Il Movimento 5 Stelle è molto confuso

L'ala moderata e quella radicale sono sempre più distanti, Di Maio parla di forza “liberale”, e c'è da capire cosa fare con Conte

(ANSA/ANGELO CARCONI)
(ANSA/ANGELO CARCONI)

Nel Movimento 5 Stelle, ancora oggi il primo partito in Parlamento, le tensioni generate dalla decisione di sostenere il governo guidato da Mario Draghi non sono ancora rientrate, e anzi sono state alimentate negli ultimi giorni da interviste, prese di posizione e polemiche avvenute perlopiù sulle pagine dei giornali.

Il divario fra l’ala moderata e quella radicale sembra sempre più ampio, tanto che in quest’ultima si parla ormai esplicitamente di una scissione. Domenica è in programma una riunione dei principali leader del Movimento nella casa al mare del fondatore Beppe Grillo, a Marina di Bibbona (Livorno). L’obiettivo è dare al partito una nuova leadership, che da più di un anno è affidata alla reggenza di Vito Crimi. Un voto tenuto nelle scorse settimane sulla piattaforma online Rousseau ha stabilito di sostituire la figura del capo politico con un comitato di cinque membri, ma non è chiaro come questa indicazione sarà conciliata con un’altra possibilità emersa nel M5S di recente: la ricerca di un ruolo per l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, considerato forse l’unico in grado di rilanciare il partito.

Le divisioni fra le due ali del partito erano rimaste perlopiù sommerse durante i due governi Conte, anche se avevano prodotto occasionali sommovimenti, come le dimissioni di Luigi Di Maio da capo politico nel gennaio del 2020, dovute proprio alle tensioni e al malcontento interni. Sono riemerse concretamente nel voto di fiducia a Draghi: la settimana scorsa 31 parlamentari del M5S, 15 senatori e 16 deputati, avevano votato contro l’indicazione del partito e Crimi aveva annunciato la loro espulsione dal gruppo e dal partito. Nel frattempo l’espulsione non si è ricomposta, tanto che alla Camera i deputati espulsi – alcuni dei quali fanno parte dell’ala radicale, altri vanno un po’ per conto proprio – hanno formato un gruppo interno al Misto, L’Alternativa c’è.

– Leggi anche: I dissidenti dentro al M5S

L’ala moderata, guidata da Di Maio, spiega che le espulsioni sono state inevitabili e spinge perché il Movimento 5 Stelle diventi un partito diverso da quello degli inizi. In un’intervista pubblicata ieri da Repubblica di cui si è parlato parecchio, Di Maio ha detto che a suo dire il Movimento dovrebbe diventare una forza «moderata e liberale». Il Corriere della Sera scrive che con Di Maio «si schierano Manlio Di Stefano, Sergio Battelli e Francesco D’Uva», rispettivamente un sottosegretario, un presidente di commissione e un ex capogruppo.

Annalisa Cuzzocrea, che da anni segue per Repubblica il Movimento, ha scritto che Di Maio ha in mente «una forza di centro che – per come l’ha descritta, atlantista, europeista – potrebbe anche allearsi a destra, se ce ne fosse bisogno».

L’ala radicale è su posizioni opposte. «15 anni di battaglie per diventare una costola di Berlusconi? Un trionfo», ha scritto su Facebook Max Bugani, capo dello staff della sindaca di Roma Virginia Raggi e un tempo molto vicino a Beppe Grillo. Cuzzocrea scrive che «Roberto Fico, Stefano Patuanelli, Roberta Lombardi, perfino Paola Taverna, non si riconoscono né nella parola moderato né nel termine liberale. Discutono piuttosto da mesi di un Movimento che deve scegliere il campo progressista e portare avanti la sua azione d’intesa con le forze del centrosinistra».

Poi ci sono leader e parlamentari che non si riconoscono in nessuna delle due fazioni. Alessandro Di Battista ha già lasciato il Movimento 5 Stelle in dissenso con entrambe, il senatore Emilio Carelli ha creato un gruppo autonomo di centrodestra a cui sembra vicino anche l’ex ministro dello Sport Vincenzo Spadafora, mentre il senatore Elio Lannutti parla di riformare l’Italia dei Valori.

In mezzo c’è Giuseppe Conte, che nell’intervista a Repubblica Di Maio ha invitato esplicitamente a fare «un passo avanti». Conte è legato all’ala moderata – fu reclutato dall’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, vicinissimo a Di Maio – ma al contempo è molto apprezzato anche dall’ala più radicale per via del suo ruolo da mediatore col Partito Democratico e più in generale per una sensibilità più vicina alle loro posizioni.

Il problema è che Conte non è iscritto al Movimento 5 Stelle e dunque per il regolamento interno non potrebbe diventarne capo politico: e inoltre i giornali notano che al momento non è chiaro quale ruolo abbia in mente per sé nel futuro immediato. Il Corriere della Sera cita l’ipotesi che domenica nella riunione a casa di Grillo possa essere proposta l’idea di fondare una nuova associazione con regole diverse dall’attuale Movimento 5 Stelle, che per esempio permettano a Conte di diventare capo politico e magari aboliscano il termine massimo di due mandati per le cariche politiche.

Anche l’ex ministro Riccardo Fraccaro, in un’intervista alla Stampa, ha parlato apertamente di questa possibilità: «Conte può prendere la leadership e la segreteria collegiale può supportarlo nelle scelte. Possiamo strutturarci mantenendo la partecipazione degli attivisti e degli eletti nelle decisioni, in modo orizzontale, ma queste vanno attuate verticalmente».