Una canzone di Pierangelo Bertoli

Quarant'anni prima di tutte le cose che andiamo dicendo in questo millennio

(ANSA/ARCHIVIO/PAT)
(ANSA/ARCHIVIO/PAT)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
La band dei Faith no more, di grande popolarità tra gli anni Ottanta e Novanta con un rock tosto e creativo, ha annullato il tour americano (il primo da cinque anni) per proteggere “la salute mentale” del suo leader Mike Patton (qui il suo annuncio), musicista di grandi versatilità (comprese le canzoni italiane) e culto anche fuori dalla band.
I War on drugs hanno pubblicato un secondo singolo dal disco che esce tra un mese e mezzo, sempre di gran chitarre. Intanto sono andati in tv, e vi potete godere l’assolo di Living proof, il primo singolo di cui abbiamo parlato due giorni fa.
Un secolo fa era nato Sergio Bruni, gran cantante di gran canzoni napoletane, e approfitto dell’anniversario rotondo per spacciarvi Torna a Surriento.
Uh, è uscita una canzone di Sting che potrebbe diventare – dopo accurata verifica e aspra competizione – la più insulsa canzone di Sting di sempre.
Oggi mi è capitato davanti uno spot promozionale di un’azienda: non di quelli destinati al pubblico, non una “pubblicità” di prodotti, ma quel genere che mostra successi e attività di un’azienda, a uso interno o autocelebrativo, dove si vedono macchinari e lavoratori, ma anche altro, e insomma si “esibisce” l’azienda, o l’istituzione, spesso con bielle che girano, camici, monitor lampeggianti e scintille di saldatori.
E per questo genere di video che musica cercano, tutti, immancabilmente, tra quelle gratis e che sembrano dire “andiamo fortissimo”? Quei loop di archi incalzanti tutti uguali da anni, che ormai quindi sembrano invece dire “siamo un po’ sfigati”. Bisognerebbe stabilire delle regole di arredo acustico, o fare dei corsi.

Eppure Soffia
Pierangelo Bertoli

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L’avevo citata di passaggio qualche giorno fa come uno dei più riusciti e precoci interventi ambientalisti della canzone italiana, quarant’anni prima di Greta e di tutte le cose che andiamo dicendo in questo millennio: cose che arrivano da lontano e anche da impegni assai meno mainstream degli anni Settanta. Compresa Eppure soffia, che ancora oggi – pur con qualche gravità lugubre di troppo nelle strofe – nel refrain sconfigge il rischio di imbarazzi stilistici che spesso avvolge alcune cose di impegno e militanza di quei tempi, e altri testi di Bertoli: Eppure soffia ha dei versi stupendi.

Eppure il vento soffia ancora
Spruzza l’acqua alle navi sulla prora
E sussurra canzoni tra le foglie
Bacia i fiori, li bacia e non li coglie

Ma anche un giro di chitarra riuscitissimo, insieme all’ingresso del basso e all’arpeggio subito dopo. Bertoli la scrisse con Alfonso Borghi e la pubblicò nel 1977, quando aveva 35 anni e doveva ancora diventare famoso (dopo ci furono A muso duro, anche quella con grandi bellezze – sulle rime Bertoli era forte – e autocompiaciute retoriche, e Pescatore che fece il botto). Bertoli, che era su una sedia a rotelle da quando era bambino, morì di un tumore a 59 anni, nel 2002.

Eppure sfiora le campagne
Accarezza sui fianchi le montagne
E scompiglia le donne fra i capelli
Corre a gara in volo con gli uccelli

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