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  • Venerdì 25 febbraio 2022

A Ravanusa alla gente sembra di sentire ancora odore di gas

Nel comune dell'esplosione che uccise 9 persone due falsi allarmi hanno fatto scendere molte persone per strada

Le operazioni dei vigili del fuoco attorno a una delle palazzine crollate a Ravanusa (Ansa/Ufficio stampa vigili del fuoco)
Le operazioni dei vigili del fuoco attorno a una delle palazzine crollate a Ravanusa (Ansa/Ufficio stampa vigili del fuoco)

A Ravanusa, il comune in provincia di Agrigento dove l’11 dicembre scorso un’esplosione dovuta a una fuga di gas fece crollare quattro palazzine e uccise nove persone, ci sono stati recentemente nuovi allarmi. In due occasioni diverse famiglie hanno avvertito un forte odore di gas provenire dalla strada e hanno lasciato frettolosamente le proprie abitazioni. È successo in due zone diverse della città: sia i vigili del fuoco sia gli operatori di Italgas hanno fatto le verifiche ma non è stata accertata nessuna effettiva perdita. Le persone poi sono rientrate in casa.

«La gente ha paura perché ancora non sappiamo che cosa esattamente sia accaduto l’11 dicembre», spiega Luisa Pennica, capo di gabinetto del sindaco Carmelo D’Angelo. «Le indagini continuano, i tecnici e i periti proseguono i sopralluoghi nella zona ma non viene comunicato nulla. La tensione è costante e basta poco perché tra i cittadini ci sia un allarme, anche se fortunatamente sono stati ingiustificati. Le verifiche comunque sono state immediate».

L’esplosione avvenne tra via Trilussa e via Galilei, poco dopo le 20.30 di sabato 11 dicembre. Vennero coinvolte quattro palazzine di cui due, dissero i vigili del fuoco, furono «polverizzate». Morirono nove persone, molte famiglie vennero sfollate.

Dopo l’esplosione alcuni residenti dissero che nei giorni precedenti avevano avvertito forte odore di gas. In realtà, dopo i primi giorni di indagine i carabinieri non trovarono nessuna conferma a quelle testimonianze. Né c’era stata alcuna segnalazione ai vigili del fuoco, all’amministrazione comunale o a Italgas. Alcuni giorni prima, come accertarono i carabinieri, c’era stato un intervento di manutenzione sull’impianto della rete di metano che però non aveva evidenziato nessuna criticità. Italgas, nei giorni seguenti all’esplosione, emise una nota per comunicare di che tipo di intervento si fosse trattato: «Unicamente interventi routinari su contatori domestici e su alcune valvole stradali. Detti interventi, si sono svolti nell’abitato di Ravanusa in vie distanti dal luogo dell’evento. Gli interventi effettuati rientrano tra quelli ciclici di manutenzione programmata».

Italgas specificò anche che le tubature di via Trilussa erano state posate nel 1988, e che non avevano bisogno di sostituzione. Il periodo di vita utile delle tubature, cioè il periodo in cui l’utilizzo è accettabile prima che ne cominci il deterioramento, è secondo Italgas di 60 anni, e quelle di via Trilussa erano quindi in regola con i tempi prescritti dall’Arera (Autorità di regolazione per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico).

A indagare è la procura di Agrigento, coordinata dal procuratore capo Luigi Patronaggio. Secondo le prime ricostruzioni, l’esplosione fu prodotta da una «bolla» o «camera» di metano, secondo i termini utilizzati dai periti, innescata da una scintilla casuale. Quello che è ancora però da chiarire è perché si sia creata la bolla e il punto esatto dove si era formata. Dieci persone, tra dirigenti nazionali e regionali di Italgas reti, furono indagate alla fine di dicembre. Disse Patronaggio:

«Gli avvisi sono stati notificati unicamente a garanzia dei possibili indagati dovendosi svolgere accertamenti tecnici irripetibili sui luoghi, sulle reti e sui materiali degli impianti di distribuzione del metano. Il collegio peritale, in particolare, coordinato dal procuratore aggiunto Salvatore Vella effettuerà operazioni di scavo, di campionamento di terre di scavo, analisi visive e strumentali».

L’inchiesta è aperta per disastro e omicidio colposo. Il colonnello dei Carabinieri di Agrigento, Vittorio Stingo, aveva spiegato nei giorni seguenti all’esplosione che l’accumulo di gas risaliva a diversi giorni prima. L’ipotesi è che si fosse creato per il cedimento di un alveo, una caverna nel sottosuolo. Le indagini dovranno accertare come mai il gas accumulato nel sottosuolo non sia salito verso l’alto come avrebbe dovuto fare normalmente in caso di fuoriuscita dalle tubature.

Molte delle persone rimaste senza casa sono per ora ospitate in alberghi o abitazioni della zona a carico del comune che pagherà le spese per tutto il 2022, per poi rinnovare probabilmente l’impegno. Altri hanno preferito rivolgersi ai parenti. L’assessore regionale Marco Falcone si è impegnato a chiedere un anticipo di 200mila euro al Fondo nazionale per sostenere gli sfollati.

Numerose case nella zona in cui è avvenuta l’esplosione hanno subito danni. Continuano a essere abitate ma servono interventi di riparazione. «I tecnici stanno facendo le perizie casa per casa per valutare i danni. Certo, quella zona ora è spettrale, con un silenzio innaturale», dice Pennica.

Ci sono state anche polemiche perché alle famiglie di alcune delle vittime è stato chiesto di pagare le spese del funerale. Il Comune ha spiegato che si era offerto di occuparsi delle spese ma le agenzie funebri avevano garantito che avevano già contattato le assicurazioni e che tutte le spese sarebbero state coperte. In realtà non è stato così. «Il comune è intervenuto subito» dice Luisa Pennica, «impegnando un fondo di 45mila euro sul bilancio comunale come contributo alle famiglie per le spese dei funerali».