Le città dei videogiochi stanno cambiando

In particolare nei giochi in cui bisogna accumulare risorse e costruire insediamenti, che per adattarsi ai tempi stanno adottando nuove dinamiche

(Airborne Kingdom)
(Airborne Kingdom)

C’è tutta una sottocategoria di videogiochi in cui l’obiettivo è costruire e gestire una città accumulando risorse e prendendo decisioni di vario genere. Storicamente, questi videogiochi – i più famosi dei quali sono quelli della serie SimCity – hanno spesso avuto come obiettivo la maggiore crescita possibile, quasi sempre da ottenersi con l’accumulo massimo di risorse e la costruzione di edifici e infrastrutture di ogni tipo. Da qualche anno sembra però che anche questo tipo di videogiochi si sia dovuto adattare ai tempi, visto che molti stanno presentando premesse e dinamiche di gioco di tutt’altro tipo, per certi versi più etiche.

Queste nuove dinamiche sono di certo in parte dovute alla necessità di presentare sempre qualcosa di nuovo e per quanto possibile originale. Ma, come ha scritto la versione inglese di Wired, sono anche frutto di una sorta di «crisi di coscienza dei loro sviluppatori», che stanno a loro modo facendo i conti con la necessità di raccontare nuovi modelli di città e, più in generale, proporre nuove forme di crescita diverse dalla costante costruzione di qualcosa di nuovo.

Gli antenati testuali dei videogiochi in cui bisogna gestire e costruire una città arrivarono già negli anni Sessanta ed è del 1978 Santa Paravia and Fiumaccio, uno dei primi giochi di questo tipo, ambientato nell’Italia rinascimentale. Il primo SimCity, che inaugurò una lunga e fortunata serie, arrivò nel 1989.

Ma è soprattutto tra gli anni Novanta e gli anni Duemila che i giochi di costruzione e gestione di città, isole, villaggi o comunità hanno avuto grande diffusione. Da quelli più tecnici a quelli più frivoli (per esempio quelli della serie Tropico, in cui si gioca nei panni di un dittatore caraibico), da quelli con città più o meno contemporanee a quelli con città ambientate nel passato o anche nel futuro (o nello Spazio, come in Surviving Mars), da quelli in cui si è una sorta di sindaco fino a quelli in cui si assomiglia più a una divinità. In genere questi giochi funzionano con un giocatore che, dal suo schermo, guarda dall’alto la città le cui sorti dipendono da lui, e spesso tra loro si somigliano molto, almeno per quanto riguarda i principali obiettivi di crescita e successo.

Secondo Wired, negli ultimi anni c’è stata però «una nuova ondata di giochi che hanno reinventato il genere e si sono allontanati dalla formula costruisci-produci-cresci sancita ormai più di trent’anni fa dal primo SimCity.

Uno dei più evidenti esempi di questo nuovo filone – che può esistere anche perché nel frattempo è evidentemente migliorata la tecnologia a disposizione di chi li crea – è Terra Nil, un videogioco (non ancora uscito) che è stato presentato come un gioco di costruzione al contrario, in cui anziché costruire una città si deve ridare vita a una terra ormai arida. In un altro, Frostpunk (di cui già si sa che avrà un seguito), lo scopo è sopravvivere in un mondo glaciale, gestendo le scarse risorse disponibili.

– Leggi anche: I vent’anni di The Sims

Wired cita poi anche Airborne Kingdom – un gioco che era stato inizialmente pensato come simulatore gestionale di un albergo ma che ha poi preso tutt’altra strada ed è diventato «un videogioco su una metropoli volante che prova a riunire una comunità globale in frantumi» – e Ixion, un gioco previsto per il 2022, che ruoterà attorno a «una città spaziale circolare costruita da una società che per certi versi ricorda SpaceX, per salvare l’umanità da un pianeta esausto».

C’è poi il caso ancora più estremo, per la sua originalità e per i suoi significati simbolici, di The Wandering Village, che fa parte di un sottogenere di giochi (spesso piccoli e indipendenti) in cui le città da dover gestire sono città che si spostano nello spazio, e che secondo Wired sono «fantasie nomadi che uniscono la consapevolezza su quello che potrebbe essere il futuro alle visioni utopiche o satiriche di architetti e futuristi del ventesimo secolo».

In The Wandering Village – che ancora deve uscire – i giocatori dovranno gestire un insediamento “umano” che ha sede sul dorso di una gigantesca creatura, nota come Onbu, che si sposta libera in un mondo contaminato da misteriose spore tossiche. Perché l’insediamento possa svilupparsi e prosperare, è però necessario che i giocatori gli facciano sviluppare una relazione simbiotica con la creatura, perché se muore la creatura, muoiono anche gli abitanti dell’insediamento.