Una canzone dei Rolling Stones

Che ci sono sempre stati, in un modo o nell'altro

(Photo by Rich Fury/Getty Images)
(Photo by Rich Fury/Getty Images)

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Pitchfork ha un’intervista con Cassandra Jenkins, che ha 36 anni, è di Brooklyn, e ha fatto un bel disco: prossimamente ne parliamo.
E io darei anche un’occhiata (un ascolto) a questa canzone nuova dei Wolf Alice, band londinese che vinse il Mercury Prize tre anni fa e di cui uscirà il terzo disco a giugno.
Gilbert O’Sullivan ha infilato alcune buone canzoni negli anni Settanta, ma una su tutte, di quelle “immortali”: Alone again. Adesso lui ha 74 anni e l’ha cantata – bella uguale – in una diretta con Gary Barlow, dei Take That.

Fool to cry
Tre anni e mezzo fa sono stato con Emilia a Lucca a vedere i Rolling Stones. Dalla volta prima erano passati 35 anni: avevo 17 anni ed era stata una giornata pazzesca, appena finto il concerto avevamo vinto i Mondiali. Con mio fratello avevamo comprato il loro live appena uscito, e il loro disco precedente, Tattoo you, quello dove c’era Waiting on a friend, di cui girava molto il video in quei tempi ruggenti di video, e in cui suonava Sonny Rollins nientemeno. Io avevo cominciato ad appassionarmi ai Rolling Stones tardi, a 15 anni, con una raccolta (si chiamava Made in the shade) comprata in cassetta durante un viaggio americano. Non sono mai stati tra le mie band preferite, ma è come se ci fossero sempre stati, in un modo o nell’altro. Ci sono sempre stati.

Fool to cry era in un loro disco del 1976, di quelli non memorabili: ma in fondo c’era Fool to cry. Che è un pezzone inusualmente dolce dei Rolling Stones, con falsetti, grandi esercizi di sottofondo strumentale (chitarra, piano, piano elettrico), Jagger che canta più soul che mai, e lui che alla fine della giornata è sempre molto depresso e tutti – sua figlia, la sua donna, i suoi amici – cercano di consolarlo e gli dicono che è uno stupido a piangere.

Ooh, daddy you’re a fool to cry
Ooh, daddy you’re a fool to cry
Ooh, daddy you’re a fool to cry


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