Perché ci piacciono così tanto i tramonti

La nostra attrazione per le atmosfere e i colori crepuscolari dipende da fattori culturali e fisici, ma probabilmente non è sempre stato così

Turisti a Nevsehir, in Turchia (Chris McGrath/Getty Images)
Turisti a Nevsehir, in Turchia (Chris McGrath/Getty Images)
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Ogni tanto a Milano succede che la città si fermi per ammirare tramonti bellissimi, che vengono fotografati e finiscono poi sui social network e nelle timeline di tutti gli abitanti della città. A volte succede in più città contemporaneamente, e a quel punto – quando il cielo assume un aspetto davvero insolito e suggestivo – se ne parla persino sui giornali, in un rito di ammirazione collettiva di cui non ci serve dare una spiegazione razionale: i tramonti sono belli, e ci basta questo.

Eppure a pensarci è difficile spiegare perché proprio i tramonti esercitino questa grande attrazione, senza ricorrere a motivazioni basate sulla loro presunta bellezza intrinseca. Una cosa che però non esiste: quella bellezza è evidentemente negli occhi delle persone che la riconoscono e la apprezzano, e che si fermano fino a tardi in spiaggia per vedere un tramonto sul mare, oppure sfruttano la cosiddetta golden hour per scattare foto da condividere su Instagram. I motivi per cui siamo attratti da questo specifico fenomeno atmosferico e non, per esempio, dal vento o da un cielo nuvoloso, hanno a che fare con il nostro senso estetico, con la nostra percezione e anche con decenni di riflessioni artistiche e culturali.

L’Arthur Ashe Stadium di New York al tramonto, fotografato nel 2014 (Getty Images)

Il tramonto ha stimolato la creatività di scrittori e scrittrici di tutte le epoche. Per dirne soltanto alcuni, hanno dedicato componimenti al tramonto Gabriele D’Annunzio, Pablo Neruda, Emily Dickinson, Giuseppe Ungaretti. A fine Ottocento, Jules Verne scrisse un libro intitolato Il raggio verde, la cui intera trama ruota intorno alla ricerca di questa fugace luce verde che dovrebbe comparire subito dopo che il sole è calato oltre l’orizzonte. Nel romanzo, la protagonista è convinta che chi guarda il raggio verde poi potrà trovare il vero amore, e perciò dice agli zii che vogliono costringerla a sposare un noioso scienziato che accetterà di sposarsi solo dopo aver visto questo particolare fenomeno atmosferico (che a certe condizioni accade davvero).

Peraltro nel 1986 il regista francese Éric Rohmer fece un film omonimo riprendendo l’idea di Verne, ma con protagonista una donna depressa che non sa come trascorrere le proprie vacanze estive ed è insoddisfatta della propria vita amorosa. Dopo varie vicissitudini, e dopo aver appreso la storia del raggio verde per come la racconta Verne, la donna conosce un uomo con cui finalmente si trova bene. Ma nel finale decide di chiedergli di andare a vedere il tramonto sul mare e aspettare il raggio verde, per avere la prova di aver trovato il vero amore della sua vita.

Sono solo alcuni esempi di come film, libri e poesie abbiano conferito al momento del tramonto un valore artistico e quasi metafisico, cosa che ha sicuramente contribuito a plasmare la percezione del senso comune nei confronti dell’atmosfera crepuscolare. Ma che da sola non basta a esaurire le ragioni per cui la consideriamo così attraente.

Tonino Griffero, docente di Estetica all’Università di Tor Vergata, spiega che l’effetto che la luce del tramonto ha su di noi si comprende meglio introducendo il concetto filosofico di atmosfera: «Chiamo atmosfera il fatto che io percepisca uno stato d’animo nell’ambiente attorno a me, che mi influenza, un sentimento che pervade lo spazio e noi». Nel caso del tramonto, il fatto che la luce si offuschi e gli oggetti assumano contorni sfumati e vaghi ci provoca un senso di rilassatezza e un’inclinazione alla contemplazione. Non è un caso se anche nei ristoranti la luce è di solito soffusa, o se ci piace cenare al lume di candela, che ci isola e rende tutto più vago (un aggettivo che secondo Leopardi era intrinsecamente poetico). Cenare sotto una luce da laboratorio ci sembrerebbe assurdo e straniante.

«Inoltre, il tramonto non è una cosa che vediamo e basta» continua Griffero. «Lo percepiamo anche con gli altri sensi: la frescura che aumenta, i rumori che cambiano con gli uccelli che smettono di cantare. Forse in certi luoghi persino gli odori cambiano. Ci sono molti aspetti che non sono legati solo alla vista, perché la vista è fatta di puro spettacolo esterno, mentre parlare di atmosfera in senso polisensoriale, cioè che coinvolga tutti i nostri sensi, si avvicina di più a quello che proviamo quando siamo di fronte a un tramonto».

Una chiesa ortodossa a Lakatamia, 30 ottobre 2020 (AP Photo/Petros Karadjias)

Griffero però aggiunge anche un elemento ulteriore che aiuta a inquadrare meglio la questione. È sicuramente molto tempo che siamo affascinati dai tramonti, ma è anche vero che il senso estetico non segue gli stessi criteri in tutti gli esseri umani di tutte le culture e tutte le epoche. Può cambiare, ed è probabile che nella prima età moderna, quando l’illuminazione artificiale non esisteva, i tramonti non fossero considerati poi così affascinanti. Al contrario, segnavano il momento in cui sarebbe arrivata l’oscurità, con tutti i pericoli e i disagi che comporta, e infatti per le persone che lavoravano la terra la giornata finiva proprio al tramonto.

Un esempio di come cambi il senso estetico delle persone è rappresentato dalle montagne. Oggi siamo molto attratti dai paesaggi aperti, le vette imponenti ci affascinano e l’alpinismo non è più una pratica elitaria come una volta. Nell’età moderna, invece, le persone attraversavano le montagne solamente per spostarsi da un luogo all’altro, spesso senza attrezzature adeguate, e il rischio di morire era altissimo. Perciò le montagne erano viste più che altro come un odioso ostacolo, qualcosa di spaventoso e terrificante. «Un nostro contemporaneo entusiasta della natura dei monti facilmente sorriderà con commiserazione per la cecità degli antenati che non si accorgevano del fascino delle Alpi, degli Appennini e dei Carpazi» scrisse lo storico polacco Antoni Maczak nel suo libro Viaggi e viaggiatori nell’Europa moderna.

Non è solo l’epoca in cui viviamo a contribuire alla formazione del nostro senso estetico. Ci sono anche componenti fisiologiche e psicologiche, legate al nostro stato psicofisico. Alcuni studi per esempio hanno rilevato che le persone che provano un sentimento di connessione con la natura e con le bellezze dei paesaggi – a differenza di quanto probabilmente accadeva nell’età moderna – hanno una più alta possibilità di sentirsi generosi e soddisfatti della propria vita, cosa che spiega in parte il perché siamo attratti dai tramonti.

Infine un altro pezzo della spiegazione coinvolge il modo in cui vediamo i colori. La cosiddetta “psicologia dei colori” non è affatto una scienza esatta, e sappiamo da tempo che ogni persona percepisce uno stesso colore in modo diverso e ne ricava emozioni e sensazioni differenti: anche in questo tema ha un peso rilevante la cultura e i valori che questa conferisce ai vari colori. Tuttavia è vero che, generalmente, tendiamo a preferire o a trovare armonici alcuni accostamenti di colori piuttosto che altri.

Uno studio dell’Università di Berkeley, per esempio, ha esaminato le preferenze di un campione di 24 uomini e 24 donne, rilevando che se i soggetti preferivano l’accostamento di due colori dalle sfumature simili, quando si trattava di accostare queste sfumature a uno sfondo preferivano invece un colore dalla tonalità molto contrastante, ovvero “complementari”. Questo spiegherebbe perché così tante persone trovano belli i colori del tramonto: il blu del cielo e l’arancione carico del sole, che tra loro sono per l’appunto complementari e contrastanti.

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