Le pillole contro la COVID-19, finora

Pfizer ha appena confermato i dati positivi del suo Paxlovid, mentre il farmaco di MSD è risultato meno efficace rispetto ai test iniziali

Martedì l’azienda farmaceutica statunitense Pfizer ha confermato l’efficacia del Paxlovid, il suo nuovo farmaco contro le forme gravi di COVID-19, annunciando di avere ottenuto risultati molto promettenti e in linea con quelli comunicati il mese scorso. Le pillole prodotte da Pfizer potrebbero essere il primo vero trattamento efficace contro la malattia causata dal coronavirus, insieme al molnupiravir – farmaco sviluppato dall’azienda farmaceutica MSD (Merck) – che però di recente ha fatto riscontrare risultati meno incoraggianti rispetto a quelli comunicati in una prima fase di sperimentazione.

I vaccini continuano a essere lo strumento più importante per tenere sotto controllo gli effetti della pandemia: finora si sono rivelati essenziali per ridurre i casi gravi di COVID-19, e di conseguenza i ricoveri in ospedale e i decessi.

I farmaci contro la malattia potrebbero però rivelarsi utili per trattare le persone che si ammalano ugualmente e che sono più a rischio di sviluppare sintomi gravi, contro i quali al momento non ci sono molti trattamenti specifici ed efficaci. Le pillole contro la COVID-19 potrebbero inoltre rivelarsi utili nei paesi più poveri, con un tasso di vaccinati molto basso e la prospettiva di tempi lunghi prima di migliorare la copertura vaccinale.

Paxlovid
Secondo i dati elaborati da Pfizer, se preso entro tre giorni dalla comparsa dei sintomi il Paxlovid riduce il rischio di ricovero e morte dell’89 per cento (rispetto a chi non lo assume e sviluppa forme gravi della malattia). Nel caso in cui venga somministrato a cinque giorni di distanza dai primi sintomi, la riduzione del rischio è più o meno simile, pari all’88 per cento.

I risultati sono basati su una sperimentazione che ha coinvolto 2.246 volontari non vaccinati e con caratteristiche tali da essere ad alto rischio di sviluppare forme gravi di COVID-19. Sempre secondo i dati diffusi da Pfizer, lo 0,7 per cento dei partecipanti che avevano ricevuto il Paxlovid è stato ricoverato a quattro settimane dall’inizio della sperimentazione, mentre non si è registrato nessun decesso. Nel gruppo di volontari che non aveva ricevuto il farmaco, ma una sostanza che non fa nulla (placebo), la percentuale è stata del 6,5 per cento.

Il Paxlovid è un farmaco antivirale che interferisce con le risorse impiegate dal coronavirus per replicarsi all’interno delle cellule delle persone infette. Il trattamento consiste nell’assunzione di due compresse due volte al giorno per cinque giorni: il nirmatrelvir e il ritonavir, un altro antivirale sviluppato tempo fa contro l’HIV. Il ritonavir consente al nirmatrelvir di rimanere attivo più a lungo nell’organismo, portando a migliori risultati: i due principi attivi sono venduti insieme con il nome commerciale Paxlovid.

Oltre ai pazienti ad alto rischio, Pfizer sta svolgendo un test su individui con minori fattori di rischio legati alla COVID-19. I dati preliminari finora comunicati dall’azienda indicano che l’impiego del Paxlovid ha ridotto del 70 per cento il rischio di ricovero e morte rispetto al gruppo di controllo.

I test clinici hanno riguardato persone che avevano contratto per lo più la variante delta del coronavirus, la più diffusa a partire dall’estate in buona parte del mondo. Pfizer ha però anticipato che in alcuni test di laboratorio il nuovo farmaco ha mostrato di poter contrastare anche le forme di COVID-19 causate dalla variante omicron.

Il mese scorso Pfizer aveva già richiesto alla Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia federale statunitense che si occupa di farmaci, l’autorizzazione per il Paxlovid grazie a una prima serie di dati preliminari sulla sua efficacia e la sua sicurezza. I nuovi esiti della sperimentazione saranno aggiunti alla richiesta e potrebbero accelerare il processo di autorizzazione, rendendo disponibile il farmaco entro poche settimane negli Stati Uniti.

Molnupiravir
La notizia è stata accolta positivamente da numerosi osservatori, dopo la recente delusione derivante dai dati poco confortanti sull’efficacia del molnupiravir, la pillola sviluppata e prodotta da MSD. Lo scorso ottobre l’azienda aveva annunciato che il farmaco consentiva di dimezzare il rischio di ricovero e di morte a causa delle forme gravi di COVID-19, se assunto entro cinque giorni dalla comparsa dei sintomi.

MSD aveva poi proseguito test e sperimentazioni, ottenendo dalla loro analisi finale dati più deludenti. L’efficacia del molnupiravir si è infatti attestata intorno al 30 per cento e sono in seguito emersi alcuni dubbi sulla sua sicurezza, al punto da complicare il processo di autorizzazione della pillola presso l’FDA. Una commissione dell’agenzia statunitense aveva comunque votato a favore del molnupiravir a fine novembre, ma l’FDA non si è ancora pronunciata in via definitiva sulla sua autorizzazione.

Il molnupiravir è una pillola da somministrare per via orale, con due assunzioni al giorno per cinque giorni. Ha la capacità di interferire con i processi che i virus sfruttano per replicarsi all’interno delle cellule. Uno degli obiettivi è un particolare enzima (polimerasi) coinvolto nella trascrizione del materiale genetico virale, cioè le istruzioni che servono alla cellula per produrre le nuove copie del virus. Il farmaco fa sì che la polimerasi trascriva nel modo sbagliato le istruzioni, rendendo impossibile la replicazione del virus.

Il farmaco è stato autorizzato nel Regno Unito, mentre le autorità di controllo dei farmaci in Francia hanno deciso di respingere la richiesta di autorizzazione presentata da MSD, ritenendo non soddisfacente il rapporto tra i rischi e i benefici che arrecherebbe il suo utilizzo.