Sparta e il mito di Sparta

Fu una delle città più importanti dell'antichità ma non ne è rimasto molto, tanto che in pochi sanno che ne esiste una versione moderna

Le rovine bizantine di Mistrà, vicino all'antica Sparta (Sean Gallup/Getty Images)
Le rovine bizantine di Mistrà, vicino all'antica Sparta (Sean Gallup/Getty Images)

Nell’odierna Sparta la strada principale è dedicata a Costantino Paleologo, ultimo imperatore bizantino. Alla fine di questa strada c’è una statua in bronzo del celebre re spartano Leonida, che combatté contro i persiani nella battaglia delle Termopili, messa lì per attirare turisti ed eventualmente scattarsi qualche foto. Tuttavia la statua non si può propriamente definire un’attrazione turistica, né lo è la tomba di Leonida che si trova poco lontano: in parte perché entrambi i monumenti sono modesti e poco appariscenti (anche il contesto appare dozzinale, composto da bassi caseggiati di recente costruzione e di poco valore).

Ma soprattutto perché è la città stessa a non essere una meta turistica, a differenza di altre importanti città dell’antichità. Tant’è vero che in molti neanche sanno dell’esistenza di una Sparta moderna, costruita sulle rovine di quella antica e leggendaria che si studia nei licei classici, perlopiù ritraendola come una città votata alla guerra e a nient’altro.

Naturalmente Sparta non ha le attrazioni monumentali che hanno Roma o Atene, ma il problema non sta solo nell’offerta turistica: come ha scritto sulla rivista online Aeon Daphne D. Martin, ricercatrice a Cambridge ed esperta di storia e storia dell’arte antica, l’irrilevanza di Sparta è anche culturale e storica, nel senso che il mito che si è costruito intorno alla città è monodimensionale e a senso unico. Secondo Martin, però, questo è dovuto soprattutto alla parzialità e povertà delle fonti, piuttosto che alle caratteristiche dell’antica Sparta, che invece fu probabilmente più dinamica e interessante di come ce la immaginiamo.

Peraltro, scrive Martin, il mito militare non si è neanche potuto alimentare di affascinanti rovine archeologiche: gli esploratori che in passato si avventurarono nella valle del fiume Eurota, dove si trova Sparta, rimasero colpiti di più dalla bellezza del paesaggio che dai resti, pochi e malridotti già nel Settecento.

Eppure la fama di Sparta è sempre stata notevole. Uno dei protagonisti dell’Iliade di Omero, Menelao, era re di Sparta, nonché fratello di Agamennone e marito di Elena di Troia (anche nota come Elena di Sparta). Omero racconta che Menelao ed Elena avevano a Sparta uno splendido palazzo, decorato di oro, argento, avorio e ambra. A quell’epoca – XIII secolo a.C. – risale solo un sito archeologico, un enorme complesso riemerso nel 2008 che si trova a una quindicina di chilometri da Sparta.

Ci fu una seconda fase di sviluppo soltanto molti secoli dopo, attorno al 700 a.C., che ci è nota grazie a due fonti, i poeti spartani Alcmane e Tirteo, dai cui componimenti emerge l’immagine di una città cosmopolita e ricca, importatrice ed esportatrice di arte, con molti legami commerciali in tutto il Mediterraneo orientale. Come scrive Martin: «Non c’è spazio qui per l’austerità», un tratto spesso associato all’immagine della Sparta guerriera. «Anche se l’esercizio militare era parte della vita, come suggerisce la sottomissione dei vicini Messeni, canti, balli e oggetti preziosi erano altrettanto importanti».

Il luogo comune della città guerrafondaia e militaresca deriva, secondo Martin, dalle fonti storiche che ci sono arrivate, che sono principalmente non spartane, e talvolta ostili alla città. Tuttavia proprio in una di queste, l’importantissimo storico ateniese Tucidide scrisse alcune righe nelle sue Storie che fanno capire il perché nel presente Sparta non ha la gloria che aveva in passato:

Se la città degli Spartani restasse deserta e rimanessero i templi e le fondamenta degli edifici, penso che dopo molto tempo sorgerebbe nei posteri un’incredulità forte che la potenza spartana fosse adeguata alla sua fama. […] Se gli Ateniesi invece subissero la stessa sorte, la loro importanza, a dedurla dai resti visibili della città, si supporrebbe, credo, doppia di quella reale.

Il mito militare di Sparta fu peraltro accentuato durante il periodo della dominazione romana. Con Roma, Sparta ebbe sempre buoni rapporti, in parte per la fascinazione dei romani e del loro culto militare, in parte perché nel I secolo a.C. appoggiò quello che poi sarebbe stato il primo imperatore, Augusto. Ma fu una rinascita alimentata soprattutto dalle glorie passate.

Più di mille anni dopo, Sparta passò sotto il dominio del conquistatore di origine francese Guglielmo II di Villehardouin, il quale decise di abbandonare la valle spostando l’insediamento sulle colline poco distanti, ai piedi del monte Taigeto, dove costruì una nuova cittadella fortificata per proteggersi dai nemici, chiamata all’epoca Morea (poi conosciuta come Mistrà). Tuttavia l’iniziativa di Guglielmo non bastò a proteggerla dai bizantini, che la conquistarono nel 1262 e la trasformarono in un’importante capitale culturale, piena di chiese e monasteri.

Dopo la caduta dell’impero bizantino, nel 1453, la valle dell’Eurota passò sotto il dominio ottomano e si spopolò ancora di più, mentre Mistrà divenne un piccolo villaggio. Nella prima metà dell’Ottocento la Grecia divenne una monarchia indipendente, ma sotto la protezione delle potenze europee. Il nuovo re, il bavarese Ottone di Wittelsbach, decise nel 1834 di ricostruire Sparta sulle rovine dell’antica città: si ripopolò per la prima volta dopo circa seicento anni. Oggi ha poco meno di ventimila abitanti.

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