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  • Giovedì 17 giugno 2021

C’è il rischio di una carestia in Corea del Nord?

Con un appello inusuale, il dittatore Kim Jong-un ha detto che il governo si deve concentrare sulla produzione di beni alimentari perché la situazione è «tesa»

(Agenzia di stampa nazionale della Corea del Nord/ Korea News Service via AP)
(Agenzia di stampa nazionale della Corea del Nord/ Korea News Service via AP)
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Martedì il dittatore nordcoreano Kim Jong-un ha fatto un appello insolito e preoccupante al Comitato centrale, l’organo più importante del Partito dei Lavoratori di cui è segretario: avere come priorità principale quella di risolvere il problema della scarsità di cibo nel paese provocata dalla scarsa produzione agricola e dal blocco delle importazioni a causa della pandemia da coronavirus. Anche se Kim Jong-un non ha fatto esplicito riferimento a una possibile carestia, in passato discorsi simili erano stati pronunciati soltanto prima di grosse crisi, e secondo osservatori e analisti alcuni elementi indicherebbero che la situazione possa essere davvero grave.

Si sa da tempo che l’economia nordcoreana è messa piuttosto male, ma è molto insolito che Kim Jong-un citi così apertamente e formalmente la scarsità di cibo, soprattutto perché fino a pochi mesi fa non aveva mai ammesso pubblicamente errori e debolezze, presentandosi invece come una sorta di semidivinità infallibile, come i suoi predecessori.

Parlando al Comitato, Kim Jong-un avrebbe detto che la situazione alimentare «sta diventando tesa» a causa delle pesanti alluvioni che hanno colpito il paese negli ultimi mesi e che hanno impedito al settore agricolo di raggiungere gli obiettivi di produzione. Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa di stato KCNA, nel discorso di martedì al Comitato centrale Kim Jong-un ha detto che adesso «è essenziale che tutto il Partito e lo stato si concentrino sull’agricoltura».

I commenti di martedì sono stati osservati con attenzione anche perché soltanto due mesi fa Kim Jong-un aveva ordinato al Partito di intraprendere una «marcia faticosa» per alleviare la crisi economica del paese, paragonandola alla grave carestia che aveva colpito la Corea del Nord all’inizio degli anni Novanta e provocato la morte di centinaia di migliaia di persone.

Tra le altre cose, Kim Jong-un ha attribuito parte del problema alimentare anche alle sanzioni internazionali da parte dei paesi esteri e alla pandemia da coronavirus. Per quanto sia del tutto improbabile, in Corea del Nord le autorità sostengono di non aver mai riscontrato nessun caso di COVID-19. Tuttavia per evitare la diffusione dei contagi il regime ha deciso di chiudere i propri confini e quindi di rinunciare di fatto allo scambio di beni con la Cina, l’unica grande economia che mantiene buoni rapporti con la Corea del Nord. La chiusura dei confini nell’ultimo anno non ha bloccato soltanto le importazioni di cibo, ma anche quelle di carburante e fertilizzanti essenziali per l’agricoltura, esacerbando i problemi.

Per via del grande isolamento e della grande segretezza che circondano il regime nordcoreano, non si hanno notizie certe per capire se sul paese stia per abbattersi un’imminente carestia. Tuttavia alcuni analisti di mercato sudcoreani hanno notato che nelle ultime settimane il prezzo del riso in Corea del Nord si è alzato notevolmente, e altri hanno scritto che un chilo di banane costerebbe addirittura l’equivalente di 37 euro (per fare un confronto, solitamente in Italia si trovano a 1-2,5 euro al chilo).

Secondo le analisi del centro studi sudcoreano Korea Development Institute, a causa della scarsa produzione quest’anno alla Corea del Nord potrebbero mancare 1,35 milioni di tonnellate di grano duro rispetto all’anno scorso. L’analista Kwon Tae-jin ha detto al New York Times che attualmente la produzione è così bassa che il paese non può sostenersi da solo, e nel suo rapporto del 14 giugno anche la FAO – l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura – ha avvertito che se il paese non farà ricorso a importazioni o aiuti stranieri la popolazione potrebbe andare incontro a «un duro periodo di magra tra agosto e ottobre».

Altre notizie arrivano dal sito giapponese Asia Press International, che si occupa di documentare ciò che succede in Corea del Nord grazie a collaboratori che lavorano nel paese in maniera clandestina. Jiro Ishimaru, il caporedattore, ha detto sempre al New York Times che stanno iniziando a scarseggiare diversi beni essenziali, tra cui le medicine. Anche se è difficile verificare le fonti in maniera affidabile, secondo alcuni collaboratori di Asia Press International le persone avrebbero iniziato a vendere i mobili di casa per potersi permettere il cibo e in certe parti del paese ci sarebbero diversi bambini che vivono per strada e rovistano tra i rifiuti alla ricerca di qualcosa da mangiare.

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Secondo diversi osservatori il discorso di Kim Jong-un di martedì è un segno che le politiche economiche avviate in Corea del Nord non stanno funzionando.

Salito al potere nel 2011 dopo la morte del padre Kim Jong-il, Kim Jong-un aveva promesso di fare in modo che i nordcoreani «non dovessero mai più stringere la cinghia». Negli anni però la Corea del Nord è stata punita con diverse sanzioni internazionali come conseguenza dei suoi continui test missilistici e del suo programma nucleare, e la crisi si è aggravata soprattutto nel 2020 a causa della pandemia, dopo che Kim Jong-un ha dato l’ordine di rifiutare qualsiasi aiuto internazionale per il timore della diffusione del coronavirus nel paese.

Lo scorso ottobre il dittatore si era scusato con i nordcoreani per non essere riuscito a migliorare le loro condizioni di vita, e a dicembre aveva ammesso che il piano quinquennale previsto per rilanciare l’economia aveva mancato i suoi obiettivi in quasi tutti i settori. Più di recente ha promesso di aggirare il problema delle sanzioni costruendo un’economia autosufficiente che dipenda di meno dal commercio con altri paesi, ma martedì ha citato «una serie di imprevisti» che hanno ostacolato gli obiettivi del governo, tra cui appunto gli sforzi per evitare la diffusione del coronavirus.