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  • Lunedì 6 settembre 2021

Le violente proteste antiserbe in Montenegro

Contro l'insediamento di un nuovo vescovo, accusato di essere stato eletto per volere della Serbia in un ennesimo tentativo di ingerenza

(SAVO PRELEVIC /AFP/ANSA)
(SAVO PRELEVIC /AFP/ANSA)

Domenica in Montenegro diverse centinaia di persone hanno protestato violentemente contro l’insediamento del metropolita Joanikije II, il nuovo vescovo a capo della più grande diocesi della chiesa ortodossa del paese. Le proteste rientrano in una più ampia diatriba sulla chiesa montenegrina, che fa parte della chiesa ortodossa serba nonostante il Montenegro abbia ottenuto l’indipendenza dalla Serbia nel 2006. In occasione della cerimonia di insediamento di Joanikije II, a cui ha partecipato anche il patriarca della chiesa ortodossa serba Porfirije, i manifestanti si sono scontrati con la polizia chiedendo l’indipendenza della chiesa locale.

La diocesi al centro delle proteste è la metropolìa del Montenegro e del Litorale, una delle quattro suddivisioni della chiesa ortodossa montenegrina. Joanikije II era stato eletto metropolita lo scorso maggio, ma non si era ancora insediato nel monastero di Cettigne, una piccola città dove ha sede la metropolìa e che in passato era stata capitale del Regno di Montenegro. È il primo metropolita a essere eletto da quando il Montenegro è indipendente: il suo predecessore, Amfilohije, morto nell’ottobre del 2020, era stato quando Serbia e Montenegro erano uno stato unico.

A eleggere Joanikije II è stato il sinodo della chiesa ortodossa serba, composto da 2 vescovi serbi, 2 bosniaci e dal patriarca Porfirije. Proprio la composizione in maggioranza serba del sinodo è una delle critiche rivolte a Joanikije II dai manifestanti, che ritengono che l’elezione non si sia svolta correttamente e che sia stata manipolata dalla Serbia, in un ennesimo atto di ingerenza negli affari della chiesa locale.

La dipendenza della chiesa montenegrina da quella serba risale al 1918, quando il Regno del Montenegro si unì a Serbia, Croazia e Slovenia. In quell’occasione la chiesa ortodossa montenegrina, fino ad allora indipendente, venne unita a quella serba. Nel 1993, dopo la dissoluzione della Jugoslavia e l’unione di Montenegro e Serbia in unico stato federale, venne fondata una nuova chiesa ortodossa montenegrina indipendente da quella serba, che ritiene di essere direttamente discendente da quella dissolta nel 1918 e che rivendica la propria sovranità sui beni immobili ecclesiastici nel paese. Nel 1999 la chiesa venne riconosciuta dal governo del Montenegro come comunità religiosa, ma non dalle altre chiese ortodosse, che invece hanno continuato a ritenere quella serba l’unica chiesa ortodossa del Montenegro.

Una barricata allestita dai manifestanti (SAVO PRELEVIC / AFP)

Una barricata allestita dai manifestanti (SAVO PRELEVIC / AFP)

Già sabato alcune persone avevano allestito delle barricate lungo la strada che porta dalla capitale Podgorica a Cettigne, per impedire l’arrivo in auto di Joanikije II e di Porfirije, che alla fine hanno dovuto viaggiare in elicottero per raggiungere il monastero. Domenica le proteste sono diventate particolarmente violente e ci sono stati scontri con la polizia, colpita da bottiglie incendiarie e sassi lanciati dai manifestanti.

La polizia ha risposto a sua volta con gas lacrimogeni per disperdere la folla. In tutto, secondo fonti dell’ospedale di Cettigne, ci sono stati 60 feriti, di cui 30 poliziotti. Le proteste sono state incoraggiate dal presidente del Montenegro Milo Djukanovic, capo del Partito democratico dei socialisti (DPS), che da tempo chiede l’indipendenza della chiesa montenegrina da quella serba.

Da sinistra, il metropolita Joanikije II e il patriarca Porfirije (AP Photo/Risto Bozovic)

Da sinistra, il metropolita Joanikije II e il patriarca Porfirije (AP Photo/Risto Bozovic)

L’indipendenza della chiesa del Montenegro e in generale i rapporti con la Serbia sono da anni tra i principali motivi di scontro politico nel paese, anche perché circa un terzo dei 630mila abitanti del Montenegro è di etnia serba.

Nel dicembre del 2019 il governo dell’ex primo ministro Duško Marković, del DPS, aveva approvato una legge che prevedeva che le comunità religiose dovessero dimostrare di essere legittimamente in possesso dei propri beni immobili da prima del 1918. In caso contrario lo stato avrebbe potuto appropriarsene. La decisione era stata molto contestata dalla chiesa ortodossa serba e dai partiti conservatori, che ne avevano fatto uno degli argomenti principali della campagna elettorale per le elezioni parlamentari dell’agosto 2020.

Anche grazie all’appoggio della chiesa ortodossa serba, una coalizione di partiti conservatori filo-serbi e di centrodestra aveva vinto le elezioni, e per la prima volta in trent’anni il Partito Democratico dei Socialisti (DPS) non era stato incluso nella maggioranza di governo.

Come primo ministro era stato eletto Zdravko Krivokapic, un professore universitario senza esperienza politica che aveva deciso di candidarsi dopo aver fondato una ong a sostegno della Chiesa ortodossa serba in Montenegro, per contestare la legge sulle proprietà ecclesiastiche. Krivokapic ha condannato duramente le proteste di domenica a Cettigne, paragonandole a “azioni terroristiche”.

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