• Mondo
  • Domenica 20 febbraio 2022

È stata inaugurata la grande diga dell’Etiopia che non piace all’Egitto

È stata costruita sul Nilo Azzurro, da cui arriva una buona parte dell'acqua che rende possibile la vita nel territorio egiziano

La Grand Ethiopian Renaissance Dam, una grande diga sul Nilo Azzurro in Etiopia, il 20 luglio 2020 (Yirga Mengistu/Adwa Pictures Plc/dpa, ANSA)
La Grand Ethiopian Renaissance Dam, una grande diga sul Nilo Azzurro in Etiopia, il 20 luglio 2020 (Yirga Mengistu/Adwa Pictures Plc/dpa, ANSA)

Domenica in Etiopia è stata avviata la produzione di energia elettrica della grande diga costruita negli ultimi anni sul Nilo Azzurro, un fiume che ha origine nelle montagne etiopi. La diga, chiamata Grand Ethiopian Renaissance Dam, o in sigla GERD, è il più grande impianto idroelettrico mai costruito in Africa e dal 2011, quando iniziò la sua costruzione, è al centro di una contesa tra l’Etiopia e l’Egitto.

Il Nilo Azzurro infatti è fondamentale per l’approvvigionamento d’acqua dell’Egitto: circa 15 chilometri a est della GERD entra nel territorio del Sudan, e in prossimità della capitale sudanese Khartum si unisce al Nilo Bianco, che arriva dall’Uganda. Insieme, i due fiumi formano il Nilo, che poi attraversa tutto l’Egitto, rendendo possibile le attività agricole e la vita in generale in un territorio perlopiù desertico, e infine sfocia nel mar Mediterraneo.

Fin dall’inizio della costruzione della diga, e sempre di più con l’avanzamento dei lavori, l’Egitto si è preoccupato dei piani etiopi per il riempimento, a partire dal 2020, del bacino creato dalla struttura. La preoccupazione dell’Egitto è che la raccolta d’acqua nel bacino possa compromettere le risorse idriche egiziane per qualche anno.

Negli ultimi anni i governi dei due paesi si sono accusati reciprocamente di non rispettare le norme internazionali sulla gestione e lo sfruttamento dell’acqua del Nilo. L’Egitto ha sostenuto che un progetto come la diga non potesse essere realizzato senza il suo consenso, a causa di due accordi internazionali con il Sudan, uno risalente al 1929, durante l’età coloniale, e l’altro al 1959: il primo dà all’Egitto il potere di veto sulla costruzione di infrastrutture lungo il corso del Nilo; il secondo stabilisce che all’Egitto spetti circa il 66 per cento delle acque del Nilo, e il 22 per cento al Sudan.

– Leggi anche: Il fiume Mekong rischia grosso

Il governo etiope ha replicato di non riconoscere gli accordi, dato che furono firmati senza coinvolgere l’Etiopia, e di avere quindi il diritto di sviluppare il proprio progetto. Nel 2010 si era accordato con gli altri paesi in cui è diviso il bacino del Nilo – Egitto e Sudan esclusi – per realizzare progetti lungo il fiume anche senza il consenso egiziano. Inoltre l’Etiopia ha sempre sostenuto che la nuova diga non avrà nessun impatto sulla quantità d’acqua che arriva all’Egitto, contrariamente a quanto temuto dagli egiziani.

L’Unione Africana, l’organizzazione intergovernativa dei paesi del continente africano, aveva cercato di mediare tra Etiopia, Egitto e Sudan affinché si trovasse una soluzione di compromesso sulle tempistiche di riempimento del bacino della diga, ma non ha avuto successo, anche perché l’Etiopia non vuole concordare con gli altri paesi quantità minime di acqua da far passare attraverso la diga.

Dal novembre del 2020 i rapporti con il Sudan, a sua volta preoccupato per l’approvvigionamento d’acqua, si sono poi ulteriormente complicati perché il conflitto civile in corso nella regione del Tigrè, nel nord dell’Etiopia, ha portato decine di migliaia di persone a rifugiarsi in Sudan, già alle prese con numerosi problemi interni, politici ed economici dal colpo di stato dell’ottobre 2021. Tra Sudan ed Etiopia c’è inoltre una disputa territoriale a proposito della regione di Fashaqa, coltivata da agricoltori etiopi ma rivendicata dal governo sudanese.

Secondo le previsioni, una volta ultimato l’impianto idroelettrico della Grand Ethiopian Renaissance Dam avrà una potenza massima di 5.150 megawatt e dovrebbe produrre 15.700 gigawattora all’anno di energia. I media statali etiopi dicono che domenica le turbine dell’impianto hanno cominciato a produrre 375 megawatt; la costruzione della diga è completa per l’84 per cento.

L’inaugurazione è avvenuta in presenza del primo ministro Abiy Ahmed e c’era anche Pietro Salini, amministratore delegato di WeBuild, la multinazionale di costruzioni italiana che fino al 2020 si chiamava Salini Impregilo. L’azienda ha costruito anche un’altra grande diga in Etiopia, sul fiume Omo: si chiama Gilgel Gibe III ed è stata completata nel 2015.

– Leggi anche: Dovremmo ripensare l’energia idroelettrica