utilità nell’allungare la squadra e far funzionare meglio gli esterni e favorire gli inserimenti dei centrocampisti. Nessuno è riuscito a rimpiazzare adeguatamente Immobile, né la sua riserva naturale Andrea Belotti, né gli esterni adattati come “falsi nove”, come Insigne contro l’Irlanda del Nord.

A Palermo, contro la Macedonia, questa situazione si è ripresentata. Nonostante la presenza di Immobile, la lunga pressione esercitata sugli avversari e il controllo del possesso palla, su oltre trenta tiri fatti soltanto cinque sono finiti nello specchio della porta, sempre al termine di azioni caotiche concluse frettolosamente e in modo poco lucido, come nel caso dell’occasione sbagliata nel primo tempo da Berardi a porta sguarnita.

Al netto dei demeriti dell’Italia e dell’efficienza dimostrata dalla Macedonia, il modo in cui è finita la partita resta difficile da interpretare. Le conseguenze però sono enormi.

Passeremo almeno 12 anni senza giocare un Mondiale, l’evento che scandisce le epoche del calcio, che ispira intere generazioni e che muove interessi, tendenze sportive e investimenti economici. Se ci aggiungiamo il fatto che le ultime due partecipazioni furono disastrose e terminarono entrambe ai gironi, l’ultima partita dell’Italia in un turno a eliminazione diretta di un Mondiale rimane la finale vinta a Berlino contro la Francia nel 2006. Sedici anni fa, e venti prima di quella che, auspicabilmente, potrebbe essere la prossima in Nord America nel 2026.

A rendere ancora più complicato e assurdo l’andamento negli ultimi sedici anni, c’è da considerare che in questo arco di tempo, negli Europei disputati — tutti — l’Italia ha raggiunto due volte i quarti di finale e due volte la finale, perdendola nel 2012 e vincendo l’ultima, come non ci riusciva dal 1968. In compenso, nel 2026 sarà veramente difficile non qualificarsi: il Mondiale ospitato da Canada, Stati Uniti e Messico sarà infatti allargato a 48 squadre dalle attuali 32.