Wordle sta cambiando, e qualcuno si irrita

Secondo molti da quando il popolarissimo gioco di parole online è stato comprato dal New York Times è diventato più difficile, e non è l'unico problema

Da quando il New York Times ha comprato il gioco di parole online Wordle, popolarissimo nelle ultime settimane nei paesi anglosassoni e in alcune piccole nicchie anche in Italia, molte delle persone che ci giocano quotidianamente hanno cominciato a notare che alcune cose sembrano essere leggermente cambiate, e in peggio. Nel gioco bisogna indovinare una parola inglese di cinque lettere in un massimo di sei tentativi, a partire da una parola esistente che si sceglie casualmente e si digita sulla propria tastiera: a detta di molti utenti però le parole da indovinare sono diventate più difficili e giocarci non dà più lo stesso senso di soddisfazione. Questo però non è l’unico problema.

Wordle era stato ideato dal programmatore gallese Josh Wardle, che vive a New York e lo scorso ottobre si era convinto a condividerlo online gratuitamente; specialmente da inizio anno è entrato a far parte della vita quotidiana di milioni di persone, è diventato virale sui social network grazie al passaparola e ha anche fatto nascere decine di versioni in varie lingue (qui per esempio c’è quella in italiano, e poi c’è Quordle, una versione sempre in inglese in cui bisogna indovinare simultaneamente quattro parole diverse in nove tentativi). Le cose hanno cominciato a cambiare quando, a fine gennaio, la società che possiede il New York Times aveva annunciato di aver comprato il gioco per una somma non resa nota ma descritta dai giornali come «a sette cifre» (sopra il milione di dollari).

Wordle era stato subito apprezzato per la sua immediatezza ma anche per il fatto che ci potessero giocare persone non madrelingua, a patto di avere una buona conoscenza dell’inglese. Richiede un po’ di fortuna e un po’ di logica e l’obiettivo è indovinare tentativo dopo tentativo la parola del giorno, che è scelta a caso tra 2.500 parole inglesi comuni di cinque lettere (su circa 12mila in totale). Come ha sintetizzato efficacemente il Guardian, indovinarla in tre tentativi dà un sussulto di soddisfazione, in due un certo senso di autocompiacimento e farlo in uno solo è pura fortuna. Non indovinarla entro i sei tentativi possibili o indovinarla con una certa difficoltà però è decisamente frustrante, ed è un’esperienza che nelle ultime settimane sembra stia capitando con frequenza sempre maggiore.

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La psicologa clinica Patapia Tzotzoli ha detto al Guardian che Wordle stimola l’iniziativa e la motivazione perché richiede ogni giorno pochi minuti per giocarci e appaga chi ci gioca perché è un po’ come risolvere un puzzle. Secondo Tzotzoli è anche un’occasione per confrontarsi e creare una relazione con una comunità di persone molto ampia attraverso il gioco.

Il problema è che se prima questa connessione si basava sull’entusiasmo per aver indovinato la parola in pochi tentativi, spesso ora ruota attorno alla comune frustrazione per essere arrivati con molta fatica a parole che non sono usate così di frequente e che prima sembravano comparire molto più di rado: esempi recenti sono “knoll” (poggio, collinetta) e “siege” (assedio), ma in generale ci sono state molte parole che difficilmente i non madrelingua conoscono e a cui pertanto possono arrivare solo per esclusione, sparando un po’ a caso.

Il New York Times, inoltre, ha deciso di eliminare dalla lista delle possibili parole del giorno termini piuttosto comuni che però sono ritenuti offensivi o problematici, come “slave” (schiavo) e “whore” (puttana); ha però anche incluso parole scritte con lo spelling che si usa negli Stati Uniti (American English), creando un po’ di smarrimento e fastidio tra gli utenti abituati a quello usato nel Regno Unito (British English), come quando la parola da indovinare era “humor” (umorismo), che nel British English si scrive “humour”, con la u. Altri utenti, dal canto loro, hanno apprezzato che da qualche tempo sembrano comparire parole più difficili da indovinare, per esempio quelle che contengono la stessa lettera in due posizioni diverse.

Un’altra questione che sta creando qualche perplessità ha a che fare con la natura stessa del gioco, che era stato pensato da Wardle come un modo per far passare il tempo durante la pandemia da coronavirus e pertanto non aveva pubblicità o secondi fini.

La società che possiede il New York Times, che riserva la maggior parte dei propri contenuti alle persone abbonate, aveva detto che «in principio» il gioco sarebbe rimasto gratis, cosa che però ha fatto ipotizzare a molti che prima o poi diventerà disponibile per i soli clienti paganti. Anche se per il momento non è cambiato nulla del modo in cui si gioca a Wordle e sul sito non ci sono ancora contenuti o banner pubblicitari, è stato osservato che anche sulla pagina web del New York Times dedicata al gioco sono comparsi dei tracker, ovvero sistemi di tracciamento che permettono di ottenere dati e informazioni sull’utilizzo e sul comportamento degli utenti che poi eventualmente possono essere ceduti a terze parti.

Il blog di tecnologia Gizmodo ha osservato che in alcuni casi i tracker provengono dal sito del New York Times, mentre in molti altri sono stati usati per inviare i dati raccolti a piattaforme come Google. L’azienda che controlla il giornale non ha risposto alle domande di Gizmodo sulle attività collegate ai tracker tramite la pagina web di Wordle: quello che teoricamente succede con sistemi di questo tipo è che le persone che usano regolarmente la pagina potrebbero visualizzare appositi annunci pubblicitari che rimandano al New York Times, per esempio per la sottoscrizione di abbonamenti o l’acquisto di merchandising.

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