• Mondo
  • Venerdì 7 gennaio 2022

La Serbia se l’è presa molto per il caso di Novak Djokovic

In sua difesa si è mosso mezzo governo, che sta trattando il tennista serbo alla stregua di un prigioniero politico

Alcune persone sventolano la bandiera serba nei pressi del Park Hotel di Melbourne, dove in questi giorni è alloggiato Novak Djokovic (Diego Fedele/Getty Images)
Alcune persone sventolano la bandiera serba nei pressi del Park Hotel di Melbourne, dove in questi giorni è alloggiato Novak Djokovic (Diego Fedele/Getty Images)

Il caso che si è creato negli ultimi giorni attorno al tennista serbo Novak Djokovic, bloccato in Australia per un intoppo burocratico legato alla sua decisione di non vaccinarsi contro il coronavirus, è seguito con grande attenzione anche in Serbia. Il presidente e il primo ministro serbi hanno apertamente difeso Djokovic e convocato l’ambasciatore australiano a Belgrado, mentre centinaia di persone hanno partecipato a una manifestazione organizzata dalla famiglia del tennista davanti al parlamento serbo.

«Novak è la Serbia e la Serbia è Novak», ha detto sua madre, Dijana Djokovic, prendendo la parola durante la manifestazione. Il padre, Srdjan Djokovic, ha aggiunto che «lo stanno calpestando per calpestare la Serbia e i serbi».

Il padre di Djokovic, Srdjan, durante la manifestazione in sostegno di suo figlio davanti al Parlamento serbo (Srdjan Stevanovic/Getty Images)

Tra giovedì e venerdì diversi giornali hanno raccontato le reazioni che ha provocato il caso di Djokovic in Serbia, non solo a livello governativo e istituzionale.

BBC News ha scritto per esempio che «le opinioni di Djokovic riflettono un ampio scetticismo sui vaccini nella società serba, un paese in cui meno della metà della popolazione ha ricevuto almeno una dose». Altri hanno fatto notare che la disavventura di Djokovic sta alimentando la narrazione vittimista dei nazionalisti serbi, secondo cui la comunità internazionale sarebbe da sempre ostile alla causa serba, le cui rivendicazioni causarono la sanguinosa guerra civile nella ex Jugoslavia nei primi anni Novanta.

Giovedì il presidente serbo Aleksandar Vučić, espressione di un partito nazionalista di centrodestra, ha postato su Instagram una foto di Djokovic spiegando di aver parlato al telefono col «nostro Novak» assicurandolo che gode del sostegno di tutto il paese. Il Guardian ha aggiunto che i giornali filogovernativi si sono schierati in maniera compatta a favore di Djokovic, alimentando la narrazione secondo cui sarebbe stato ingiustamente perseguitato.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Aleksandar Vučić (@buducnostsrbijeav)

Djokovic è di gran lunga lo sportivo più famoso in Serbia, ed è ovviamente popolarissimo anche nelle varie comunità serbe sparse in giro per il mondo: compresa quella australiana, che conta decine di migliaia di persone.

«Dopo la guerra non è stato facile far sentire la nostra voce», aveva spiegato qualche tempo fa al New York Times Zeljko Prodanovic, direttore di una rivista australiana dedicata alla comunità serba: «nei film i serbi sono sempre i cattivi. Ma il fatto che il miglior giocatore di tennis al mondo sia serbo ci rende orgogliosi».

È molto raro che Djokovic prenda posizioni politiche in pubblico, ma in passato era stato accusato di essere in ottimi rapporti con alcuni leader nazionalisti serbi: a settembre era stato fotografato al matrimonio di Milorad Dodik, il controverso presidente della Bosnia-Erzegovina espresso dall’etnia serba, e pochi giorni dopo aveva postato una sua foto con un ex comandante dell’esercito serbo coinvolto nel massacro di Srebrenica.

«L’opinione pubblica serba ha la netta impressione che Djokovic sia vittima di un gioco politico contro la sua volontà e che sia stato attirato in Australia per essere umiliato», ha spiegato il ministero degli Esteri serbo in un comunicato sintetizzando molte delle posizioni prese dai politici serbi in questi giorni.