Sul lago d’Iseo ci si prepara per un’onda anomala

Una enorme frana in movimento verso l'acqua ha attivato precauzioni inedite e grossi disagi, in attesa che l'allerta rientri

di Isaia Invernizzi e Valentina Lovato

La frana che incombe sul cementificio di Tavernola (Foto di Valentina Lovato)
La frana che incombe sul cementificio di Tavernola (Foto di Valentina Lovato)

Quando a Tavernola è suonata la sirena di allarme, domenica 7 marzo alle 11:15, i duemila abitanti del comune hanno memorizzato il suo suono acuto e persistente: è il segnale che verrà azionato se la frana del monte Saresano si muoverà verso il lago d’Iseo, dove la caduta di milioni di metri cubi di roccia potrebbe provocare un’onda anomala. È stata solo una prova, ma da quel giorno chi abita a ridosso di via Roma, la strada affacciata sul lago, attende con una certa ansia che l’emergenza rientri. Al momento, però, nessuno può prevedere quando succederà.

In realtà il problema non coinvolge solo Tavernola: è molto più esteso e soprattutto inedito per le province di Bergamo e Brescia, in Lombardia. Un’allerta tsunami non è esattamente una cosa comune, in un’area a oltre 150 chilometri in linea d’aria dal mare più vicino. Eppure tutti i paesi di fronte a Tavernola, anche a Montisola e sulla sponda bresciana del lago, hanno dovuto aggiornare i piani di emergenza e avvertire la popolazione del sorprendente pericolo. Molte strade sono state chiuse, la Protezione civile si è preparata ad accogliere centinaia di persone che dovranno evacuare le loro case in caso di allarme, e il comune di Parzanica, a otto chilometri di distanza da Tavernola, è quasi isolato.

Geologi e ingegneri idraulici sono al lavoro per capire come si sta muovendo questo enorme ammasso di roccia – 2,1 milioni di metri cubi su una superficie di 100mila metri quadrati, con un’estensione dai 370 ai 630 metri di altitudine – che dal 23 febbraio ha iniziato a scivolare giù dal pendio della montagna. Nei primi giorni lo spostamento è stato relativamente rapido, nel suo campionato: oltre i 10 millimetri al giorno. Ora invece la frana ha rallentato, anche se non si è ancora fermata.

Tavernola si trova sulla sponda occidentale del lago di Iseo, in provincia di Bergamo, a dieci minuti in auto da Sarnico, una delle località più conosciute della zona. Sulla strada principale, con una splendida vista sul lago e su Montisola, ci sono il municipio, la scuola elementare, la biblioteca e due dei quattro ristoranti del paese.

Ogni mattina, l’aria calda che sale da Sud – qui la chiamano l’aria del lago – fa alzare la temperatura di un paio di gradi, anche in inverno. Dal tardo pomeriggio, invece, l’aria dei monti porta il fresco, apprezzato dai turisti soprattutto nei mesi estivi. Tavernola sarebbe un paese da cartolina, ma il profilo del borgo è spezzato dall’enorme cementeria che dal 1902 estrae materiale dalla montagna per produrre cemento. L’hanno probabilmente notata le milioni di persone che nell’estate del 2016 passeggiarono su Floating Piers, la passerella galleggiante realizzata sul lago dall’artista Christo.

La cementeria Italsacci (Foto di Valentina Lovato)

La cementeria si chiama Italsacci ed è proprietà di Italcementi, che nel 2016 è stata acquisita dal gruppo internazionale HeidelbergCement. Nello 2018, gli abitanti di Tavernola hanno votato in un referendum consultivo per chiedere la «riconversione o dismissione verso altre attività a ridotto impatto ambientale e paesaggistico». Da oltre un secolo è parte integrante di Tavernola e si trova proprio sotto la frana del monte Saresano. Per questo l’attività della Italsacci è ferma e nella cementeria lavorano solo pochi addetti che monitorano i sensori disseminati su tutto il versante della montagna. I primi erano stati installati trent’anni fa: anche la frana, come l’attività mineraria, c’è sempre stata.

La crepa lungo la strada provinciale 78, chiusa (Foto di Valentina Lovato)

Più ancora dei dati, sono le crepe nelle strade a mostrare inequivocabili che la montagna si muove. Da fine febbraio, su quella che collega Vigolo a Parzanica, due comuni sulle colline sopra Tavernola, si sono aperte lunghe fratture nell’asfalto. Sono larghe una ventina di centimetri, profonde circa mezzo metro e segnano il punto più alto della frana, un’area talmente vasta e nascosta da alberi che non è semplice immaginarla in movimento. Camminando lungo la carreggiata sembra di perdere l’equilibrio, perché la strada pende verso il lago e non è sicura. È stata chiusa, così come la litoranea che costeggia la cementeria, dove transitano quotidianamente circa tremila pendolari, e come un’altra via di collegamento con Parzanica.

La bretella che porta a Parzanica, chiusa (Foto di Valentina Lovato)

Tre volte al giorno un addetto del comune di Tavernola percorre la strada a piedi e con un metro misura attentamente tutti i punti segnati in giallo dai geologi. Poi prende un foglio e appunta la larghezza delle fratture. Il confronto con le misurazioni precedenti – questione di millimetri – mostra il movimento della frana. In paese, accanto a un ristorante che si affaccia sul lago, è stato installato anche un sofisticato georadar per scansionare tutta la montagna e inviare i dati in tempo reale ai centri di controllo.

Già da anni la cementeria aveva fissato soglie di allerta, per attivare una segnalazione in seguito a movimenti anomali. «La soglia di pre-allarme corrisponde a un movimento di 7 millimetri al giorno, quella di allarme di 13 millimetri: tra il 23 e il 24 febbraio è stata superata la soglia di allarme ed è scattato il piano di emergenza», spiega Romeo Lazzaroni, consigliere comunale con delega al Territorio.

In rosso e arancione, il movimento della frana rilevato dai sensori (relazione tecnica del comune di Tavernola)

Nel giro di poche ore si è capito che la situazione era più grave e potenzialmente pericolosa rispetto alle frane avvenute in passato, tra l’inizio degli anni Settanta e la fine degli anni Ottanta. A Tavernola sono arrivati il prefetto di Bergamo Enrico Ricci, i tecnici della provincia e della regione, e sono iniziate le rilevazioni per studiare i possibili scenari. Una squadra di esperti dell’università Bicocca, guidata dal professor Giovanni Crosta, ne ha individuati tre.

Il primo scenario è il più critico e prevede la caduta di tutto il materiale ora in movimento, cioè 2,1 milioni di metri cubi su una superficie di 100mila metri quadrati e con uno spessore medio di 21,4 metri. Lo scenario intermedio indica un movimento di 1,5 milioni di metri cubi di roccia. Il terzo, dalle conseguenze più contenute, coinvolge 440mila metri cubi di pietre.

Sergio Santambrogio è il geologo incaricato di monitorare la frana. È stato assunto dai comuni di Tavernola, Vigolo e Parzanica, e conosce molto bene tutta l’area. Ha trascorso gli ultimi giorni sul campo, lungo le strade dove si sono aperte le fratture e nel suo studio dove analizza i dati nel più breve tempo possibile. Santambrogio spiega che la montagna è formata da rocce calcareo marnose, tipiche della produzione di cemento, e che hanno una formazione prevalentemente di calcare di Domaro, diffuso in tutte le Prealpi. «Nel caso del monte Saresano il problema è stato causato da strati ripiegati su loro stessi. Ce ne sono alcuni che possono essersi “scollati”. Il peso degli strati sovrastanti ha fatto il resto» spiega Santambrogio.

Lo strumento puntato sulla frana che ne monitora costantemente lo stato (Foto di Valentina Lovato)

Al contrario delle rilevazioni eseguite negli ultimi anni, quando i sensori avevano segnalato soltanto movimenti di una parte della frana, stavolta il fronte si muove tutto insieme. È l’anomalia più evidente rispetto al passato e potrebbe avere effetti significativi anche sul lago, quindi su tutti i paesi fino alla sponda bresciana. Secondo lo studio realizzato dall’università Bicocca, nello scenario peggiore finirebbe nell’acqua una parte consistente di tutta la frana sollevando un’onda anomala. Non è facile capire di quanti metri potrebbe alzarsi rispetto al normale livello del lago. Entro la fine della settimana l’università di Bologna consegnerà uno studio idraulico che darà qualche certezza in più. Finora, infatti, sono circolate moltissime teorie che vanno dall’impatto nullo fino a un’improbabile onda alta sessanta metri.

Nel frattempo, sul lungolago, alcuni anziani sorseggiano il caffè tranquilli, fuori dal bar, sotto un sole splendente. In molti a Tavernola sono convinti che la frana non si muoverà più di così. In passato hanno già visto molti massi cadere sulle strade, e questa strana familiarità li rassicura nonostante l’allerta. Se i sensori smentiranno le speranze degli abitanti, suonerà la sirena e 470 persone dovranno evacuare le case.

L’area critica è stata individuata immaginando un’onda alta nove metri, che potrebbe sommergere una parte considerevole del centro del paese. Sulla mappa sono state segnate tutte le case fino a un’altezza di 195 metri sul livello del mare, nove metri sopra quello del lago. Nei giorni scorsi il comune e i volontari della Protezione civile hanno contattato tutte le famiglie coinvolte nel piano di di allerta e hanno raccolto tutti i numeri di telefono.

Oltre alla zona rossa regionale, misura restrittiva decisa per contenere i contagi da coronavirus, a Tavernola si è aggiunta la zona gialla causata dalla frana. In giallo è indicato il livello chiamato “di attenzione”: con un movimento entro i 10 millimetri al giorno si rimane in zona gialla, con una crescita fino a 25 millimetri al giorno si entra in preallarme, e il vero allarme è previsto dalla soglia di 35 millimetri in 24 ore. «Con il passaggio alla fase di allarme la popolazione dovrà evacuare le case e andare al campo sportivo» ha spiegato Fabio Rinaldi, un consigliere comunale, durante una diretta video organizzata per informare gli abitanti. «Il nostro compito è dare a tutti una comunicazione immediata e semplice. È stata posizionata una sirena sul campanile, ma verranno inviati anche messaggi automatici ai telefoni di tutti. Quando avremo lo studio idraulico potremo valutare di estendere o ridurre il numero di famiglie coinvolte dalla possibile evacuazione».

A Iseo, in provincia di Brescia, l’azienda ospedaliera ha trasferito alcuni dei ricoverati: l’onda potrebbe portare l’acqua nei locali dove si trovano l’impianto elettrico e la radiologia, mettendo a rischio i pazienti. E il sindaco Marco Ghitti ha annunciato che in caso di emergenza firmerà un’ordinanza per un’evacuazione completa dell’ospedale.

La bretella che porta a Parzanica vista dall’alto, chiusa (Foto di Valentina Lovato)

L’attesa e la preoccupazione sono arrivate anche oltre i paesi affacciati sul lago. La frana ha bloccato tutte le vie di accesso a Parzanica, un comune di 350 persone che si raggiunge solitamente in circa dieci minuti di auto dal lago. Dalla settimana scorsa, quando i normali collegamenti sono stati sbarrati dai blocchi di cemento, l’unico modo per arrivare al paese è percorrere una lunga e tortuosa strada agro pastorale chiamata “del Colderone”. È molto stretta, senza barriere, con lunghi tratti in salita, scomoda e soprattutto pericolosa, nonostante sia stata asfaltata nel giro di un paio di giorni grazie a un contributo di 100mila euro della Regione. In cima al passo bisogna stare molto attenti a non farsi distrarre dal panorama: basta poco per uscire di strada e finire con l’auto nel bosco.

Battista Cristinelli è il sindaco di Parzanica, ha 79 anni e qualche anno fa aveva deciso di prendersi una pausa dopo due mandati alla guida del paese. Lo scorso anno si è ricandidato e a settembre ha vinto le elezioni anche se finora non è riuscito a fare molto: il comune è stato bloccato prima dall’epidemia, e ora dall’emergenza frana, che non interessa direttamente il suo territorio eppure qui provoca tra i disagi maggiori. «Da casa mia in quattro minuti ero a Tavernola, adesso ne servono venticinque, ma più che il tempo ci preoccupa la pericolosità di quel percorso», dice il sindaco. «In questo momento i ragazzi sono in didattica a distanza. Quando torneranno le lezioni in presenza non mi prenderò la responsabilità di far passare lo scuolabus su quella strada. Non se ne parla».

Tra gli abitanti del paese, già provati dopo un anno di pandemia, è nata una complicità indispensabile per provare a superare questo momento così impegnativo. I negozi di alimentari sono riusciti a rifornirsi grazie alla staffetta di alcuni abitanti, perché i furgoni non riescono a transitare lungo la salita: chi sa che dovrà uscire dal paese si offre per dare passaggi o caricare qualsiasi rifornimento sulla propria auto.

Daniela Gabanelli gestisce un negozio di alimentari in via Vicolo Chiuso, nel centro del paese. «Abbiamo dovuto chiedere favori a tante persone, perché i fornitori non riescono ad arrivare. C’è chi ci porta il latte, chi la frutta», dice. «È tutto molto precario e faticoso. Non so quanto resisteremo. Speriamo che sia solo una soluzione provvisoria: non riesco a immaginare come si possa percorrere quel passo d’inverno, con la neve e il ghiaccio».

La settimana scorsa nel campo sportivo comunale è atterrato un elicottero da cui sono scesi alcuni medici inviati dall’ATS, l’azienda sanitaria, per somministrare le dosi del vaccino contro il coronavirus. Una scena un po’ da film. Sono state vaccinate le persone con più di 60 anni. Paradossalmente, qui la campagna vaccinale procede più velocemente che in tutto il resto della Lombardia: oltre il 30 per cento della popolazione ha già ricevuto la prima dose. E con l’elicottero è stato portato anche il foraggio per gli animali che stavano per rimanere senza cibo. Ma è una soluzione soltanto parziale all’isolamento di Parzanica.

Dal suo ufficio, affacciandosi alla finestra accanto al tricolore, il sindaco Cristinelli vanta una delle più belle viste della provincia di Bergamo. Qui ci sono molte seconde case – si riconoscono dall’azzurro delle piscine – e negli ultimi anni sono arrivati anche turisti dall’Italia e dall’estero. Il sindaco dice di essere pronto a dare le dimissioni se non verrà riaperta almeno una delle due strade che portano a Tavernola. «Sarebbe inconcepibile rimanere in queste condizioni», spiega.

Romeo Lazzaroni, consigliere comunale di Tavernola Bergamasca, indica uno dei punti in cui la crepa nell’asfalto è più ampia, sulla strada provinciale 78, chiusa (Foto di Valentina Lovato)

Dall’altra parte della collina, nemmeno il sindaco di Tavernola, Ioris Pezzotti, vuole prendersi la responsabilità di aprire una strada su una frana in movimento. Una scelta comprensibile e raccomandata dai geologi. Martedì Pezzotti ha scritto una lettera a tutte le istituzioni sopra di lui, dal presidente del Consiglio Mario Draghi in giù. Spera di essere ascoltato soprattutto dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. Nella lettera, Pezzotti ha chiesto che il governo riconosca lo stato di emergenza e garantisca risorse economiche per risolvere il problema della frana. Il comune di Tavernola ha già fatto ricorso a tutte le piccole somme nascoste nelle pieghe del suo bilancio per pagare gli esperti.

Uno dei modi per garantire una riapertura parziale della strada che passa accanto alla cementeria potrebbe essere un presidio permanente – delle forze dell’ordine o dell’esercito – per fermare il traffico in caso di emergenza. L’altra soluzione, più complessa, sarebbe un sistema di semafori collegato agli allarmi dei sensori posizionati sulla montagna. Ma il comune, già che c’era, ha chiesto anche nuove reti paramassi e la creazione di un pontile di attracco per un battello con cui circumnavigare il tratto della possibile frana.

Una parte della frana che incombe sulla bretella che conduce a Parzanica (Foto di Valentina Lovato)

In tutti i casi, non sembra semplice trovare una via d’uscita a un problema che riguarda migliaia di persone tra Tavernola, Parzanica e i comuni vicini. «Non avrei mai immaginato di dover affrontare un pericolo di questa portata», ha detto il sindaco Pezzotti durante la diretta organizzata per informare la popolazione. «Ho il compito di raccogliere tutti i problemi, studiare un piano di emergenza adeguato, valido per il futuro, e chiedere al governo di ottenere uno stato di emergenza. Non è pensabile tornare alla normalità, anche se la frana dovesse fermarsi».

Tavernola vorrebbe eliminare al più presto e per sempre questa incombente e pericolosa preoccupazione: sarà piuttosto complesso. L’ipotesi più probabile, lunga e costosa, prevede di “alleggerire” la frana, cioè di scavare quanto possibile per togliere la roccia in posizione precaria. Ci sono tanti aspetti da capire e valutare: chi pagherà l’intervento, visto che la frana è sui terreni della cementeria, dove verrà portato tutto il materiale di scavo, e soprattutto se tutti questi sforzi basteranno davvero a fermare la montagna.