I dati della settimana sul coronavirus in Italia

Continua il calo dei contagi, ma in molte regioni le terapie intensive sono ancora sotto pressione

Negli ultimi sette giorni è continuato il calo dei nuovi casi di coronavirus: la flessione è stata più lenta rispetto all’aumento di febbraio e la crescita dei decessi sembra essersi fermata, anche se le terapie intensive degli ospedali continuano ad essere sotto pressione.

Sembra raggiunto il picco dei contagi e dei ricoverati in terapia intensiva, ma nei prossimi giorni sarà importante capire se il calo sarà consistente. Non è semplice interpretare la situazione epidemiologica: la variante inglese, più contagiosa, è ormai molto diffusa, ma finora il suo impatto è stato contenuto dalle aree rosse e dalla campagna vaccinale che ha fatto progressi dopo la temporanea interruzione dovuta al caso AstraZeneca.

Nell’ultima settimana, dal 26 marzo al primo giorno di aprile, sono stati trovati 142.692 nuovi casi, il 3,1 per cento in meno rispetto ai sette giorni precedenti. Come si può vedere dal grafico, il numero dei nuovi contagi è tornato a calare dopo la netta ripresa dell’epidemia avvenuta tra metà febbraio e inizio marzo.

Secondo una nuova indagine dell’Istituto superiore di sanità aggiornata al 18 marzo, la variante inglese è la più diffusa in Italia, scoperta nell’86,7 per cento di tutti i casi di coronavirus. Un mese prima, a metà febbraio, era stata trovata nel 54 per cento dei tamponi. Questo è un dato importante per capire l’andamento dell’epidemia, perché secondo gli studi della Fondazione Bruno Kessler la variante inglese ha una trasmissibilità del 37 per cento in più rispetto alla prima versione del virus. Non è un caso che questa variante sia molto diffusa nelle regioni che hanno avuto una netta crescita in questa terza ondata dell’epidemia: Lombardia, Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia.

La diffusione della variante inglese è anche il principale motivo che ha convinto il governo a non riaprire ristoranti e luoghi della cultura, come era stato annunciato qualche settimana fa. «I nostri scienziati ritengono che con queste varianti le zone gialle non siano in grado di piegare la curva», ha spiegato il ministro della Salute Roberto Speranza.

Nell’ultima settimana sono stati notificati 3.048 decessi, il 3,5 per cento in più rispetto ai sette giorni precedenti. L’andamento dei decessi segue quello dei contagi e dei ricoverati, ma in ritardo di almeno due settimane. Si attendono i primi risultati della campagna vaccinale, anche se al momento gli effetti non sono evidenti. Solo quando sarà vaccinata la maggior parte delle persone con più di 80 anni, la fascia d’età più a rischio, si potrà valutare la protezione e l’eventuale diminuzione di casi gravi e dei morti.

L’Istituto superiore di sanità ha pubblicato un aggiornamento sulle caratteristiche dei pazienti deceduti a causa della COVID-19. L’età media è 81 anni: il picco è stato toccato a luglio 2020 con un’età media di 85 anni e dopo il calo graduale fino a dicembre c’è stata una netta diminuzione dalla seconda metà di febbraio 2021. L’insufficienza respiratoria è stata la complicanza più riportata nel campione di deceduti per cui sono state analizzate le cartelle cliniche (93,6%), seguita da danno renale acuto (24,5%), sovrainfezione (19,8%) e infarto (10,7%).

Nell’ultima settimana la regione con la più alta incidenza di morti sulla popolazione è stata il Friuli Venezia Giulia, con 10,1 morti ogni 100mila abitanti. È una conferma rispetto all’ultimo monitoraggio, anche se il dato non è più in crescita come nelle ultime settimane.

L’incidenza è stata piuttosto alta anche in Emilia-Romagna, 8 decessi ogni 100mila abitanti negli ultimi sette giorni, e in Lombardia con 6,7 decessi ogni 100mila abitanti. La Sardegna, non più in zona bianca, continua ad avere un numero contenuto di decessi: 1,2 ogni 100mila abitanti.

Nell’ultima settimana la provincia con la maggiore incidenza di casi è stata Prato, in Toscana, con 383 nuovi positivi ogni 100mila abitanti. In questa provincia l’aumento dei casi è stato notevole, dai 14.906 del 15 marzo ai 17.495 del primo giorno di aprile.

Negli ultimi giorni l’Azienda sanitaria Toscana Centro ha svolto un’analisi approfondita per risalire all’origine dei contagi: dai primi risultati sembra che la trasmissione del virus sia cresciuta nei luoghi di lavoro. «La densità produttiva è effettivamente sovrapponibile ai numeri delle positività al coronavirus», ha spiegato Renzo Berti, direttore del dipartimento di Prevenzione dell’ASL Toscana Centro. L’azienda sanitaria ha annunciato controlli straordinari nelle aziende per verificare il rispetto delle misure di prevenzione.

Come si può vedere dalla mappa, rispetto alle ultime settimane in quasi tutte le province italiane non prevale più il rosso acceso, segnale di un’incidenza molto alta. La situazione sembra essere tornata sotto la soglia di allerta anche in Emilia-Romagna, una delle regioni col più rapido aumento dei casi a febbraio, e tra le prime a introdurre nuove misure restrittive.

Gli effetti delle misure restrittive si vedono anche nel grafico sotto, che mostra la differenza di incidenza regionale rispetto all’ultimo monitoraggio. Si nota un deciso calo in Friuli Venezia Giulia e in Emilia-Romagna; anche in Piemonte l’incidenza è diminuita, del 5,1 per cento.

In Sardegna e in Valle d’Aosta, invece, l’incidenza è cresciuta. Secondo Salvatore Bongiorno, che coordina gli operatori del contact tracing e del monitoraggio per l’Usl della Valle d’Aosta, nelle ultime settimane sono aumentati i contagi in ambito familiare e nella cerchia di amici. «Le visite in casa, i festini, i pranzi e le cene sono in assoluto le situazioni in cui il virus si diffonde di più», ha detto Bongiorno.

In questo grafico viene mostrato l’andamento del numero assoluto di casi in tutte le regioni italiane. Si nota un calo in Lombardia, in Emilia-Romagna, in Piemonte e in Veneto. Campania e Lazio sono in una fase di stabilità, mentre c’è una crescita in Puglia. Dopo le notizie degli ultimi giorni, è bene guardare con un certo scetticismo l’andamento della Sicilia, al centro di un caso giudiziario proprio per la trasmissione dei dati all’Istituto superiore di sanità.

Il peggioramento in Valle d’Aosta è evidente anche nel grafico con l’incidenza dei casi settimanali ogni 100mila abitanti e con la variazione percentuale rispetto ai sette giorni precedenti. Il Piemonte e soprattutto la Puglia sono le regioni da monitorare nei prossimi giorni. Il Molise sembra essere la regione ad avere contenuto meglio la terza ondata: è anche una delle regioni dove la campagna vaccinale prosegue a ritmi più rapidi.

Al momento sono 14 le regioni che superano la soglia del 30 per cento dei posti letto in terapia intensiva occupati da malati di COVID-19 sul totale dei posti disponibili. Il tasso più alto è in Lombardia, al 60,7 per cento, e in Piemonte, dove il 59,9% dei posti disponibili nelle rianimazioni è occupato da malati Covid-19.

La situazione è critica soprattutto negli ospedali di Torino: nell’ultima settimana ci sono state molte segnalazioni di pronto soccorso in grande difficoltà. Al Maria Vittoria di Torino sono finiti i posti letto e i malati sono stati lasciati in attesa nei corridoi e negli spazi che portano alle scale di servizio. Molti pazienti sono stati trasferiti in ambulanza in altri ospedali.

In questo grafico si può osservare l’andamento settimanale dei nuovi ingressi in terapia intensiva. Dopo un calo registrato nell’ultimo monitoraggio, i nuovi ingressi sono tornati ad aumentare in Lombardia: 382 negli ultimi sette giorni. Dopo le difficoltà della prima e della seconda ondata, la Regione Lombardia ha annunciato lo stanziamento di 224 milioni di euro per il potenziamento dei posti letto delle terapie intensive e sub intensive e per l’adeguamento di strutture ospedaliere e pronto soccorso.

Il tasso di positività dei tamponi sembrava invece avviato verso un netto calo, ma si è mantenuto stabile: è uno dei segnali che mostrano la resistenza del virus.

Nell’ultima settimana il numero di tamponi eseguiti è leggermente calato: 2 milioni 241 mila contro i 2 milioni 287 mila dei sette giorni precedenti.

Al momento in Italia sono state somministrate 7,2 milioni di prime dosi del vaccino contro il coronavirus e 3,2 milioni di persone hanno ricevuto la seconda dose. Dopo la temporanea interruzione dovuta al caso AstraZeneca, i ritmi di somministrazione sono aumentati in tutta Italia. Il 31 marzo è stato toccato il record di somministrazioni in un solo giorno: 285.917.

Il commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo ha detto di voler superare le 300mila somministrazioni al giorno nel più breve tempo possibile. Gli obiettivi – arrivare a 500mila vaccini al giorno dalla terza settimana di aprile e di vaccinare l’80% della popolazione entro fine settembre – sono ambiziosi e molto dipenderà dalle consegne nelle prossime settimane.

Questa mappa mostra la somministrazione nelle regioni italiane. Il Molise è la regione che sta vaccinando più persone in rapporto alla popolazione: il 7,1 per cento degli abitanti ha ricevuto la seconda dose del vaccino. La percentuale di popolazione protetta è alta anche nella provincia autonoma di Bolzano e in Piemonte, al 7 per cento. In ultima posizione c’è la Calabria, con 4,8 per cento di persone vaccinate.

La regione che sta vaccinando più velocemente le persone con più di 80 anni è la Basilicata, dove il 79,8 per cento degli anziani ha ricevuto almeno la prima dose. Dopo le polemiche degli ultimi giorni, in Toscana c’è stata un’accelerata delle somministrazioni alle persone anziane, che è passata dal 33,6% di una settimana fa all’attuale 46,1%.

Questo grafico mostra l’andamento giornaliero di somministrazioni, regione per regione, con la divisione per fornitore. Cliccando sul filtro si possono selezionare tutte le regioni italiane. I ritmi sono aumentati in Veneto, Molise, Liguria e Basilicata.

Senza nuove consegne, però, le regioni non riusciranno a mantenere gli stessi ritmi a lungo anche perché una parte delle dosi deve essere custodita per garantire la somministrazione dei richiami. Per questo negli ultimi giorni molti presidenti di regione hanno annunciato la possibile sospensione della campagna vaccinale, se non ci saranno nuove consegne.

Nell’ultima settimana sono state consegnate 1 milione di dosi Pfizer, 500 mila di Moderna, mentre oggi sono attese 1 milione 300 mila dosi del vaccino AstraZeneca. «A brevissimo avremo un’alta disponibilità di vaccini. Daremo fiato alle trombe», ha detto il commissario straordinario Figliuolo.