Una canzone di Barry Manilow

«Che pareva troppo persino a me»

(Amy Sussman/Getty Images)
(Amy Sussman/Getty Images)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Nel trailer nuovo della quarta stagione di Stranger Things hanno messo ancora Ella Fitzgerald che canta Dream a little dream of me, con cui non si sbaglia mai (è la versione con Louis Armstrong, direi). E che, magari non lo sapete, è una canzone del 1931 (l’ha appena ricantata pure Nicole Kidman): l’altra cover famosa è quella dei Mamas & Papas (qui la formidabile Mama Cass Elliott che la canta da sola).
Un bel vecchio pezzo di Stefano Vizio sul Post su Miles Davis, che morì trent’anni fa.
40 anni fa oggi invece uscì Physical di Olivia Newton John, che avevamo da poco lasciato in Grease, e il passaggio fu wow, per noi ragazzini pop. Andò fortissimo, comunque.
There’s nothing left to talk about
Unless it’s horizontally

Ah, e grazie a quelli che a Faenza sabato si sono ancora comprati Playlist e a quelli che si sono portati la propria vecchia logora copia per toccare il cuore dell’anziano e sentimentale autore.

Mandy
Barry Manilow

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Da giovane consideravo Mandy il mio più imbarazzante guilty pleasure: perché malgrado abbia sempre creduto nel fatto che le belle canzoni si trovino ovunque, e che in qualunque carriera ce ne siano almeno due, Barry Manilow pareva troppo persino a me. Poi sono invecchiato e ho perso quella presunzione giovanile ignorante (quella, altre temo meno) che pensa di saperla lunga su quelli che la sanno lunga dieci volte te. E ora sono ammirato persino da Barry Manilow.

Solo per chi non lo ha mai sentito nominare, ché in Italia non ha mai attecchito abbastanza all’infuori di qualche periodo lontano: Barry Manilow ora ha 78 anni (e si è fatto delle cose pesanti alla faccia), è di Brooklyn, negli Stati Uniti ha venduto quanto i Nirvana o i Bee Gees o Adele, più di Sinatra, ed è da decenni un’istituzione del pop “da adulti”, personaggio da grandi “residencies” a Las Vegas, spettacoli a Broadway, show televisivi, e un kitsch circense da molto prima che esistesse Céline Dion. Avevamo parlato di lui per via di questa canzone qui. Mentre questa, più aderente al personaggio, pure spopolò e l’aveva proprio scritta lui. Accanto a tutti questi successi, lui e le sue canzoni divennero anche per un altro mezzo mondo il modello più disprezzabile di musica da citare ad esempio. Con qualche ragione.

Epperò nel 1974 prese questa canzone del 1971 che si chiamava Brandy, cambiò il nome perché non fosse confusa con un’altra, e la fece diventare un successone, e il suo primo grande successone. Il suo autore e interprete originale disse poi che la versione di Manilow non gli piaceva, ma che coi diritti ci ha comprato delle case, quindi benissimo. E la canzone, malgrado tutta la sua svenevolezza teatrale, è splendida. Se per voi è troppo prendetevi la versione jazz dei Bad Plus.

(c’è una versione italiana di Patty Pravo, non male)

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