I pericoli della ruggine non sono solo quelli che sapete

Non c'è soltanto il tetano, ma anche l’ossigeno che consuma durante il suo processo di formazione, causando a volte incidenti gravi

ruggine
Scatole di fusibili e altri dispositivi arrugginiti nel rifugio antiaereo sotterraneo della stazione Clapham South, a Londra (Chris Ratcliffe/Getty Images)
Caricamento player

La mattina del 23 settembre 2007 la nave di soccorso britannica Viking Islay si trovava nei pressi della costa dello Yorkshire, nel Mare del Nord, per operazioni di supporto a un impianto di estrazione di gas naturale. Due membri dell’equipaggio, marinai esperti, comunicarono di essere pronti a sistemare la catena dell’ancora di dritta, che non veniva utilizzata spesso e causava un fastidioso rumore sferragliante – anche di notte – dovuto alle sue oscillazioni nel foro attraverso cui passava fino alla stiva. Uno dei marinai sarebbe sceso nel piccolo spazio a pozzo (gavone) destinato allo stivaggio della catena avvolta e l’avrebbe fissata.

Dopo aver rimosso il portello di apertura, il marinaio che si calò per primo nel gavone collassò dopo pochi istanti. Lanciato l’allarme, il secondo marinaio entrò subito per soccorrere il collega e perse anche lui conoscenza. Un terzo membro dell’equipaggio, accorso all’apertura del gavone, vide i due marinai sul fondo privi di sensi: indossò un autorespiratore di emergenza che però si sganciò dalla sacca, probabilmente nel passaggio attraverso lo stretto portello.

Tutti e tre i marinai morirono quel giorno per asfissia causata dalla carenza di ossigeno all’interno del gavone, rimasto chiuso per mesi. A consumare l’ossigeno – come in seguito appurato dalla sezione investigativa sugli incidenti marittimi del governo britannico – contribuì una sostanza generalmente più nota per i suoi effetti corrosivi: la ruggine.

– Leggi anche: La lotta contro il “cancro del calcestruzzo”

La formazione della ruggine è un processo abbastanza conosciuto e comune. È una sostanza rossastra che si sviluppa sui materiali ferrosi esposti all’aria, soprattutto quella umida, e a contatto con l’acqua, e che li corrode lentamente. L’elemento chimico necessario in questo processo, che porta alla conversione del ferro in ossido di ferro, è l’ossigeno. Evitare l’ossidazione è fondamentale, per esempio, nel caso delle strutture in cemento armato, dato che la corrosione del materiale porterebbe a una progressiva riduzione della sua resistenza meccanica.

La presenza di acqua – in particolare quella salata – fa da catalizzatrice nel processo, accelerando e favorendo la reazione tra il ferro e l’ossigeno. L’acqua riesce infatti a farsi strada in crepe e minuscoli fori microscopici nei metalli ferrosi, favorendo in presenza di ossigeno la formazione della ruggine. Per questa ragione la ruggine è un grosso problema sulle navi, dove il metallo è costantemente esposto all’acqua salata. Per evitarne o limitarne l’azione distruttiva, si ricorre a vari rivestimenti e sistemi di protezione del metallo, tra cui la copertura con speciali vernici, la zincatura e la cromatura.

ruggine nave

Addetti al lavoro sui resti arrugginiti di un traghetto, in un cantiere navale a Perama, in Grecia, lunedì 5 novembre 2018 (AP Photo/Thanassis Stavrakis)

Dato che la formazione della ruggine è un processo non reversibile, molti degli interventi di manutenzione ordinari hanno come obiettivo quello di grattare via la ruggine presente in superficie e i vecchi strati di vernice, per ricoprire nuovamente il ferro con un nuovo rivestimento di protezione. Ed è questo – la fase degli interventi in spazi chiusi e ristretti – uno dei momenti in cui la ruggine, prima ancora di provocare danni strutturali, può diventare molto pericolosa per gli esseri umani, fa notare Sam Westreich, ricercatore californiano specializzato in bioinformatica.

Quando la ruggine si forma sottrae progressivamente ossigeno dall’aria, e quando questo avviene in ambienti chiusi e non ventilati l’aria diventa irrespirabile a causa della mancanza della percentuale minima di ossigeno indispensabile per non morire di asfissia. La formazione di ruggine non è l’unico processo in grado di ridurre la quantità di ossigeno nell’aria: alterazioni asfittiche possono verificarsi anche per accumulo di acidi o di altri gas nell’ambiente.

Gli enti che si occupano degli standard di sicurezza nei posti di lavoro, come l’Occupational Safety and Health Administration (OSHA) negli Stati Uniti, hanno stabilito nel tempo una serie di regole espressamente pensate per impedire ai lavoratori di esporsi ad ambienti pericolosi. Ciononostante capita ancora che i lavoratori entrino – di loro iniziativa o incoraggiati a farlo – in serbatoi di stoccaggio o altri spazi chiusi senza essere informati del pericolo né adeguatamente attrezzati. In un video diventato recentemente virale su TikTok un lavoratore ha parlato di come il suo capo abbia incoraggiato i lavoratori a ignorare le precauzioni di sicurezza per entrare in spazi chiusi e pieni di ruggine.

– Leggi anche: Cosa dicono i dati degli incidenti sul lavoro

Il guaio con l’ossigeno, spiega Westreich, è che il corpo umano non ne rileva una mancanza: rileva soltanto il livello di anidride carbonica. Le persone entrano quindi in questi spazi chiusi e non si rendono conto del pericolo finché non svengono. «Non è come nei film, che soffochi dimenandoti: semplicemente scivoli nel sonno eterno». Uno degli errori più comuni e umanamente comprensibili in questi casi – e che aggravò l’incidente sulla Viking Islay – è cercare di prestare tempestivamente soccorso alle persone seguendole senza precauzioni negli stessi spazi in cui sono svenute. «Anche se trattieni il respiro, non ti accorgerai della mancanza di ossigeno finché non sarai svenuto», scrive Westreich. Tutte le attrezzature di sicurezza per emergenze di questo tipo includono generalmente una fonte di ossigeno supplementare.

Il rapporto sull’incidente a bordo della Viking Islay stabilì che la ruggine naturalmente presente all’interno del gavone della catena dell’ancora fu la causa della carenza di ossigeno nell’aria, che non veniva ricambiata da 18 mesi. L’ossigeno era presente in una percentuale stimata del 4,4 per cento, sufficiente a «causare il collasso istantaneo di qualsiasi persona» (una percentuale al di sotto del 7 per cento è sufficiente a causare asfissia). Per la maggior parte del tempo le ancore rimanevano peraltro inutilizzate, e i tubi di sfiato del gavone erano abitualmente sigillati con schiuma espandibile per impedire che all’interno dello spazio penetrasse acqua. Questo aveva limitato ulteriormente le possibilità di ricambio dell’aria all’interno del gavone.

gavone ancora

Il portello di accesso al gavone dell’ancora sulla Viking Islay (MAIB/gov.uk)

L’equipaggio non valutò correttamente queste condizioni e non prese in considerazione la necessità, per quel genere di intervento, di mettere in atto le procedure di sicurezza relative all’accesso in spazi chiusi. Le attrezzature a bordo della nave furono inoltre ritenute inadatte a garantire quel tipo di accesso in sicurezza. In quei 18 mesi in cui la ruggine aveva lentamente e costantemente esaurito l’ossigeno nell’aria, altri marinai erano occasionalmente entrati nel gavone per fissare la catena ma ci erano riusciti rimanendo all’inizio della scala e lo avevano fatto in momenti in cui la percentuale di ossigeno non era ancora scesa al livello in cui si trovava a settembre 2007.

Descrivendo un altro pericolo, più conosciuto, Westreich chiarisce poi un equivoco noto riguardo alla relazione tra la ruggine e il tetano. Molti ricordano di aver ricevuto una vaccinazione antitetanica – o comunque di aver valutato se farla oppure no – dopo essersi accidentalmente feriti con un chiodo o un altro oggetto arrugginito. Ma nonostante una diffusa tendenza ad associare questa malattia alla ruggine, scrive Westreich, questo è un tipico caso in cui «la correlazione non indica necessariamente la causalità».

tubi ruggine

Vecchi tubi arrugginiti messi da parte durante lavori pubblici a Oakland, in California, il 22 aprile 2021 (Justin Sullivan/Getty Images)

Il batterio che causa la malattia chiamata tetano, Clostridium tetani, è spesso presente nell’intestino di molti animali erbivori e contamina il suolo attraverso le feci di quegli animali. Quando ci si taglia e si viene a contatto con le tossine prodotte dal batterio, si può contrarre la malattia. In generale, il batterio del tetano è spesso presente in terreni con un alto livello di materia organica, il che di solito significa anche terreni relativamente umidi. E il tipo di ambiente umido in cui possono prosperare i batteri – non soltanto quello che causa il tetano – è anche lo stesso in cui è possibile che si trovi ferro arrugginito. Il rischio di esposizione al batterio del tetano, in altre parole, è alto non perché il ferro sia arrugginito ma perché l’ambiente che causa la ruggine è lo stesso in cui è probabile che si trovi il batterio.

L’implicazione di questo discorso – e la ragione per cui è sempre il caso di valutare la necessità di una vaccinazione contro il tetano – è che, se l’oggetto che provoca un taglio o una ferita è privo di ruggine, questo non significa essere necessariamente al sicuro dal tetano, il cui batterio può essere presente in determinati ambienti a prescindere dall’eventuale compresenza di ferro arrugginito.