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  • Giovedì 27 gennaio 2022

Quanto siamo dipendenti dal gas russo

L'Italia lo è parecchio, così come altri paesi europei: ma l'ipotesi di un'interruzione delle forniture in risposta alla crisi ucraina non sembra probabile, per diverse ragioni

Un operaio in una centrale a gas in Ucraina (AP Photo/Pavlo Palamarchuk, File)
Un operaio in una centrale a gas in Ucraina (AP Photo/Pavlo Palamarchuk, File)

In queste settimane di crisi diplomatica provocata dalla possibilità di un’invasione russa dell’Ucraina, una delle questioni più dibattute è la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di gas naturale russo. Il gas naturale, che è una parte fondamentale dell’approvvigionamento energetico e viene usato tra le altre cose in cucina e nel riscaldamento degli edifici, è citato quasi sempre come la ragione principale per cui, mentre gli Stati Uniti hanno un atteggiamento aggressivo nei confronti del governo di Vladimir Putin, vari paesi europei, tra cui l’Italia, sono più cauti e accomodanti.

Secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili, nel 2019 l’Unione Europea importava il 41,1 per cento del suo gas naturale dalla Russia.

Se il governo russo decidesse come rappresaglia di interrompere le forniture di gas, in risposta a un duro scontro politico o addirittura militare con l’Europa, le conseguenze sarebbero quindi estremamente serie. Questo è un argomento spesso usato dai più scettici in Europa nei confronti di uno scontro con la Russia, che ha delle ragioni ma fino a un certo punto. Il sistema di scorte europeo è infatti piuttosto resiliente e, come ha scritto l’Economist, sarebbe in grado di sostenere un taglio alle forniture anche abbastanza prolungato. Ma la dipendenza dell’Europa dal gas russo è innegabile, e senza dubbio uno scontro sulle forniture energetiche causerebbe seri problemi.

L’Italia, poi, è particolarmente dipendente dal gas russo.

Secondo i dati del ministero della Transizione ecologica, nel 2020 il 43,3 per cento del gas naturale importato dall’Italia proveniva dalla Russia, che è di gran lunga il primo fornitore di gas nel paese. Nelle forniture italiane hanno anche un grosso peso l’Algeria (22,8 per cento), la Norvegia e il Qatar (entrambi attorno al 10 per cento). Se la Russia decidesse di interrompere del tutto le forniture di gas, l’Italia perderebbe quasi la metà delle sue importazioni.

Nel 2020, in Italia, il gas naturale corrispondeva al 31 per cento del totale dell’energia consumata nel paese. È quasi tutto gas importato: la produzione interna corrisponde a meno del 10 per cento del totale.

In Europa la situazione è più varia, ma la dipendenza dal gas russo è comunque notevole. Il grande paese più esposto è certamente la Germania, che importa dalla Russia circa la metà del suo gas, mentre in altri stati più piccoli, come l’Austria e la Slovacchia, la dipendenza è ancora maggiore.

La Francia è invece relativamente meno esposta, soprattutto grazie al suo ampio uso dell’energia nucleare.

Questo non significa, tuttavia, che l’Europa sia irrimediabilmente sotto il ricatto energetico della Russia.

Anzitutto perché il ricatto funziona da entrambe le parti: come l’Europa ha bisogno del gas russo, la Russia ha bisogno delle enormi entrate che ottiene dalla sua vendita. Secondo l’OCSE, circa il 40 per cento del budget dello stato russo dipende dai ricavi delle esportazioni di gas e petrolio. È per questo che, benché l’Europa dipenda dal gas russo ormai da decenni, il paese non ha mai interrotto le sue forniture, nemmeno nei periodi più conflittuali della Guerra fredda.

In ogni caso, negli ultimi anni sia la Russia sia l’Europa si sono mosse per ridurre quanto possibile la loro duplice dipendenza.

L’Economist qualche giorno fa ha provato a raccogliere dati e analisi per cercare di capire cosa succederebbe se la Russia decidesse davvero di interrompere le sue forniture di gas per i prossimi tre mesi (con l’arrivo della primavera, la necessità di gas per scaldare gli edifici si riduce, e il suo valore come arma di ricatto si annulla). Il risultato è che, benché l’interruzione sarebbe un colpo duro sia per l’economia russa sia per quella europea, non sarebbe catastrofico per nessuna delle due.

Per Gazprom, la società di stato russa che gestisce l’estrazione e l’esportazione del gas naturale, interrompere le vendite di gas all’Europa significherebbe perdere tra i 203 e i 228 milioni di dollari al giorno: in tre mesi, le perdite ammonterebbero a 20 miliardi. È una somma enorme, che però sarebbe abbastanza facile da ripianare per la Russia, la cui banca centrale ha riserve per 600 miliardi di dollari.

Per Gazprom, tuttavia, interrompere le forniture costituirebbe anche un gravissimo problema di reputazione: anche a crisi terminata, diventerebbe molto più difficile stipulare nuovi contratti non soltanto con i paesi europei, ma anche con altri grossi paesi come la Cina, che potrebbero voler evitare di fare affari con un partner inaffidabile. Inoltre grandi e importanti progetti infrastrutturali, come il gasdotto Nord Stream 2, potrebbero considerarsi cancellati se davvero la Russia decidesse di colpire l’Europa tagliando il gas: il business di Gazprom in Europa e non solo sarebbe compromesso, forse definitivamente.

Per l’Europa, invece, l’interruzione delle forniture di gas russo non significherebbe trovarsi senza elettricità e riscaldamento da domani. Tutti i paesi, anche l’Italia, hanno significative scorte di gas, che si sono ridotte negli ultimi tempi ma che potrebbero comunque consentire di sopperire alle mancate importazioni russe per qualche mese (tra i due e i quattro, a seconda delle stime e a seconda della rigidità dell’inverno).

Inoltre, l’Europa potrebbe attivarsi piuttosto rapidamente per cercare forniture alternative. Una delle più probabili è il cosiddetto GNL, cioè lo stesso prodotto compresso, raffreddato e reso liquido, che può essere trasportato via nave e non ha bisogno dei gasdotti. L’Europa ha un’ampia capacità largamente inutilizzata di rigassificatori (gli impianti che servono a riportare il GNL allo stato gassoso per essere utilizzato come fonte energetica) che consentirebbero di ridurre in parte gli effetti del taglio delle forniture russe.

Negli ultimi giorni il governo americano, consapevole della debolezza europea sul piano energetico, ha avviato un piano d’emergenza per sostituire le importazioni di gas dalla Russia con GNL proveniente dagli stessi Stati Uniti o da altri paesi come il Qatar e trasportato via nave, se ce ne fosse bisogno. Per ora tuttavia questo piano è piuttosto vago, e serve soprattutto a rassicurare i leader europei sul fatto che non saranno lasciati soli a sostenere le conseguenze di un’eventuale rappresaglia energetica della Russia.

Per l’Europa, dunque, il problema non sarebbe tanto di forniture quanto di prezzi: sostituire parte delle importazioni di gas russo è fattibile, con molti sforzi, ma l’aumento dei costi sarebbe significativo – e questo avverrebbe in un momento in cui il mercato è già in crisi, e i prezzi dell’energia sono ai massimi da anni. Ciò comporterebbe, probabilmente, la necessità di sostegni pubblici molto più ingenti di quelli già messi in atto dai governi.