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  • Martedì 22 febbraio 2022

Quella della Russia è un’invasione?

L'esercito è entrato in un territorio ucraino controllato da anni dai separatisti: definire cosa sia successo è più importante di quanto sembra

(AP Photo/Sergei Ilnitsky, Pool)
(AP Photo/Sergei Ilnitsky, Pool)

Nelle ore successive all’ingresso di truppe russe nei territori dell’Ucraina orientale occupati dai ribelli separatisti, gli Stati Uniti e l’Europa si stanno mostrando esitanti e incerti su come rispondere. Gran parte dell’incertezza dipende da come l’Occidente deciderà di qualificare la mossa del presidente russo Vladimir Putin: se considerarla cioè un’invasione dell’Ucraina e applicare le durissime contromisure promesse da settimane, oppure se valutare che un’occupazione militare limitata ai soli territori separatisti non può essere definita, almeno per ora, un’invasione vera e propria.

Soltanto pochi giorni fa, il presidente americano Joe Biden era stato piuttosto chiaro su cosa rappresentasse un’invasione: «Se unità russe attraversano il confine dell’Ucraina, allora è un’invasione». Nei fatti, lunedì notte è successo esattamente questo: Putin ha ordinato l’ingresso dell’esercito russo in quello che è riconosciuto a livello internazionale come territorio appartenente all’Ucraina, cioè le repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk, che occupano circa un terzo della regione del Donbass. Ma dopo questa mossa, i governi occidentali sembrano molto meno sicuri di come interpretare i movimenti militari russi.

Sia l’amministrazione americana sia la maggior parte dei governi europei, infatti, sembrano intenzionati a minimizzare la questione, perché almeno per il momento l’occupazione si sarebbe limitata a territori che già erano controllati di fatto dalla Russia. Il fronte è lungo circa 400 chilometri e il governo ucraino lo definisce «linea amministrativa»: sono i territori che nella cartina qui sotto sono compresi nella linea rossa.

Rimane comunque una contraddizione piuttosto palese, perché le truppe russe sono effettivamente entrate in territorio ucraino. Ma come era già successo con l’invasione della Crimea nel 2014, i governi occidentali potrebbero essere spinti a riconoscere la situazione sul campo, e quindi accettare il controllo russo sulle repubbliche autoproclamate, nella speranza che Putin si accontenti di questo risultato.

La definizione di invasione in questo contesto è estremamente importante, perché da qui dipende la risposta che l’Occidente darà alla Russia.

Da tempo Stati Uniti ed Europa promettono infatti sanzioni devastanti contro la Russia in caso di invasione dell’Ucraina. Il presidente americano Joe Biden aveva assicurato che le sanzioni sarebbero scattate «un’ora dopo» che la Russia avesse invaso l’Ucraina e che sarebbero state durissime: anche se non ci sono conferme ufficiali, per settimane si è parlato di sanzioni molto estese, che avrebbero colpito l’economia russa nel suo complesso, creando enormi problemi per il regime di Putin.

Queste sanzioni possono essere un’arma formidabile, ma colpirebbero anche chi dovesse emetterle: la Russia è un paese piuttosto integrato nel sistema mondiale, e danneggiare la sua economia, i suoi commerci e le sue esportazioni significherebbe colpire i paesi con cui intrattiene rapporti economici, compresa la gran parte dei paesi europei. Questo senza contare il rischio di una controrisposta russa, che potrebbe comportare un’interruzione delle esportazioni di gas verso l’Europa in un periodo di costi altissimi per reperire l’energia.

– Leggi anche: Quanto siamo dipendenti dal gas russo

Per questo, davanti a un’invasione incerta e tutto sommato ibrida, è plausibile che i governi occidentali decideranno di non considerare quella di lunedì come una vera invasione, e si limiteranno a imporre sanzioni limitate e poco gravose sulla Russia e sulle repubbliche autoproclamate dell’oriente ucraino. I governi occidentali dovrebbero prendere una decisione su come sanzionare la Russia già martedì pomeriggio.

La decisione di considerare l’invasione dell’oriente ucraino come una “non invasione” avrebbe il vantaggio di evitare grosse spaccature soprattutto all’interno dell’Unione Europea, dove è già in corso una discussione tra i paesi più dipendenti dal gas russo, come l’Italia e la Germania, e quelli più esposti all’espansionismo militare russo, come i paesi baltici, sulla durezza delle misure da adottare. Significherebbe però mandare a Putin un segnale di debolezza in un momento in cui, di fatto, il presidente russo sta occupando con la forza un paese sovrano di cui peraltro ha sostanzialmente negato il diritto di esistere.