I dati della settimana su coronavirus e vaccinazioni in Italia

I nuovi contagi sono aumentati molto, con un’incidenza piuttosto alta in dieci province italiane

Nell’ultima settimana i nuovi casi di coronavirus non sono raddoppiati, come era successo nei sette giorni precedenti, ma c’è stata comunque una crescita significativa: sono stati 33.088, il 54 per cento in più rispetto alla settimana tra il 15 e il 21 luglio. Nei sette giorni precedenti la crescita era stata del 112 per cento.

Sono aumentati anche i nuovi ingressi in terapia intensiva, ma la percentuale dei posti letto occupati da malati di COVID-19 sul totale dei posti disponibili è rimasta contenuta in tutte le regioni. Sono leggermente cresciuti anche i decessi rispetto ai sette giorni precedenti. Per capire l’andamento di questo indicatore, utile anche per valutare gli effetti della campagna vaccinale, sarà importante monitorare i dati che arriveranno nei prossimi sette giorni.

La nuova crescita dei contagi in Italia, simile a quella registrata in molti altri paesi europei, è dovuta principalmente alla variante delta del coronavirus, più contagiosa rispetto alle prime versioni perché ha la capacità di replicarsi più velocemente nell’organismo. Un gruppo di ricercatori in Cina ha studiato le caratteristiche di questa variante, che grazie a una maggiore presenza del virus nelle cellule dell’apparato respiratorio rende più probabili le circostanze in cui una sola persona (“superdiffusore”) ne infetti molte altre, a loro volta contagiose più velocemente rispetto a quanto fosse stato osservato con altre varianti del virus.

Gli effetti sono piuttosto evidenti nell’andamento dei casi, in crescita nelle ultime quattro settimane. L’aumento della prevalenza della variante delta è abbastanza recente, ma secondo le ultime ricerche i vaccini autorizzati hanno confermato la loro efficacia contro le forme gravi di COVID-19 anche nel caso di infezione da variante delta, a patto di avere completato il ciclo vaccinale. L’efficacia generale del vaccino contro questa variante è lievemente più bassa rispetto a quella riscontrata con altre versioni del virus, ma comunque buona.

Nell’ultima settimana ci sono stati 96 morti per COVID-19, il 29,7 per cento in più rispetto ai sette giorni precedenti. È bene segnalare che rispetto al totale dei decessi comunicato dalla Protezione civile sono stati esclusi 9 decessi notificati dalla Calabria, ma risalenti ai mesi precedenti. In otto regioni non ci sono stati morti: Basilicata, Marche, Molise, Piemonte, Umbria, Valle d’Aosta e nelle province autonome di Trento e Bolzano.

Anche nell’ultima settimana, come era successo tra il 15 e il 21 luglio, è cresciuto il numero dei tamponi eseguiti: ne sono stati fatti 1,4 milioni, mentre nei sette giorni precedenti erano stati 1,3 milioni. Ci sono state anche 40mila persone in più testate per la prima volta: 358mila contro le 318mila dei sette giorni precedenti.

Come si nota da questo grafico, la curva del tasso di positività dei tamponi molecolari è cresciuta e lo stesso è avvenuto per il tasso di positività dei tamponi antigenici rapidi, anche se quest’ultimo indicatore è sempre rimasto su valori bassi.

L’aumento generale dei contagi si riflette anche sulla situazione epidemiologica delle regioni, dove si nota una crescita significativa dell’incidenza settimanale per 100mila abitanti. Nell’ultima settimana sono state otto le regioni che hanno superato la soglia di 50 casi settimanali ogni 100mila abitanti: Sardegna, Toscana, Lazio, Veneto, Umbria, Emilia-Romagna e Sicilia.

Negli ultimi sette giorni sono state invece dieci le province che hanno superato la soglia di 100 casi settimanali ogni 100mila abitanti: Ragusa, Caltanissetta e Agrigento in Sicilia, Cagliari e Sud Sardegna in Sardegna, Roma nel Lazio, Firenze e Lucca in Toscana, Rimini in Emilia-Romagna e Verona nel Veneto.

Giovedì 22 luglio il governo ha cambiato i criteri per stabilire i colori delle regioni, e quindi le misure restrittive: nelle regioni che superano la soglia di 50 casi ogni 100mila abitanti si passerà dalla zona bianca alla zona gialla quando si supererà il 10% dei posti letto occupati da malati di COVID-19 nei reparti di terapia intensiva, e il 15% dei posti nei reparti ordinari. Il passaggio da zona gialla ad arancione sarà deciso quando si supera il 20% in terapia intensiva e il 30% nei reparti ordinari. Da zona arancione a rossa oltre il 30% e il 40%.

Al momento in nessuna regione è stata superata la percentuale del 5 per cento dei posti letto occupati da malati di COVID-19 in terapia intensiva sul totale dei posti disponibili.

Questo grafico mostra l’andamento dei nuovi ingressi in terapia intensiva da metà dicembre, quando la Protezione civile ha iniziato a pubblicare il dato. Nell’ultima settimana i nuovi ingressi sono leggermente aumentati: sono stati 96, mentre nei sette giorni precedenti erano stati 72.

Al momento in Italia 36,9 milioni di persone hanno ricevuto almeno la prima dose del vaccino contro il coronavirus, e di queste 31,3 milioni sono completamente vaccinate: tra loro 1,3 milioni hanno ricevuto il vaccino monodose di Johnson & Johnson e a 914mila è stata somministrata una sola dose in quanto già contagiate negli ultimi sei mesi. Il 62,4 per cento della popolazione quindi ha ricevuto almeno una dose e il 53 per cento ha completato il ciclo vaccinale.

Dopo il rallentamento della campagna vaccinale, con la somministrazione di molte prime dosi in meno rispetto al mese di giugno, nell’ultima settimana sono riprese le vaccinazioni di quasi tutte le fasce d’età anche se l’aumento è ancora contenuto.

La mappa mostra la percentuale di persone vaccinate in Italia: all’interno di ogni regione si trova la percentuale di persone che hanno ricevuto almeno una dose, mentre il colore indica la percentuale di chi ha completato il ciclo vaccinale.

In questo grafico si può osservare l’andamento delle somministrazioni nei vari stati del mondo.