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  • Venerdì 10 settembre 2021

La Cina contro le comunità di fan delle popstar

Stanno producendo i primi effetti le nuove regole decise per contenere un fenomeno capace di mobilitare grandi masse di giovani

Due fan dei BTS fanno una foto davanti a un poster del gruppo, a Pechino (ANSA/EPA/YONHAP)
Due fan dei BTS fanno una foto davanti a un poster del gruppo, a Pechino (ANSA/EPA/YONHAP)

Negli ultimi giorni il social network cinese Weibo, tra i più utilizzati nel paese, ha chiuso decine di account gestiti da gruppi di fan di popstar, accusati di aver assunto comportamenti “irrazionali” e che andrebbero “purificati”. Tra gli altri, la decisione di Weibo ha riguardato alcuni gruppi di fan della band di k-pop più popolare al mondo, i BTS, e rientra in una più vasta operazione del governo cinese contro la libertà di espressione su Internet.

Nei mesi scorsi un gruppo di fan cinesi di Park Ji-min, cantante dei BTS, aveva organizzato una raccolta fondi su Weibo in vista del suo compleanno, il prossimo 13 ottobre. Con i soldi raccolti, più di 2 milioni di yuan (più di 260mila euro), i fan avevano deciso di personalizzare la fusoliera di un aereo della compagnia sudcoreana Jeju Air con una gigantografia del cantante, accompagnata da scritte di affetto nei suoi confronti.

Weibo aveva deciso di sospendere l’account del gruppo per 60 giorni, sostenendo che la raccolta fondi fosse illegale. Poco dopo aveva sospeso altri 21 account legati a gruppi di fan di popstar, tra cui i sudcoreani Blackpink e i sino-sudcoreani EXO. Secondo Weibo questi gruppi avrebbero avuto “comportamenti irrazionali di idolatria delle popstar”.

La sospensione di questi gruppi arriva dopo che nei giorni scorsi l’amministrazione cinese che regolamenta radio, cinema e tv aveva invitato i media a non promuovere una cultura “immorale” tra i giovani e a non dare spazio alle “celebrità volgari di Internet”, ai “falsi idoli dei talent show” e a uomini “dall’aspetto effemminato”.

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Questo avviso era seguito a un altro delle settimane precedenti emesso dall’amministrazione cinese per il cyberspazio, che aveva chiesto ai siti Internet di “ripulire” quello che aveva definito il “caos” dei fan club delle celebrità, di vietare le attività che potessero chiedere ai minori di contribuire con denaro a raccolte fondi per i loro idoli e di non pubblicare classifiche delle celebrità basate sulla loro popolarità.

La scelta del governo cinese di imporre regole e divieti più stringenti ai fan delle popstar su Internet rientra in una politica più ampia adottata negli ultimi mesi dal presidente cinese Xi Jinping per limitare la libertà di espressione sui social network e contrastare lo sviluppo del settore privato in diversi campi, a partire da quello dell’intrattenimento e della tecnologia.

Alcune misure decise dal governo nei mesi scorsi avevano colpito duramente grandi aziende tecnologiche come Alibaba e Tencent, quest’ultima proprietaria di WeChat, la più popolare app di messaggistica della Cina, e comprendevano un intervento sul settore dei videogiochi: ai minorenni è stato imposto di non giocare online nei giorni feriali e di limitarsi a tre ore complessive nel weekend.

Secondi quanto detto al Financial Times da Yun Jiang, ricercatrice alla Australian National University, dietro all’intervento nei confronti dei fan delle popstar ci sarebbe il timore del governo cinese che la grande passione che muove i giovani fan dei gruppi di k-pop possa spingerli a organizzarsi e diventare in futuro una possibile minaccia per la stabilità politica nel paese. In altri paesi, le comunità di fan delle boy band asiatiche, in particolare dei BTS, si sono dimostrate estremamente efficaci nel perseguire alcuni obiettivi comuni tramite la mobilitazione online di grandi quantità di adolescenti, molto spesso per questioni legate ai diritti civili.

I BTS stessi sono noti per sostenere frequentemente cause sociali e per fare donazioni in beneficenza, e i loro fan cercano spesso di emularli. Nel 2020, per esempio, dopo che i BTS avevano donato un milione di dollari a diverse organizzazioni che si occupano di diritti degli afroamericani, tra cui “Black Lives Matter”, la stessa cifra era stata raccolta in un giorno dai fan della band.

Yun Jiang paragona quello che sta succedendo con i gruppi di fan delle popstar a quello successo al Falun Gong, un movimento religioso cinese reso illegale alla fine degli anni Novanta: «Perché hanno represso i culti come Falun Gong? Non era solo perché erano religiosi. Avrebbero potuto chiudere un occhio. Ma quando hanno iniziato a mobilitarsi, quando sono andati in Piazza Tienanmen, è stato allora che hanno iniziato davvero a reprimerli. […] Il governo vede nei fan delle popstar il potenziale per organizzarsi e mobilitarsi. E per il governo questo è causa di una grande preoccupazione».

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