Sull’Ucraina l’Italia ci va piano

Il governo è il più prudente in Europa insieme alla Germania: perché impegnato nell'elezione del presidente della Repubblica, e perché da sempre cauto quando si parla di Russia

Mario Draghi al summit NATO di Bruxelles dello scorso giugno (AP Photo/Patrick Semansky, Pool)
Mario Draghi al summit NATO di Bruxelles dello scorso giugno (AP Photo/Patrick Semansky, Pool)

Mentre le forze della NATO accelerano i preparativi per fronteggiare una eventuale invasione dell’Ucraina da parte della Russia, minacciando soprattutto gravissime sanzioni economiche, mercoledì mattina in Italia i dirigenti delle principali aziende del paese terranno un incontro in videoconferenza con il presidente russo Vladimir Putin, con l’obiettivo di approfondire e se possibile espandere le relazioni economiche tra Italia e Russia.

L’incontro tra Putin e gli imprenditori, organizzato dalla Camera di commercio italo-russa, era stato annunciato lo scorso novembre, dunque prima della grave crisi delle ultime settimane. Ma il fatto che sia stato deciso di non rinviarlo, e che vi partecipino alcuni degli imprenditori e manager più importanti e noti d’Italia (tra gli altri: Marco Tronchetti Provera di Pirelli, che è anche co-presidente della Camera di commercio, Gabriele Galateri di Genola di Generali, Andrea Orcel di Unicredit, l’ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia) è stato indicato come un esempio della cautela e della riluttanza con cui l’Italia sta affrontando la crisi ucraina: mantenendosi fedele agli alleati della NATO, ma senza prendere particolari iniziative e anzi con grossi timori per le possibili conseguenze economiche di un confronto con la Russia.

Repubblica, citando fonti di Palazzo Chigi, ha scritto che negli ultimi giorni il governo aveva chiesto che l’incontro tra Putin e gli imprenditori fosse annullato. Non ottenendo la cancellazione, ha fatto in modo quanto meno che i manager delle imprese partecipate dallo stato come ENI e SNAM, che avrebbero dovuto essere presenti all’incontro, annullassero la loro partecipazione.

Martedì, inoltre, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha partecipato a una riunione in videoconferenza con il presidente americano Joe Biden e vari altri alleati della NATO, al termine della quale il governo ha diffuso un comunicato piuttosto scarno in cui avverte che in caso di «un ulteriore deterioramento della situazione» al confine ucraino ci saranno «gravi conseguenze».

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L’Italia continua comunque a essere considerata, assieme alla Germania, il più cauto tra i grandi paesi della NATO sulla crisi ucraina. Mentre l’amministrazione americana ha messo in “stato di allerta” 8.500 soldati, dichiarandoli pronti a essere spostati in Europa orientale con poco preavviso, e mentre vari altri paesi, come Francia, Regno Unito e Spagna, hanno annunciato o stanno preparando l’invio di armi e mezzi nell’Europa dell’est, l’Italia ha evitato di prendere alcun tipo di iniziativa.

Il governo si è limitato ad annunci convenzionali di fedeltà alla NATO: ancora mercoledì il ministro della Difesa Lorenzo Guerini su Repubblica dice che «l’Italia partecipa [alle manovre della NATO] nell’ambito di dispositivi di operazioni e missioni già autorizzate dal Parlamento», aggiungendo il consueto «l’Italia farà la propria parte».

Oltre a non aver preso misure particolari se non quelle già dettate dai suoi impegni con la NATO, l’Italia si è tenuta estremamente vaga sulle possibili ritorsioni economiche che potrebbe adottare contro la Russia nel caso di un’invasione dell’Ucraina. Questo mentre altre amministrazioni, in particolare quelle di Biden e del presidente francese Emmanuel Macron, hanno assunto toni molto più decisi e aggressivi.

La cautela dell’Italia è in parte dovuta a ragioni congiunturali. Tutto il mondo politico è concentrato sull’elezione del presidente della Repubblica, che potrebbe avere anche grossi effetti sulle altre istituzioni, ed è comprensibile che il governo non prenda grossi impegni sulla questione ucraina oltre a quelli dovuti se c’è la concreta possibilità che nel giro di qualche giorno la sua composizione cambi radicalmente. A questo si aggiunge un tradizionale disinteresse per le questioni estere, accentuato nel governo Draghi, che si è dato obiettivi soprattutto di risanamento economico.

Da anni il governo italiano ha inoltre buoni rapporti con la Russia di Putin, e anche nelle crisi precedenti si era distinto per essere uno dei più prudenti e restii nell’applicazione di sanzioni. Come ricorda per esempio Politico, durante la crisi in Crimea del 2014–2015 l’Italia «fu in prima fila nello sforzo diplomatico per evitare dure sanzioni alla Russia».

L’economia italiana è piuttosto esposta in Russia, e non soltanto perché, come il resto dell’Europa, l’Italia dipende dal gas russo per i suoi approvvigionamenti energetici, ma anche perché molte grandi aziende hanno stabilimenti e significativi interessi nel paese. Per il settore imprenditoriale italiano, dunque, evitare scontri con la Russia è una importante priorità, e l’incontro di mercoledì sembra confermarlo.

Inoltre una parte consistente delle forze politiche italiane, come la Lega di Matteo Salvini e Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, ha forti legami ideologici e politici con Putin. Questo fa sì che, per esempio, ancora martedì Salvini si dichiarasse molto scettico sulle mosse della NATO, dicendo che se l’Italia dovesse prendere iniziative contro la Russia Putin potrebbe chiudere «i rubinetti del gas» e lasciare il paese «al buio e al freddo da domani».

Questo non significa, scrive Politico, che il governo italiano si opporrà a nuove sanzioni o che cercherà, come in passato, di renderle il più leggere possibili. Il governo di Mario Draghi è decisamente più “atlantista” e vicino agli Stati Uniti di quelli che l’hanno preceduto. Ma l’Italia rimarrà comunque tra i paesi più moderati e pronti al dialogo.

Inoltre, l’influenza dell’Italia nel decidere la direzione delle politiche europee è tutto sommato limitata. Come nota il New York Times, l’amministrazione americana è preoccupata soprattutto per la riluttanza nell’impegnarsi contro la Russia della Germania, che con la sua forza economica e il suo peso in Europa potrebbe rendere eccezionalmente più evidenti le divisioni all’interno della NATO su cosa fare in Ucraina.