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  • Sabato 8 gennaio 2022

I grandi progetti della Namibia con l’idrogeno

Per diventare un avanzato centro per la produzione di idrogeno da fonti rinnovabili e risollevare l’economia del paese: non è detto che ci riesca

Un'immagine di Lüderitz, in Namibia (AP Photo / File)
Un'immagine di Lüderitz, in Namibia (AP Photo / File)

La Namibia, stato dell’Africa meridionale, sta pianificando di trasformare una località portuale e i suoi dintorni in un avanzato hub per la produzione del cosiddetto idrogeno “verde”, l’idrogeno prodotto cioè da fonti rinnovabili e con emissioni di gas serra molto ridotte. L’obiettivo della Namibia è sviluppare un’industria dell’energia prodotta da fonti rinnovabili in grado di attrarre investimenti esteri e risollevare l’economia del paese.

I progetti della Namibia possono servire da modello ai tantissimi paesi oggi interessati a investire nella decarbonizzazione. Il paese ha già preso accordi per finanziare alcune delle sue iniziative, ma i fondi necessari nel loro complesso sono tantissimi – quasi quanto l’intero PIL della Namibia del 2020 – e non è detto che sarà possibile ottenerli tutti.

La città su cui la Namibia vuole investire si chiama Lüderitz. Ha circa 15mila abitanti, come Urbino, è più piccola di Siena e all’inizio del Novecento era nota soprattutto per il commercio di diamanti, di cui l’area è ricca. Lüderitz era una colonia tedesca, come suggeriscono sia la sua architettura, che un po’ ricorda certe città bavaresi, sia il suo nome, quello dell’esploratore e imprenditore tedesco Adolf Lüderitz, che l’aveva acquistata nel 1883.

Quello che rende Lüderitz adatta ai progetti del governo della Namibia è la sua posizione: è affacciata sull’Oceano Atlantico, ed è quasi sempre soleggiata ed esposta a forti venti. Sono tutte caratteristiche ideali per la produzione dell’idrogeno da fonti rinnovabili, detto per questo anche “idrogeno pulito” o “idrogeno verde” e considerato da decenni un’alternativa ecosostenibile ai combustibili fossili in alcuni contesti.

Lüderitz, in Namibia (AP Photo / File)

Per produrre l’idrogeno “verde” o “pulito” si possono usare fonti come quella solare o eolica, che non producono emissioni di CO2 dirette. Lo si produce a partire da un processo di elettrolisi (cioè separazione di idrogeno e ossigeno) dell’acqua, tramite una macchina che si chiama elettrolizzatore. Finora l’idrogeno ottenuto con energia da fonti rinnovabili non si è diffuso molto perché gli impianti per la sua produzione richiedono enormi risorse e investimenti iniziali: i progetti della Namibia riguardano proprio questi investimenti.

Nello specifico, la Namibia vuole costruire un impianto di produzione dell’idrogeno “verde” nell’area del Tsau Khaeb National Park, che si estende per migliaia di chilometri quadrati attorno a Lüderitz, con l’idea di arrivare a produrne circa 300mila tonnellate all’anno. La posizione marittima di Lüderitz permetterebbe poi di poterlo esportare facilmente, ma ci sarebbero anche altri vantaggi.

Il progetto fa parte di un piano più ampio voluto dal presidente della Namibia Hage Geingob per risollevare l’economia del paese, che per una serie di cause, aggravate ulteriormente dalla pandemia, negli ultimi anni si è indebolita moltissimo.

James Mnyupe, consigliere del presidente, ha detto a BBC che Geingob vuole avviare un piano di ripresa economica che sia «dinamico, globalmente rilevante e strutturale». Mnyupe ha anche detto che i guadagni della nuova industria verranno investiti nell’agricoltura, nella logistica e nei trasporti, e serviranno a sviluppare per esempio treni alimentati a idrogeno pulito; in più, la produzione di elettricità da fonti rinnovabili sarà tale che permetterà alla Namibia di esportarla, oltre che di rendersi indipendente dalle importazioni di energia prodotta col carbone in Sudafrica.

Il progetto è stato affidato a una società privata, la Hyphen Hydrogen Energy, con l’obiettivo di avviare e sviluppare l’industria dell’idrogeno “verde” in Namibia: pianifica di cominciare a produrlo nel 2026. Per farlo, intende formare e impiegare circa 18mila persone, il 90 per cento delle quali namibiane, in modo da abbassare anche l’attuale tasso di disoccupazione della città, che è al 55 per cento circa.

La Hyphen Hydrogen Energy è una società formata dalla collaborazione tra un fondo d’investimenti con sede nelle Isole Vergini Britanniche e un’azienda di sviluppo di progetti rinnovabili tedesca. Manterrà i diritti sul progetto per i prossimi 40 anni.

Secondo il consiglio comunale di Lüderitz, la nuova industria dell’idrogeno “verde” attirerà nuovi lavoratori, con una crescita della popolazione locale di migliaia di abitanti per isolato e conseguenti investimenti del governo per rafforzare le infrastrutture esistenti, costruire nuove case, strade e ospedali.

I progetti della Namibia sono molto ambiziosi, e sulle loro possibilità di riuscita ci sono pareri contrastanti. Il motivo principale per cui potrebbero andare a buon fine riguarda l’interesse globale (e quindi la disponibilità a investire) nel raggiungimento della cosiddetta “neutralità carbonica” – smettere cioè di aggiungere gas serra nell’atmosfera oltre la quantità che si riesce a toglierne – per ridurre l’impatto ambientale delle attività umane. La produzione di idrogeno da fonti rinnovabili serve proprio a questo, e l’Africa è considerata un luogo ideale per farlo. In più, tra i paesi africani che stanno investendo in quest’ambito (Sudafrica, Nigeria e Kenya, soprattutto), la Namibia è considerato uno dei più avanzati.

La Germania ha già deciso di investire nei progetti della Namibia, con 40 milioni di euro che verranno usati per studi di fattibilità e progetti pilota. Anche Belgio e Paesi Bassi hanno fatto accordi con la Namibia per finanziarne i piani.

L’idea, ha detto Mnyupe a BBC, è rendere la Namibia «un partner commerciale, non semplicemente un beneficiario di assistenza allo sviluppo». Il fatto che per la prima volta la Namibia sia stata invitata al World Economic Forum di Davos, cui ogni anno partecipano esponenti di primo piano della politica e dell’economia globale, è sicuramente un segnale in questa direzione. La Namibia ha anche un livello di corruzione più basso rispetto ad altri paesi africani, il che potrebbe facilitare futuri investimenti sul territorio.

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D’altra parte, però, gli investimenti necessari anche solo ad avviare un’industria dell’idrogeno “verde” in Namibia sono enormi. La Hyphen Hydrogen Energy dice che servono circa 8,3 miliardi di euro: una cifra elevatissima per la Namibia, se si pensa che il suo intero PIL del 2020 era di circa 9,4 miliardi di euro.

Tra le altre cose, le infrastrutture previste (compresi grandi impianti di desalinizzazione per la produzione dell’acqua necessaria all’elettrolisi) costano parecchio, e in più a Lüderitz sarebbe anche necessario ingrandire e rafforzare il porto, che ora è molto piccolo e non attrezzato per accogliere le navi con cui esportare l’idrogeno.

Philip Balhoa, membro del consiglio comunale che ha parlato con BBC, teme che Lüderitz possa non reggere il massiccio sviluppo di infrastrutture richiesto dal progetto; Noel Tomnay, dirigente della società di consulenza energetica Wood Mackenzie, ha espresso al Wall Street Journal forti dubbi sul fatto che un progetto così imponente possa essere realizzato in un paese senza precedenti esperienze di questo tipo.

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