Perché Angelo Del Boca è stato importante

È morto a 96 anni lo storico che per primo documentò le brutalità e i crimini del colonialismo italiano in Africa

Martedì è morto a 96 anni lo storico e giornalista Angelo Del Boca, noto per essere il primo studioso ad essersi occupato in maniera sistematica della storia del colonialismo italiano, facendone emergere gli aspetti più violenti – come i crimini di guerra commessi durante le campagne in Africa – fino ad allora poco noti e raccontati, e sfatando il mito che lo considerava in qualche modo diverso e più “umano” rispetto a quello degli altri paesi europei.

Del Boca era nato nel 1925 a Novara e in gioventù fu costretto ad arruolarsi nella Repubblica fascista di Salò, per far sì che suo padre, allora in prigione, venisse rilasciato. Nel 1944, rientrato dall’addestramento in Germania e destinato alla divisione alpina Monterosa, disertò e si unì alla Resistenza. In quegli anni tenne un diario che sarebbe poi stato pubblicato nel 2015 con il titolo Nella notte ci guidano le stelle, curato dallo storico Mimmo Franzinelli. Nel dopoguerra si iscrisse al PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria) e cominciò la sua attività di giornalista, prima in un settimanale socialista del novarese e poi nella Gazzetta del Popolo e nel Giorno.

Con l’ascesa al potere di Bettino Craxi, Del Boca abbandonò l’impegno politico e si concentrò sulla ricerca storica, avviata già dagli anni Sessanta. Di recente aveva raccontato di aver scelto di occuparsi di storia coloniale per via della mancanza di ricostruzioni storiche adeguate in questo campo: «In quel periodo mi sono accorto che mancava una storia del colonialismo italiano, così decisi di colmare questa lacuna scrivendo io stesso». Nei suoi libri, Del Boca ricostruì il passato colonialista dell’Italia partendo dall’Ottocento e dal contingente italiano presente in Cina, passando per le atrocità commesse in Libia dal governo liberale di Giolitti e da quello fascista di Mussolini.

Ma la scoperta che fece più scalpore nel mondo accademico, il quale dimostrò una certa diffidenza nei confronti del lavoro di Del Boca, fu quella relativa ai crimini commessi durante la campagna in Etiopia del 1935. Del Boca trovò e divulgò i telegrammi che Mussolini inviò ai comandanti militari Graziani e Badoglio, in cui veniva autorizzato l’uso di armi chimiche – già allora messe al bando dalla Convenzione di Ginevra – come l’iprite, il fosgene e l’arsina, gas tossici responsabili di dolorose ustioni e soffocamento. Mussolini, scrisse Del Boca, per conquistare l’Etiopia «pensava perfino di ricorrere alla guerra batteriologica, anche se sapeva perfettamente che nessuno al mondo l’aveva mai praticata».

Del Boca è riconosciuto trasversalmente come il primo studioso a fornire un racconto storico documentato e accurato di ciò che fecero gli italiani nelle loro campagne coloniali, un racconto diverso da quello che si era stabilito non solo in ambito accademico, ma soprattutto sui giornali, in particolare sul Corriere della Sera dove Indro Montanelli – che partecipò all’occupazione dell’Etiopia come ufficiale, arruolato volontario – scriveva che quello italiano era stato «un colonialismo mite e bonario, portato avanti grazie all’azione di un esercito cavalleresco, incapace di compiere brutalità».

– Leggi anche: Breve storia del colonialismo italiano