I dissidenti dentro al Movimento 5 Stelle

La spaccatura sul governo Draghi ha coinciso con un momento di transizione ai vertici del partito, producendo un discreto caos

La senatrice dissidente del Movimento 5 Stelle Barbara Lezzi, Roma, 17 febbraio 2021 (ANSA/RICCARDO ANTIMONY)
La senatrice dissidente del Movimento 5 Stelle Barbara Lezzi, Roma, 17 febbraio 2021 (ANSA/RICCARDO ANTIMONY)

Nelle ultime ore si è concretizzata la spaccatura già esistente dentro al Movimento 5 Stelle tra l’ala più istituzionale e governista, vicina ai vertici del partito, e quella più critica e intransigente: la prima, largamente maggioritaria, ha votato la fiducia al governo Draghi; la seconda ha votato contro.

In tutto, i parlamentari del M5S ad aver votato contro il governo, andando contro la linea di partito decisa in seguito a una consultazione online, sono più di trenta: 15 senatori, la cui espulsione dal partito era già stata annunciata e 16 deputati. L’espulsione di questi ultimi è stata annunciata il 19 febbraio da Vito Crimi, capo politico del Movimento, che però non ha specificato se saranno espulsi anche i quattro deputati che si sono astenuti e quelli che erano assenti ingiustificati. Si stima che in tutto, comprendendo anche gli assenti non giustificati al voto di fiducia, i parlamentari dissidenti del M5S siano una cinquantina, su circa 280 totali.

Il leader apparente della corrente più radicale è Alessandro Di Battista, che aveva deciso di non ricandidarsi alle ultime elezioni politiche, che è stato a lungo uno dei più popolari dirigenti del Movimento 5 Stelle e che una settimana fa è uscito dal partito in disaccordo con la scelta di sostenere il governo Draghi. Ma nel gruppo ci sono anche altri importanti e visibili esponenti del partito, come Barbara Lezzi, ministra per il Sud durante il primo governo Conte, e il senatore Nicola Morra: che hanno provato – sembra senza successo – non solo a rimanere, ma addirittura a entrare nella dirigenza, approfittando di un delicato momento di transizione di potere nella leadership del partito.

Durante la crisi di governo, il Movimento 5 Stelle aveva cambiato spesso posizione. Dopo una iniziale ostilità – «il M5S non voterà un governo tecnico presieduto da Mario Draghi», aveva detto il reggente Vito Crimi – la maggioranza del partito si era via via convinta a sostenere il nuovo esecutivo, anche grazie al parere favorevole del fondatore Beppe Grillo, che aveva guidato la delegazione del M5S ai due colloqui con Draghi.

Le critiche fatte fin dall’inizio da parte di un gruppo di parlamentari, guidati da Lezzi, non erano però rientrate. Alcuni di loro avevano chiesto che l’eventuale futuro accordo passasse da un voto della base attraverso Rousseau, la piattaforma online su cui gli iscritti al M5S prendono alcune decisioni sulla vita del partito. Il voto era stato programmato, poi sospeso e poi nuovamente fissato. Il quesito era stato formulato in un modo che suggeriva senza ambiguità la posizione della dirigenza, favorevole all’ingresso nel governo. Gli iscritti al Movimento 5 Stelle avevano alla fine votato a favore del sostegno al governo Draghi, stabilendo la linea del partito.

Dopo la fiducia, Grillo ha scritto sul suo blog che «i grillini non sono più marziani»: come a dire che dopo anni di oltranzismo adesso fanno politica accettandone costi e compromessi.

Non è chiaro che cosa decideranno di fare ora i dissidenti, sui quali ha peraltro mantenuto una posizione conciliante lo stesso Davide Casaleggio che attraverso l’Associazione Rousseau controlla la piattaforma: ha parlato di «onestà intellettuale» in riferimento a Di Battista, suggerendo che la dirigenza debba evitare di «gestire questo momento con arroganza». Rousseau non è uno strumento di proprietà del Movimento 5 Stelle, non è gestita direttamente dal partito e è da tempo – per la questione della gestione dei dati e dei fondi che ha a disposizione – al centro di discussioni interne.

Ma la divisione sul voto di fiducia sta avendo ripercussioni anche sulla struttura del partito, perché ha coinciso con un cambio dello statuto approvato da una consultazione online negli scorsi giorni. La base del M5S ha deciso di sostituire la figura del capo politico – ricoperta da un anno da Crimi, governista – con un comitato di cinque membri.

Lezzi, sostenuta da Casaleggio, ha detto che Crimi adesso non può più decidere nulla, avendo terminato la reggenza: e nonostante l’espulsione, ha provato a chiedere che nel nuovo comitato direttivo entrino anche i dissidenti, candidandosi in prima persona. Crimi, sostenuto da Grillo, dice che finché non si nomina il nuovo comitato il capo rimane lui, e ha mantenuto la decisione sulle espulsioni. C’è quindi una divisione su come gestire questa fase di transizione, ma più in generale su come riorganizzare la leadership. Sembra comunque che il tentativo di Lezzi sia già sfumato, e che Grillo voglia ritardare il momento di eleggere i membri del comitato prolungando la reggenza di Crimi.

Repubblica sostiene che uno dei dissidenti, il senatore Nicola Morra, aveva chiesto di parlare con Grillo «per essere graziato» dall’espulsione. Il Corriere della Sera scrive che sempre Morra aveva chiesto che il provvedimento sulle espulsioni fosse messo al voto su Rousseau. Si parla anche della possibilità di proporre dei ricorsi nelle rispettive aule per restare nel gruppo, e dunque nel partito, ma non tutti i dissidenti sembrano essere intenzionati.

Infine, potrebbe esserci anche la possibilità che parte dei critici confluiscano sotto un nuovo simbolo e che creino dei gruppi alla Camera e al Senato. Non è però chiaro se riusciranno a rimanere compatti. All’interno del gruppo, infatti, c’è una quota che per formazione e convinzioni potrebbe confluire a sinistra (tra loro ci sono ad esempio Matteo Mantero, Doriana Sarli e Wilma Moronese). E c’è una quota che si definisce anti-sistema, che si era già opposta all’ipotesi di un terzo governo Conte con dentro Italia Viva e che, secondo quanto scrivono i giornali, avrebbe preso contatti con Italia dei Valori per formare un nuovo gruppo: tra loro ci sarebbero Elio Lannutti, Pino Cabras e Mattia Crucioli.

Nel frattempo, Alessandro Di Battista ha annunciato su Instagram una diretta per domani alle ore 18.00: «Ci sono cose da dire. Scelte politiche da difendere. Domande a cui rispondere e una sana e robusta opposizione da costruire».