Il “sì” o il “no” che Facebook e Google non vogliono dire

È quello che risponde alla domanda se abbiano avuto in parte un ruolo nell'attacco al Congresso, posta loro da un deputato statunitense

I tre amministratori delegati di Twitter, Google e Facebook, da sinistra: Jack Dorsey, Sundar Pichai e Mark Zuckerberg (AP Photo/Jose Luis Magana)
(AP Photo/LM Otero, File)
(AP Photo/Jens Meyer)
I tre amministratori delegati di Twitter, Google e Facebook, da sinistra: Jack Dorsey, Sundar Pichai e Mark Zuckerberg (AP Photo/Jose Luis Magana) (AP Photo/LM Otero, File) (AP Photo/Jens Meyer)

Giovedì i tre CEO di Facebook, Google e Twitter sono stati interrogati da alcuni deputati della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti sulla possibilità che le loro piattaforme abbiano avuto delle responsabilità negli attacchi al Congresso del 6 gennaio scorso. Ai tre amministratori delegati, Mark Zuckerberg di Facebook, Sundar Pichai di Google e Jack Dorsey di Twitter, un deputato Democratico ha chiesto di rispondere soltanto con «un sì o un no» alla domanda:

Le vostre piattaforme hanno avuto delle responsabilità nel diffondere la disinformazione – in relazione alle elezioni e al movimento “Stop the Steal” – che ha portato all’attacco al Congresso? Sì o no.

Dei tre, soltanto Dorsey ha risposto come richiesto, pur fornendo una spiegazione accessoria:

Sì, ma bisogna prendere in considerazione anche un ecosistema più ampio. La questione non riguarda solo le piattaforme tecnologiche che sono state usate.

Zuckerberg e Pichai invece hanno tergiversato, evitando di rispondere con un sì o un no, e cercando di contestualizzare e di discolparsi: ma il deputato Democratico Mike Doyle, che aveva fatto la domanda, li ha bruscamente interrotti spiegando di non essere interessato a risposte simili. Nei pochi secondi avuti a disposizione, Zuckerberg ha detto che la responsabilità delle piattaforme è di costruire un sistema efficace per combattere la disinformazione. Più tardi ha aggiunto che la responsabilità è di chi ha partecipato all’assalto e diffuso disinformazione. Pichai ha detto che Google sente sempre un forte senso di responsabilità, e che per queste elezioni ha fatto un grande sforzo, nel controllare e limitare le notizie false. Poi ha detto che «è una domanda complessa», troppo per poter rispondere solo sì o no.

L’interrogazione è durata in tutto oltre 5 ore. Oltre alle domande che riguardavano l’attacco al Congresso, ai tre è stato chiesto anche se le loro piattaforme abbiano aiutato a diffondere disinformazione sulla COVID-19 e sui vaccini contro il coronavirus, se in alcuni casi abbiano fomentato il razzismo e se danneggino la salute mentale dei bambini.

In generale, Zuckerberg, Pichai e Dorsey hanno detto di avere delle politiche precise su quali contenuti debbano essere rimossi dalle loro piattaforme, e che ogni caso viene giudicato secondo i loro regolamenti. In un lungo thread su Twitter, Dorsey ha illustrato la sua posizione, ribadendo tra le altre cose che «in ultima analisi stiamo gestendo un’azienda, e un’azienda vuole aumentare i suoi clienti. Applicare i termini di utilizzo è una decisione di business».