Il Parlamento ha dato un primo parere favorevole allo “ius scholae”

Il testo base sulla riforma della cittadinanza è stato approvato in commissione Affari costituzionali con i voti di Forza Italia

(ANSA / CARMELA GIUDICE)
(ANSA / CARMELA GIUDICE)

Mercoledì la commissione Affari costituzionali della Camera ha adottato come testo base sulla riforma della cittadinanza quello presentato da Giuseppe Brescia del Movimento 5 Stelle, che prevede il cosiddetto ius scholae, ovvero la cittadinanza per chi ha fatto un percorso scolastico in Italia. Se approvata, estenderebbe la possibilità di ottenerla ai bambini e alle bambine nati in Italia o arrivati prima di avere compiuto 12 anni, dopo aver frequentato le scuole per 5 anni.

L’adozione di un testo base da parte della commissione Affari costituzionali è solo un passaggio preliminare verso l’eventuale approvazione di una riforma della cittadinanza, visto che prima che si arrivi a un voto da parte di Camera e Senato il testo potrà subire modifiche attraverso gli emendamenti. Negli ultimi anni le leggi sui diritti civili, da quella sullo ius soli – che invece attribuisce la cittadinanza a chi è nato in Italia – a quella sull’omotransfobia, si sono spesso arenate nei passaggi tra una camera e l’altra. Ma il voto in commissione sembra aver suggerito che, nonostante il tema della cittadinanza sia stato spesso in passato divisivo, lo ius scholae possa raccogliere consensi trasversali in Parlamento, mettendo d’accordo sia il centrosinistra sia un pezzo di centrodestra.

Il testo di Brescia è stato infatti approvato in commissione sia con i voti favorevoli di centrosinistra e Movimento 5 Stelle, che con quelli di Forza Italia. Hanno votato invece contro Lega e Fratelli d’Italia, e Coraggio Italia si è astenuta. Il fatto che Forza Italia abbia votato diversamente rispetto agli altri partiti di centrodestra fa pensare che ci possano essere le basi per la costruzione di una maggioranza più ampia del solo centrosinistra quando il testo verrà sottoposto al voto di Camera e Senato. Ma le cose potrebbero sempre cambiare, se il centrodestra dovesse ricompattarsi.

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«Si tratta solo di un primo passo di un percorso che vogliamo concludere entro questa legislatura. Il voto favorevole di Forza Italia dimostra che questa questione non è ideologica, ma di libertà e civiltà. Nella prossima settimana in ufficio di presidenza definiremo il termine per la presentazione degli emendamenti» ha commentato il relatore del testo, Giuseppe Brescia.

La legislazione vigente sulla cittadinanza è considerata da molti carente rispetto a quelle di molti altri paesi europei. Attualmente in Italia è infatti in vigore lo ius sanguinis (dal latino, “diritto di sangue”), principio introdotto con una legge del 1992: prevede che un bambino è italiano solo se lo è almeno uno dei genitori. Un bambino nato da genitori stranieri, anche se partorito sul territorio italiano, può invece chiedere la cittadinanza solo dopo aver compiuto 18 anni e se fino a quel momento abbia risieduto in Italia “legalmente e ininterrottamente”.

Il problema principale dello ius sanguinis è che esclude per diversi anni dalla cittadinanza e dai suoi benefici decine di migliaia di bambini e ragazzi nati e cresciuti in Italia e lega la loro condizione a quella dei genitori, il cui permesso di soggiorno nel frattempo può scadere, costringendo tutta la famiglia a lasciare il paese e compromettendo perciò la continuità di residenza richiesta dalla legge.

Nel 2015 fu presentata una proposta di legge per introdurre una forma di ius soli, il diritto di cittadinanza che si acquisisce quando si nasce su un territorio e indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori. La proposta venne però bocciata perché al Senato era mancato il numero legale per la votazione (il M5S si astenne alla Camera e non si presentò in blocco al Senato). Nel testo proposto da Brescia non è stato fatto nessun riferimento allo ius soli, proprio per trovare un consenso più largo in Parlamento.