Se fossimo davvero prudenti

Paolo Giordano spiega sul Corriere le ragioni delle "riaperture" e le uniche condizioni perché non abbiano gli sviluppi dell'anno scorso

(ANSA/MATTEO BAZZI)
(ANSA/MATTEO BAZZI)

Paolo Giordano, romanziere, fisico, collaboratore assiduo del Corriere della Sera, ha accompagnato quest’anno di pandemia con una serie di articoli sempre lucidi, preparati, attenti, su quello che stava succedendo, l’analisi dei dati, le prospettive. Domenica 25 aprile ne ha dedicato uno – sempre sul Corriere – alle cosiddette “riaperture” decise dal governo a partire da lunedì, alle loro implicazioni, rischi, ragioni: ne ha insomma spiegato bene la natura e i pericoli, e la necessità che le persone siano “davvero prudenti”.

Allora proviamoci a «ragionare» su questo rischio, sebbene non sia facile. Ci proviamo a partire dai numeri, come sempre, e dal confronto con il passato recente, pur consapevoli che rispetto a certe situazioni che abbiamo attraversato, ci sono adesso ancora più forze in campo, forze di segno contrario, pro e contro che competono rendendo il raffronto difficile. Scegliamo due momenti diversi. Nella settimana del 18 maggio 2020, al termine del lockdown duro, avevamo meno di mille nuovi contagi al giorno, e un totale di 66mila positivi. Vero è che la capacità di testing era molto inferiore a oggi e che si trattava quasi sicuramente di sottostime, ma tali erano gli ordini di grandezza. Qualche mese dopo, il 6 novembre, il giorno del dpcm che inaugurava l’Italia nelle fasce di colore e in cui ci avvicinavamo al picco di contagi della seconda ondata, i nuovi positivi erano quasi quarantamila, e si aggiungevano a una base di circa mezzo milione.

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