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  • Mercoledì 24 novembre 2021

La questione del primo suicidio assistito in Italia non è ancora finita

Nonostante l'autorizzazione dell'ASL delle Marche, la regione ha detto che dovrà intervenire un tribunale per decidere se e come si dovrà fare

Marco Cappato dell'associazione Luca Coscioni durante il deposito delle firme per il referendum sull'eutanasia legale alla Corte di Cassazione (ANSA/FABIO FRUSTACI)
Marco Cappato dell'associazione Luca Coscioni durante il deposito delle firme per il referendum sull'eutanasia legale alla Corte di Cassazione (ANSA/FABIO FRUSTACI)

Dopo che martedì il comitato etico dell’azienda sanitaria delle Marche (Asur) aveva deciso di autorizzare per la prima volta in Italia il suicidio assistito di una persona, sono già emerse alcune complicazioni che potrebbero renderne difficile l’applicazione: in particolare, il comitato ha sollevato dubbi e complicazioni sulle modalità di attuazione del suicidio assistito. Questo potrebbe provocare notevoli ritardi e potrebbe richiedere, per la seconda volta, una decisione del tribunale di Ancona.

Parte del problema nasce dal fatto che in Italia non esiste ancora una legge sul suicidio assistito, e che la possibilità di accedervi è regolata esclusivamente da una sentenza della Corte Costituzionale: questo significa che ogni singolo caso deve essere gestito, con criteri non sempre chiari, dalle autorità sanitarie locali.

La decisione del comitato etico – celebrata da molti come un traguardo storico per l’Italia – è arrivata dopo una sentenza del tribunale di Ancona, in seguito a una richiesta fatta da uomo tetraplegico di 43 anni immobilizzato da dieci anni a causa di un incidente stradale. Il tribunale aveva ordinato all’Asur delle Marche di verificare le condizioni del paziente e la sussistenza dei criteri che rendono l’aiuto al suicidio non punibile in base a una sentenza della Corte Costituzionale del 2019.

Il comitato etico dell’Asur, formato da medici e psicologi, martedì ha deciso che l’uomo rientra nelle condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale per l’accesso al suicidio assistito, ma non ne ha specificato le modalità di attuazione. L’uomo, nella sua richiesta, aveva fatto una proposta sul farmaco da somministrare per accedere al suicidio assistito (il tiopentone sodico) e sul dosaggio da utilizzare, ma il comitato ha avanzato vari dubbi e perplessità, dicendo però che non gli spetta prendere decisioni sulla questione.

Secondo il comitato il dosaggio richiesto dall’uomo (20 grammi) sarebbe «una quantità non supportata da letteratura scientifica». Inoltre ha rilevato che l’uomo nella sua richiesta non aveva spiegato le modalità con cui si dovrebbe procedere tecnicamente alla somministrazione. Il comitato ha anche rilevato che non è chiaro se debba essere utilizzato solo il farmaco indicato dal paziente, «nell’ipotesi in cui non si riesca a portare a compimento la procedura di suicidio medicalmente assistito», e ha ritenuto che non sia di sua competenza l’eventuale individuazione di altre modalità.

Martedì, dopo la decisione del comitato etico dell’Asur, la regione Marche ha fatto sapere in una nota che dovrà essere il tribunale di Ancona a decidere se il paziente tetraplegico «potrà avere diritto al suicidio medicalmente assistito». Secondo la regione Marche, quindi, l’Asur non può procedere al suicidio assistito del paziente, ma serve una nuova decisione del tribunale di Ancona.

L’associazione Luca Coscioni, che aveva seguito fin dall’inizio la vicenda del paziente, ha accusato la regione di voler creare una «trappola burocratica» per impedire che l’uomo posso accedere al suicidio assistito.

«Ciò che la regione non dice è che la responsabilità di definire le procedure tecniche non è del malato, ovviamente, ma del Servizio sanitario, che però si rifiuta di farlo. Se necessario e se i tempi dovessero dilatarsi ancora, siamo pronti ad azionare tutti gli strumenti necessari per far rispettare il diritto di Mario (il nome di fantasia dato al paziente, ndr) a porre fine alle proprie sofferenze», si legge in una nota dell’associazione.

Secondo l’assessore regionale alla Sanità delle Marche, Filippo Saltamartini, il problema principale è di tipo legislativo, perché manca una legge sul suicidio assistito. Una proposta di legge in materia di morte volontaria medicalmente assistita è all’esame delle commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera e la discussione in parlamento dovrebbe iniziare lunedì prossimo. I tempi per l’approvazione potrebbero però essere molto lunghi, anche perché il centrodestra, contrario alla legge, sta cercando di ritardarne il dibattimento in aula.

C’è anche la possibilità che prima dell’approvazione della legge si arrivi al referendum sull’eutanasia legale, per cui sono state già depositate in Cassazione le firme necessarie e per cui si attende l’autorizzazione. A differenza del suicidio assistito, dove il farmaco necessario a uccidersi viene assunto in modo autonomo dalla persona malata, nell’eutanasia il medico ha un ruolo fondamentale: nell’eutanasia attiva somministra il farmaco, in quella passiva sospende le cure o spegne i macchinari che tengono in vita la persona. Quella passiva in Italia è regolata dalla legge sul testamento biologico, mentre quella attiva è ad ora illegale, e verrebbe regolamentata dal referendum.