Per il Recovery Fund ci siamo quasi

Il testo del piano da consegnare all'Unione Europea è stato trasmesso alle Camere, dove lunedì e martedì sarà presentato da Mario Draghi

(ANSA/FILIPPO ATTILI UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI)
(ANSA/FILIPPO ATTILI UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI)

Il governo italiano ha trasmesso al parlamento il testo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), cioè il documento con cui spiega come intende spendere i finanziamenti che arriveranno dall’Unione Europea tramite il Next Generation EU, chiamato anche Recovery Fund, il principale strumento comunitario per bilanciare la crisi economica provocata dalla pandemia da coronavirus. Lunedì 26 e martedì 27 aprile il testo sarà presentato prima alla Camera e poi al Senato dal presidente del Consiglio Mario Draghi.

Il testo è stato discusso durante un Consiglio dei ministri che si è tenuto nella tarda serata di sabato (diverse ore dopo l’orario per cui era stato previsto) e al termine del quale il governo aveva pubblicato un comunicato che non parlava di approvazione del PNRR ma diceva solo che Daniele Franco, ministro dell’Economia, aveva «svolto una informativa» sul PNRR. I giornali di questa mattina avevano scritto però che durante il Consiglio dei ministri il PNRR era stato informalmente approvato.

Per provare a spiegare le cause del rinvio di dodici ore del Consiglio dei ministri, dalle 10 di mattina alle 10 di sera, i giornali hanno parlato di una “trattativa” sul PNRR tra Draghi e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, in modo da risolvere alcuni punti che dovrebbero rendere una formalità l’approvazione del piano da parte della Commissione Europea. La trattativa è stata descritta dal Corriere della Sera come «estenuante, ruvida, segnata dalla diffidenza degli uffici tecnici di Bruxelles», e si sarebbe conclusa grazie a una serie di garanzie che Draghi avrebbe offerto «in prima persona».

Anche secondo Repubblica «la lunga e serrata interlocuzione con Bruxelles è andata a buon fine» e dopo il Consiglio dei ministri della tarda serata di sabato ci sarebbe stato un «via libera finale dei partecipanti». Sempre Repubblica ha scritto che «subito dopo» la discussione in Senato ci sarà un nuovo Consiglio dei ministri in merito, in cui il piano verrà approvato ufficialmente. Il Sole 24 Ore ha parlato, citando fonti di governo sentite prima del Consiglio dei ministri, di un piano che «nel suo complesso è chiuso». Nessuno dei giornali, comunque, riporta informazioni precise sul contenuto della trattativa: sembra che la Commissione Europea avesse dei dubbi sulla genericità di alcune proposte, come ad esempio la riforma del fisco, ma al momento non ci sono dettagli più precisi.

Il piano era in elaborazione da diverse settimane. Nei giorni scorsi se ne era parlato soprattutto in relazione ad alcune voci, riprese da Reuters, secondo cui il governo Draghi non sarebbe riuscito a presentarlo prima della scadenza – comunque non vincolante – fissata dalla Commissione Europea per il 30 aprile.

Dopo la consegna, la Commissione si prenderà circa due mesi per la valutazione, poi tutto passerà al Consiglio dell’UE, l’organo dove siedono i rappresentanti dei 27 governi nazionali, che si prenderà un altro mese. Se tutto dovesse andare secondo i piani, dunque, l’approvazione a livello europeo arriverebbe alla fine di luglio, e i fondi a seguire, anche se non tutti assieme: all’inizio i paesi potranno ottenere prefinanziamenti del valore del 13 per cento dell’importo complessivo. Per l’Italia si parla quindi di circa 24 miliardi.

L’erogazione dei fondi è scaglionata nel tempo anche perché l’Unione Europea vuole controllare che siano usati in maniera appropriata: ogni sei mesi ci sarà un esame degli obiettivi intermedi dei progetti, dal quale dovrebbe dipendere l’erogazione delle successive tranche (anche se con tutta probabilità sulle decisioni contribuiranno anche fattori politici, oltre a quelli tecnici).

Il piano non contiene i progetti finanziati, ma solo le voci di spesa da destinare a ciascun settore. In tutto prevede finanziamenti per 221,1 miliardi di euro, di cui 191,5 miliardi dal Recovery Fund (fra sussidi e prestiti a basso tasso d’interesse) e 30,6 miliardi di risorse interne, da impiegare entro il 2026. In termini percentuali, il 27 per cento dei fondi dovrebbero essere dedicati alla digitalizzazione, il 40 per cento circa agli investimenti per il contrasto al cambiamento climatico e oltre il 10 per cento alla coesione sociale.

Il governo stima che alla fine dei cinque anni l’impatto del Recovery Fund sarà un’espansione del sistema economico italiano pari al 3,6 per cento del PIL. I finanziamenti sono divisi in sei voci di spesa, a loro volta divise in capitoli che contengono maggiori dettagli sui progetti, le date entro cui verranno realizzati e chi se ne occuperà.

– Leggi anche: Come il governo Draghi ha scritto il PNRR

Dei circa 750 miliardi di euro del Next Generation EU, all’Italia spettano 191,5 miliardi di euro, come aveva anticipato il ministro dell’Economia Daniele Franco in una recente audizione alle Commissioni congiunte di Affari costituzionali e Lavoro di Camera e Senato. È un po’ meno rispetto a quanto previsto a dicembre del 2020, quando il governo italiano parlò di 196,5 miliardi. Secondo Franco, i miliardi mancanti dipendono dal fatto che l’attribuzione delle risorse avviene sulla base del reddito nazionale lordo: e siccome quello dell’Italia è calato nel 2020 più della media degli altri, è calata anche la quantità di risorse attribuite.

La voce più ampia del piano riguarda la “rivoluzione verde e transizione ecologica”, a cui il PNRR destina in tutto 68,6 miliardi di euro: seguono la voce “digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura” (49,2 miliardi), “istruzione e ricerca” (31,9 miliardi), “infrastrutture per una mobilità sostenibile” (31,4 miliardi), “inclusione e coesione” (22,4 miliardi ) e “salute” (18,5).