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  • Domenica 21 febbraio 2021

La giornata più violenta delle proteste in Myanmar

A 3 settimane dal colpo di stato continuano le manifestazioni: sabato sono morte due persone negli scontri con la polizia

Manifesti di Aung San Suu Kyi a Yangon, Myanmar, 21 febbraio 2021
(AP Photos)
Manifesti di Aung San Suu Kyi a Yangon, Myanmar, 21 febbraio 2021 (AP Photos)

A tre settimane dal colpo di stato dei militari in Myanmar e dall’arresto di Aung San Suu Kyi, la principale leader politica del paese, le proteste e le dimostrazioni di disobbedienza civile nel paese non si sono fermate e riprendono con vigore a ogni fine settimana.

Sabato è stata la giornata più violenta dall’inizio delle manifestazioni: decine di migliaia di persone sono scese nelle piazze e nelle strade delle città più importanti del paese, e a Mandalay ci sono stati scontri particolarmente violenti con la polizia e l’esercito, che hanno portato alla morte di due persone. L’episodio non ha fermato le proteste, che sono riprese domenica con la stessa intensità.

La repressione di sabato è stata condannata dalla comunità internazionale e Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Nuova Zelanda hanno anche annunciato delle sanzioni verso alcuni leader della giunta militare che ha preso il potere, tra cui il generale Min Aung Hlaing, che ha assunto il ruolo di capo del governo. Lunedì i ministri degli Esteri dell’Unione Europea discuteranno a loro volta le misure da prendere.

Venerdì era morta la prima manifestante: era una donna di 20 anni di nome Mya Thwe Thwe Khaing, colpita alla testa da un proiettile della polizia durante le proteste del 9 febbraio. Sabato le proteste a Mandalay, la seconda città più importante del paese, erano iniziate pacificamente e vi avevano partecipato anche minoranze etniche, scrittori e ferrovieri.

Le tensioni erano iniziate nella zona portuale di Yadanabon tra i lavoratori in sciopero dei cantieri navali e le forze dell’ordine. Gli scioperanti avevano attaccato i poliziotti e i militari con le fionde, e questi avevano risposto con gas lacrimogeni; alcuni video sui social media mostrano le forze di sicurezza sparare e, a terra, sparsi sia proiettili veri che di gomma. Secondo fonti locali, un ragazzo con meno di 18 anni è stato colpito alla testa ed è morto sul colpo, mentre un falegname di 36 è stato ferito al petto ed è morto poi in ospedale. Ci sono stati anche almeno 30 feriti. Il giornale di stato Global New Light of Myanmar ha scritto che i manifestanti hanno attaccato la polizia con bastoni, coltelli e proiettili lanciati dalle fionde, ferendo otto poliziotti e diversi soldati; non ha fatto cenno dei civili uccisi.

Domenica ci sono state di nuovo proteste Yangon, l’ex capitale e città più importante del paese, Madalay e altre grosse città. A Myitkyina, una città nel nord dove la scorsa settimana la polizia aveva usato i cannoni ad acqua per disperdere i manifestanti, sono stati lasciati fiori per i feriti. Domenica mattina la polizia ha arrestato anche un noto attore, Lu Min, che aveva criticato il colpo di stato.

Intanto martedì Zaw Min Tun, portavoce dell’esercito e della giunta militare, aveva difeso le azioni dell’esercito, spiegando che erano approvate dalla maggior parte dei birmani, e aveva criticato i manifestanti perché istigavano alla violenza. In realtà la maggior parte delle proteste sono state pacifiche e hanno coinvolto settori diversi della popolazione, dagli insegnanti agli studenti, dai monaci buddhisti ai medici.

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Tra le loro richieste c’è la liberazione di Aung San Suu Kyi e di altri membri del suo partito, la Lega nazionale per la democrazia (NLD), che aveva vinto nettamente le elezioni dello scorso novembre, nonostante i militari sostengano senza prova che siano il risultato di brogli. Aung San Suu Kyi è sotto processo con l’accusa di aver violato le restrizioni alle importazioni e una legge sulla gestione dei disastri naturali.

Sono comunque accuse pretestuose e per cui rischia condanne rispettivamente a 6 e a 3 anni di carcere. Il processo è iniziato in segreto il 16 febbraio: il suo avvocato non era stato nemmeno avvisato della prima udienza, che si è conclusa prima del suo arrivo. La prossima è fissata per il primo marzo. Secondo l’Assistance Association for Political Prisoners, un’associazione per l’assistenza ai prigionieri politici birmani, dall’inizio del colpo di stato sono state arrestate in tutto 569 persone.

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