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  • Venerdì 17 dicembre 2021

Nessuno vuole i navigator

Governo e regioni si rimbalzano la responsabilità di assumere il personale che dovrebbe aiutare i percettori del reddito di cittadinanza a trovare un lavoro

Manifestanti durante lo sciopero dei navigator, il 18 novembre (Cecilia Fabiano/ LaPresse)
Manifestanti durante lo sciopero dei navigator, il 18 novembre (Cecilia Fabiano/ LaPresse)

Al termine di una lunga discussione in commissione Bilancio alla Camera è stato trovato un accordo per prorogare di quattro mesi il contratto dei 2.400 navigator, i consulenti assunti nel luglio del 2019 per aiutare i beneficiari del reddito di cittadinanza a trovare un lavoro. La situazione non è stata risolta, ma solo rimandata: la scadenza del contratto è stata portata dal 31 dicembre di quest’anno al 30 aprile 2022.

Negli ultimi due anni la gestione dei navigator è stato un motivo di scontro all’interno della maggioranza e tra il governo e le Regioni. Nessuno vuole esserne responsabile: ogni volta che si avvicinava la scadenza dei loro contratti, prorogati più volte, si è cercato invano di trovare un accordo per stabilizzarli. Il dilemma – lasciare scadere il contratto e di fatto liberarsi dei navigator oppure confermarli – si riproporrà anche il prossimo aprile.

La parola “navigator” entrò nel dibattito pubblico alla fine del 2018. L’allora ministro del Lavoro Luigi Di Maio spiegò che i navigator sarebbero stati dei “facilitatori”, assunti per lavorare nei Centri per l’impiego con il compito di aiutare i beneficiari del reddito di cittadinanza a trovare un lavoro. L’obiettivo è stato raggiunto in minima parte: finora il reddito di cittadinanza, infatti, si è dimostrato un’efficace misura di sostegno per le fasce più povere della popolazione, ma non è stato un altrettanto valido strumento di attivazione del mercato del lavoro.

Non è facile valutare i risultati del lavoro dei navigator. Se si osservano solo i numeri, gli ultimi dati pubblicati dall’ANPAL, l’Agenzia nazionale politiche attive lavoro, dicono che al 30 settembre 2021 solo 420.689 beneficiari del reddito di cittadinanza sono stati presi in carico dai Centri per l’impiego, il 37,9 per cento di tutte le persone che hanno firmato un Patto per il lavoro, cioè un percorso personalizzato di inserimento lavorativo che distingue le persone beneficiarie del sussidio che possono trovare un impiego da quelle che non sono adatte per varie ragioni. È una percentuale piuttosto bassa, pur in crescita di tre punti percentuali rispetto a giugno.

È più difficile capire quante persone abbiano trovato effettivamente un lavoro, perché non ci sono report aggiornati. L’ultimo, pubblicato dalla Corte dei Conti a giugno, dice che al 10 febbraio 2021 erano 152.673 le persone che avevano instaurato un rapporto di lavoro successivo alla data di presentazione della domanda: il 14,5 per cento del totale. «Ci siamo sempre sforzati, tra mille attacchi, di rivendicare la nostra professionalità, le nostre capacità, gli sforzi fatti e i risultati raggiunti», dicono i navigator in una nota della loro associazione nazionale, AN.NA. «Abbiamo la presunzione di esserci almeno in parte riusciti, come attestato ad esempio dal Report della Corte dei Conti».

Negli ultimi giorni il dibattito si è concentrato su un emendamento al decreto legge per l’attuazione del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. L’emendamento consentiva alle Regioni di prendersi carico dei navigator per un massimo di sei mesi. Di fatto più che una facoltà si trattava di un obbligo, definito paradossale dai presidenti delle Regioni che già nel 2019 si erano opposti all’ingresso dei navigator di ANPAL nei Centri per l’impiego gestiti dalle Regioni. Allora come oggi c’era il timore che i consulenti precari dovessero essere poi stabilizzati a spese delle Regioni.

Mercoledì sera, durante la discussione in commissione, il presidente della conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga ha confermato la sua decisa contrarietà condivisa con gli altri presidenti, in particolare gli esponenti di centrodestra: «È il livello nazionale a dover trovare una soluzione».

La soluzione temporanea che prevede lo spostamento della scadenza dei contratti al 30 aprile 2022 è stata proposta dal ministro dei Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà. «Questo è solo il punto di partenza» ha detto la sottosegretaria al Lavoro, Rossella Accoto, del M5S. «Ora abbiamo 4 mesi per inserire questi professionisti negli organici dei Centri per l’impiego evitando di disperdere investimenti ed esperienze maturate sul campo».

Il “Piano straordinario di potenziamento dei Centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro” deciso dall’accordo tra Stato e Regioni nell’aprile del 2019 è in gran parte inattuato: erano previste 11.600 assunzioni, ma molte Regioni non hanno ancora bandito i concorsi e secondo i dati del ministero del Lavoro al 30 settembre erano state assunte solo 1.458 persone, con altre 2.333 previste entro la fine dell’anno. Molti navigator si sono candidati per quei posti, ma non sono stati diffusi dati su quanti siano stati stabilizzati.

Nei piani del governo, annunciati dal ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, i navigator sarebbero stati sostituiti dalle agenzie private, le cosiddette agenzie “trova lavoro”, che incrociano domande e offerte. Sono circa cento in tutta Italia, con 2.500 filiali e decine di migliaia di dipendenti. «Non sono certo i poveri navigator, è gente che conosce il territorio», aveva detto Brunetta al Corriere della Sera.

Non ci sono però molti dettagli su come sarà gestito questo passaggio dopo la proroga del contratto dei navigator. «Abbiamo sempre insistito nel presentarci come una soluzione, una opportunità e non come un problema. E così ancora oggi ci consideriamo», spiegano i navigator.