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  • Venerdì 3 dicembre 2021

Il gran successo negli Stati Uniti del canale Reddit “Antiwork”

Nato per condividere le frustrazioni verso capi e aziende, è diventato il simbolo di un nuovo approccio nei confronti della vita lavorativa

Una scena del film "Impiegati... male!"
Una scena del film "Impiegati... male!"

La pandemia da coronavirus ha portato milioni di persone a rivalutare le proprie condizioni lavorative e a non essere più disposte a tollerare comportamenti inopportuni da parte dei loro capi o delle aziende per cui lavorano. Negli Stati Uniti – dove questo fenomeno è particolarmente accentuato, per varie ragioni – molte di queste persone si sono radunate per esprimere le proprie frustrazioni o per condividere l’annuncio del proprio licenziamento su “Antiwork”, un canale del social network Reddit che soprattutto negli ultimi mesi è diventato un punto di ritrovo e un’ispirazione per tutti quelli che sono scontenti della propria situazione lavorativa e vorrebbero un cambiamento radicale del sistema.

Da ormai diversi mesi, Antiwork è uno dei canali di maggior successo di Reddit, ha attirato milioni di persone ed è diventato un piccolo fenomeno online. Esiste dal 2010 e prima della pandemia aveva circa 100mila iscritti: a oggi ne conta 1 milione e 250mila, molti dei quali hanno cominciato a usarlo negli ultimi mesi. Il suo successo si inserisce inoltre in un contesto in cui vari milioni di americani hanno lasciato il proprio lavoro per motivi diversi ed è diventato così rilevante che giornali e analisti hanno cominciato a parlare perfino di un “movimento Antiwork”.

Antiwork è un canale di Reddit (in gergo un subreddit) in cui dipendenti sfruttati e sfiniti condividono commenti sulla loro situazione lavorativa o screenshot di conversazioni problematiche avute con i loro capi. Alcune persone segnalano di essere sottoposte a turni massacranti o malpagati, mentre altre lamentano episodi di umiliazioni, mobbing o di aver ricevuto pressioni per lavorare gratis, tra le altre cose.

I messaggi scambiati su Antiwork sono diventati virali sia su Twitter che sugli altri principali social network, soprattutto quelli in cui le persone che dicono di essere esaurite da condizioni di lavoro considerate inaccettabili condividono il momento in cui mandano al diavolo tutto e tutti, spesso dopo anni di malessere. Non è da escludere che almeno alcuni di questi post siano fasulli: come ha sintetizzato in maniera efficace Slate, non c’è modo di accertarne l’autenticità, «ma la loro genuinità è meno importante del senso di catarsi che offrono».

Lo screenshot della conversazione in cui un utente del canale Antiwork decide di dare le dimissioni dal proprio lavoro quando il suo responsabile lo minaccia di licenziarlo, dopo essersi rifiutato di andare al lavoro nel suo giorno libero

Una delle prime moderatrici del canale Antiwork, Doreen Ford, ha detto a Slate che  «sfortunatamente» i casi in cui aziende o responsabili minacciano o maltrattano i propri dipendenti accadono «troppo spesso». Ford, che ha 30 anni, modera il canale da 7 e a sua volta nella vita ha fatto una serie di lavori che ha descritto come «avvilenti», ma ha detto di essere rimasta sbalordita da quanto velocemente il canale sia cresciuto durante la pandemia. Chi lo frequenta non vuole lamentarsi o semplicemente battersi per migliorare le proprie condizioni di lavoro, ma piuttosto cambiare il sistema affinché si possa lavorare meno, oppure non farlo proprio.

Come chiarisce un post che indica gli obiettivi del gruppo, che si definisce popolato di anarchici e di «tutte le varietà di persone di sinistra», «riformare un sistema rotto porta comunque a un sistema rotto»: per questo Antiwork propone di raccogliere idee su come abolire del tutto il capitalismo e il lavoro, nel modo in cui lo conosciamo oggi nelle nostre società.

Nonostante questa propensione, comunque, accoglie moltissime persone che non condividono la sua idea generale, specifica Ford. Una tra le cose più gratificanti è che grazie al sostegno degli altri utenti sul canale le persone trovano il coraggio per chiedere un aumento di stipendio, per dire di no ai propri capi o semplicemente per lasciare il proprio lavoro, senza per forza continuare a subire ritorsioni, ha aggiunto.

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I dati del dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti dicono che lo scorso settembre 4,4 milioni di americani hanno lasciato il proprio posto di lavoro: oltre 150mila in più rispetto al mese precedente e 1 milione e 130mila in più rispetto al settembre del 2020. I motivi possono essere i più diversi, dallo stress per aver passato l’ultimo anno e mezzo a fare lavori in cui si è particolarmente esposti a potenziali contagi, al desiderio di provare a fare un lavoro che piaccia di più o permetta di cambiare stile di vita. Il New York Times ha osservato che in alcuni casi i sussidi governativi per far fronte alla crisi economica possono aver aiutato chi ha deciso di cambiare e non lavorare per un po’, ma che da soli non bastano per motivare una persona a farlo.

Il sociologo David Frayne, intervistato dal New York Times, ha spiegato che generalmente gli eventi traumatici portano le persone a riconsiderare le loro vite e i loro obiettivi, e che in questo senso un evento come la pandemia da coronavirus ha avuto un impatto su una scala enorme. Kathi Weeks, professoressa di studi di genere alla Duke University, ha inoltre notato che la «specie di separazione forzata dal lavoro» arrivata a causa della pandemia ha dato a molti l’opportunità di vedere la propria situazione lavorativa in maniera più critica e ha consentito di vedere numerose falle nel modo in cui funzionano molti ambienti di lavoro.

In sostanza, secondo gli esperti, molte persone ritengono che non avere un lavoro sia meglio che avere un lavoro pessimo, e che questo nuovo atteggiamento possa portare a un grande cambiamento culturale. Nelle parole di Weeks, rifiutarsi di tornare a lavorare, soprattutto in ambienti particolarmente ostili, rappresenta una «sorta di desiderio di libertà».

La cosa riguarda varie categorie di lavoratori, ma è influenzata anche dall’atteggiamento delle persone della cosiddetta generazione Z, grossomodo quelle nate tra il 1997 e il 2012, che spesso si avvicinano al mondo del lavoro con un atteggiamento più rilassato e meno orientato alla competitività e alla produttività a tutti i costi, tipica delle generazioni precedenti. Il fenomeno è stato analizzato anche dalla banca d’affari Goldman Sachs, che lo ha ricollegato almeno in parte alla popolarità del canale Antiwork: secondo Goldman Sachs la tendenza a rifiutare il lavoro nasconde il rischio che molte persone decidano di non lavorare del tutto per periodi più lunghi della norma, con possibili ripercussioni sull’economia del paese.

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