Cosa dice sull’Europa il rapporto sul clima dell’ONU

Col progressivo aumento delle temperature cresceranno anche l'intensità e la frequenza di alluvioni e incendi, ma non solo

Un uomo guarda i danni provocati dalle alluvioni che a metà luglio hanno interessato diversi paesi dell’Europa centrale a Pepister, in Belgio (AP Photo/ Virginia Mayo, File)
Un uomo guarda i danni provocati dalle alluvioni che a metà luglio hanno interessato diversi paesi dell’Europa centrale a Pepister, in Belgio (AP Photo/ Virginia Mayo, File)

Secondo il nuovo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) dell’ONU, il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, l’aumento delle temperature medie globali previsto per i prossimi anni avrà pesanti conseguenze in tutto il mondo, ma diverse a seconda della regione. In Europa ci si dovrà aspettare una maggiore intensità e frequenza di eventi meteorologici estremi come alluvioni, incendi e ondate di grande caldo, con enormi danni sia per la popolazione che per l’agricoltura e l’ambiente. Per altre regioni, invece, le previsioni sono ancora più allarmanti.

Il rapporto dell’IPCC spiega che i cambiamenti climatici che negli ultimi decenni hanno provocato con frequenza sempre maggiore fenomeni meteorologici disastrosi sono «senza precedenti» e «inequivocabilmente» dovuti alle attività umane, che hanno provocato un aumento medio delle temperature globali di 1,1°C rispetto al periodo precedente alla rivoluzione industriale. In Europa, in particolare, gli scienziati stimano che le temperature medie continueranno ad aumentare più velocemente rispetto alla media globale, e che per questo motivo aumenteranno anche la frequenza e l’intensità delle ondate di grande caldo, come peraltro è già stato osservato negli ultimi decenni.

Con l’aumento delle temperature, nei paesi europei che si affacciano sul mar Mediterraneo diventeranno sempre più frequenti incendi come quelli che nelle ultime settimane hanno interessato Grecia, Turchia e diverse regioni italiane, e secondo gli scienziati è possibile che la loro frequenza aumenterà anche nei paesi dell’Est Europa. Se le temperature dovessero aumentare di 2°C rispetto al periodo pre-industriale, i periodi di siccità saranno più frequenti in tutti i paesi europei, con il probabile inaridimento di ampie aree coltivate. In ogni caso, le città tenderanno a essere colpite da ondate di grande caldo più spesso rispetto alle aree rurali, sia nel nostro continente che in altre parti del mondo.

Allo stesso tempo, secondo gli scienziati dell’IPCC, in Europa saranno sempre più comuni anche eventi meteorologici estremi come quelli che a metà luglio hanno provocato la morte di almeno 200 persone in Belgio e in Germania: se le temperature medie globali dovessero aumentare di più di 1,5°C rispetto al periodo pre-industriale –considerata una soglia di riferimento per evitare danni catastrofici –, cresceranno infatti la frequenza e l’intensità di piogge torrenziali e alluvioni, in particolare nel nord Europa e nell’Europa centrale.

Un’altra conseguenza dell’aumento delle temperature è che in Europa le giornate molto fredde saranno sempre meno, e questo accelererà i processi di scioglimento dei ghiacciai e del permafrost, la parte del suolo che nelle regioni fredde rimane perennemente ghiacciata. Tra le altre cose, gli scienziati hanno osservato che negli ultimi cinquant’anni l’Artico si è riscaldato al doppio della velocità rispetto alla media globale, e secondo il rapporto dell’IPCC è «virtualmente sicuro» che nella stessa regione le temperature aumenteranno più rapidamente anche nel prossimo secolo.

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Secondo le analisi degli scienziati è inevitabile che il pianeta continuerà a riscaldarsi, ma l’aumento della temperatura dipenderà dalla quantità di emissioni inquinanti che verranno rilasciate nell’atmosfera nei prossimi decenni, e dall’efficacia delle politiche introdotte a livello globale per ridurle. Nel rapporto si aggiunge che non è ancora troppo tardi per impedire che nei prossimi decenni le temperature medie globali aumentino di più di 1,5°C rispetto al periodo pre-industriale, ma si sottolinea che alcuni cambiamenti che sono già in corso da tempo saranno irreversibili per centinaia o migliaia di anni.

Uno di questi è l’innalzamento del livello dei mari, un processo che continuerà a interessare la maggior parte delle coste europee e che porterà sempre più allagamenti sulle zone costiere, facendo a poco a poco rimpicciolire le spiagge distribuite sulle migliaia di chilometri di coste dei vari paesi europei.

Indipendentemente dagli sforzi messi in atto a livello globale oggi, insomma, l’aumento delle temperature accelererà fenomeni che si sono già avviati, e che possono essere rallentati soltanto con uno sforzo «immediato e su larga scala» da parte dei paesi di tutto il mondo.

Se le conseguenze del riscaldamento globale per l’Europa potrebbero essere disastrose, comunque, diversi paesi dell’area del Pacifico potrebbero del tutto scomparire.

Secondo il rapporto, non si può escludere che entro la fine del secolo il livello dei mari aumenterà fino a 2 metri, con conseguenze catastrofiche per i paesi che si trovano pochi metri sopra il livello del mare, come diversi arcipelaghi dell’area del Pacifico, tra cui Kiribati, Vanuatu, Fiji o le Isole Salomone. A causa dell’innalzamento dei livelli dei mari, nei prossimi decenni intere isole o ampie porzioni delle isole di questi arcipelaghi potranno finire sommerse o comunque essere inabitabili.

Come ha detto a BBC Mohamed Nasheed, ex presidente dell’arcipelago delle Maldive, nell’Oceano Indiano, gli abitanti dei paesi particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici «rischiano le loro vite per l’inquinamento emesso da qualcun altro». Come evidenzia anche un recente rapporto di Greenpeace, anche la regione del Pacifico è una di quelle che rischia di subire danni devastanti a causa dei cambiamenti climatici, pur contribuendo soltanto allo 0,23 per cento delle emissioni inquinanti a livello globale.