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  • Lunedì 21 marzo 2022

Cosa significa una vittoria al Sei Nazioni

L’Italia del rugby è tornata a vincere prima del previsto, dove non lo aveva mai fatto prima: il nuovo e atteso ciclo sembra iniziato

Ange Capuozzo tra i tifosi italiani al Millennium Stadium di Cardiff (Mike Hewitt/Getty Images)
Ange Capuozzo tra i tifosi italiani al Millennium Stadium di Cardiff (Mike Hewitt/Getty Images)

Dopo 36 partite consecutive e 7 anni segnati soltanto da sconfitte, sabato l’Italia maschile del rugby è tornata a vincere nel torneo Sei Nazioni. Lo ha fatto in Galles contro l’ottava nazionale al mondo, all’ultimo minuto di gioco dell’ultima giornata, a pochi secondi da quella che sarebbe stata la settima edizione conclusa senza vittorie, in un paese in cui non aveva mai vinto prima.

La vittoria allo scadere di Cardiff non è servita a togliere l’ultimo posto in classifica e quindi il tradizionale “cucchiaio di legno”, il premio simbolico che spetta all’ultima classificata del Sei Nazioni. Ha però evitato il “cappotto” — cioè non le ha perse tutte, come succedeva ininterrottamente dal 2016 — e soprattutto ha ridato entusiasmo ai giocatori e a tutto l’ambiente.

Una vittoria non era attesa in questa edizione e un altro anno senza vittorie era stato messo ampiamente in conto. L’Italia, infatti, si era presentata a questo Sei Nazioni per dare inizio a un nuovo ciclo dopo tanti e importanti cambiamenti fatti per tornare a ottenere risultati sul medio termine. Ora però si può dire che abbia concluso il torneo meglio del previsto, con tante buone prospettive date anche dagli ottimi risultati ottenuti nel Sei Nazioni giovanile, che l’Italia ha concluso al quarto posto con tre vittorie, tra cui la prima di sempre contro l’Inghilterra.

Dalla precedente edizione l’Italia era cambiata profondamente, a partire dal nuovo presidente federale, Marzio Innocenti, scelto per dare un’altra direzione a un movimento che negli anni si era arenato tra scelte poco lungimiranti e progetti non riusciti. Per far ripartire la Nazionale il prima possibile con i mezzi a disposizione, la Federazione si è affidata alla Benetton Treviso, da anni la miglior squadra d’Italia, da tempo competitiva anche a livello internazionale.

Lo scorso giugno l’allenatore di Treviso, il neozelandese Kieran Crowley, era stato fatto passare in Nazionale, e con lui il blocco di giocatori titolari della squadra veneta, compreso il nuovo capitano, Michele Lamaro. Dei 33 convocati inizialmente per il Sei Nazioni, ben 23 provenivano da Treviso, mentre nella formazione titolare che sabato ha battuto il Galles erano 10 su 15.

Il resto dei giocatori era stato recuperato dalle Zebre di Parma, la seconda squadra italiana, nel mezzo di una complicata rifondazione affidata all’editore Michele Dalai, e da squadre straniere. Per allargare la cosiddetta base dei giocatori, necessaria a tenere un livello uniforme di competitività, la Federazione aveva continuato inoltre a cercare i migliori giocatori all’estero con origine italiane: tra questi, a Grenoble aveva trovato Ange Capuozzo, francese di origini italiane, già inserito nel giro delle nazionali giovanili.

L’esordio di Capuozzo nella prima squadra ha avuto un impatto che raramente si era visto nel Sei Nazioni. A 22 anni ha esordito nella penultima giornata contro la Scozia, segnando subito due mete. Una settimana dopo, in Galles, ha fatto partire l’azione decisiva trovando un buco nella difesa gallese e mettendo Edoardo Padovani nella condizione di fare meta sotto i pali per favorire la successiva trasformazione di Paolo Garbisi.

La vittoria di Cardiff è stata inaspettata ma è arrivata nel momento giusto, ovvero al termine di un’edizione del Sei Nazioni durante la quale si era parlato a lungo della possibilità che il Sudafrica, la nazionale campione del mondo in carica, potesse prendere il posto dell’Italia, nell’ambito di una riorganizzazione del torneo sulla spinta del fondo d’investimento britannico CVC, che l’anno scorso aveva investito tra i 350 e i 425 milioni di euro.

L’indiscrezione era stata pubblicata inizialmente dai giornali inglesi e poi ripresa in tutti i paesi partecipanti. Dopo pochi giorni, però, il consiglio del Sei Nazioni aveva smentito, confermando definitivamente il posto dell’Italia. Dopo la vittoria di Cardiff, Crowley ha commentato queste voci dicendo: «Ci concentriamo su noi stessi. Probabilmente molte critiche sono anche giustificate, dopo 36 sconfitte consecutive, ma ora è un’altra storia e questa è la cosa più piacevole per noi, che non ci siamo mai preoccupati di nient’altro».

Per come si sono messe le cose, ora si spera che il movimento possa prendere una giusta direzione e ricominciare a crescere, perché il tempo passa. L’ultimo posto di questa edizione è il settimo consecutivo e il diciassettesimo in ventitré anni (in cui sono state oltrepassate le cento sconfitte). La Francia, che si aggiunse al torneo nel 1910, in 92 partite giocate nei suoi primi ventitré anni di partecipazione ne vinse il 25 per cento, contro il 9,5 per cento dell’Italia in 115 incontri. È passato un secolo, i periodi non si possono davvero paragonare e i movimenti hanno le loro differenze, ma l’Italia ha perso un decennio e ha ancora molto da recuperare. La Francia, intanto, sabato ha vinto il torneo per la ventiseiesima volta, da imbattuta.