Si parla di un social network in cui si parla

Clubhouse permette di creare “stanze” in cui conversare con gli altri utenti, che per ora possono registrarsi solo su invito

(Christoph Dernbach/dpa, ANSA)
(Christoph Dernbach/dpa, ANSA)

Clubhouse, un nuovo social network in cui invece di scrivere brevi messaggi o condividere immagini si parla in diretta, sta attirando velocemente le attenzioni di giornali e appassionati di internet anche in Italia, dopo che nelle scorse settimane lo aveva fatto negli Stati Uniti. Diversamente da Facebook e in modo più simile a Twitter, Clubhouse è pensato per conversare di qualsiasi argomento non solo con chi si conosce, ma con chiunque, o anche solo per ascoltare altri che parlano di qualcosa.

Esiste dallo scorso marzo, ed è una specie di forum, ma orale invece che scritto. Potrebbe assomigliare a Telegram, se Telegram fosse fatto di soli messaggi vocali, con la differenza che in Clubhouse non c’è nulla di registrato: si parla live, chiedendo di intervenire con una simbolica alzata di mano. Al posto dei “canali” di Telegram, però, i gruppi sono chiamati “stanze”.

Per ora, in Italia, Clubhouse è usato quasi esclusivamente da giornalisti, esperti di strumenti digitali e persone con un grosso seguito online (tra cui Luca Bizzarri e Marco Montemagno), perché è ancora in una versione di sviluppo e ci si può fare un profilo solo se si viene invitati da un altro utente. Per la stessa ragione ci si può accedere solo da una app (non dal browser di un computer) soltanto in inglese, che può essere scaricata solo su iPhone o iPad con sistema operativo iOS 13.0 o più aggiornato.


Se in qualche modo si riesce a ottenere un profilo, Clubhouse chiede di registrarsi con il proprio nome e cognome («Le persone usano il loro vero nome su Clubhouse 🙂 grazie!», dice un messaggio) e di avere accesso alla rubrica telefonica. Ogni profilo infatti corrisponde a un numero di telefono, non a un indirizzo email. Successivamente si possono scegliere i propri interessi da un lungo elenco di possibilità, e vedere quali tra le persone di cui si ha il numero di telefono sono già presenti sul social network: conviene sceglierne alcune da seguire, perché poi Clubhouse propone delle “stanze” in cui entrare ad ascoltare o parlare sulla base di chi si segue. In una fase successiva si può anche decidere di collegare il proprio profilo a Twitter o Instagram, e trovare così le persone che si seguono anche su quei social network.

«Il nostro scopo era costruire un’esperienza social che venisse percepita come più umana, dove invece di postare ci si riunisce con altre persone per parlare» hanno spiegato qualche giorno fa i fondatori di Clubhouse, Paul Davison e Rohan Seth, sul blog del social network. «Volevamo creare uno spazio tale per cui quando chiudi la app ti senti meglio di quando l’hai aperta, perché ti ha permesso di approfondire un’amicizia, incontrare persone nuove e imparare qualcosa». Le conversazioni non sono registrate sull’app, né possono essere condivise tra gli utenti o scaricate, se non con strumenti esterni che vanno contro l’idea alla base del social.

Sulla base di una prima ricognizione, per ora nelle stanze italiane si parla soprattutto di Clubhouse stesso – anche solo perché chi arriva vuole capire come usarlo – e dei temi che interessano alle categorie di persone che per prime hanno avuto accesso al social: dunque giornalismo, comunicazione e marketing, soprattutto. Chiunque comunque può aprire una stanza, scegliere se aprirla a tutti o solo ad alcune persone, e darle un tema. Tra quelle di argomento più varie apparse lunedì c’erano ad esempio “Eventi musicali: si faranno nel 2021?”, “Serie tv di cui si parla poco (o troppo): cosa guardare?” ma anche “Cerco Fisico che mi faccia capire il Big Bang”. In alcune c’erano meno di 10 participanti, in altre più di 50: la maggior parte degli utenti ascoltano senza intervenire. Le stanze si possono anche programmare per una certa ora, come un evento su Facebook, in modo che chi è interessato si possa mettere un avviso.

Ogni utente di Clubhouse ha a disposizione due inviti per far entrare altre persone, quindi il primo modo per crearsi un profilo è farsi invitare da qualcuno che si conosce  che è già registrato. È possibile farsi ammettere tramite qualcuno che si conosce anche se questa persona ha già usato i suoi due inviti: basta che il proprio numero di telefono sia salvato nella sua rubrica. Infatti una volta che ci si è registrati nella lista d’attesa per entrare in Clubhouse tutte le persone con cui si è in contatto che sono già registrate sul social network ricevono una notifica e hanno la possibilità di «lasciarvi entrare» senza usare inviti.

Clubhouse ha detto di avere già raggiunto 2 milioni di iscritti e anche negli Stati Uniti ha un’utenza limitata, di cui però fanno parte persone famose come Oprah Winfrey, Drake ed Elon Musk, l’imprenditore di Tesla e SpaceX. Proprio Musk ha messo a dura prova le attuali capacità di Clubhouse organizzando una sua stanza: in poco tempo si è riempita con più di cinquemila partecipanti (un limite massimo che non era mai stato raggiunto), tanto che alcuni utenti hanno a loro volta aperto delle stanze dove trasmettere, con un secondo smartphone, le parole di Musk. Un po’ come quando ai festival la popolarità di un ospite riempie una sala, e chi resta fuori deve accontentarsi della diretta video in quella accanto.

La grande popolarità ottenuta da Clubhouse nell’ultimo periodo – anche grazie a Musk – ha comprensibilmente fatto parlare anche dei suoi limiti attuali. Uno riguarda la privacy: Carola Frediani, esperta di cybersecurity, ha spiegato nella sua newsletter Guerre di rete che, dato che Clubhouse chiede in modo molto insistente di avere accesso alla rubrica del telefono di chi la usa, secondo il garante per la protezione dei dati di Amburgo non soddisferebbe i requisiti del Regolamento europeo sulla privacy (GDPR).

Un altro limite è la moderazione: chi crea una stanza ne è moderatore e può dare e togliere la parola ad altri partecipanti, ma non c’è modo di evitare che vengano create stanze in cui si diffondono, ad esempio, informazioni false o messaggi d’odio. Dell’argomento si è occupata l’edizione americana di Vanity Fair a dicembre, dopo che in una stanza in cui si parlava di attentati terroristici a Parigi un utente aveva fatto affermazioni poco fondate o discutibili sulle persone di religione musulmana. Un altro utente che ha usato Clubhouse per dire cose antisemite e razziste è stato invece bandito dal social network, dietro segnalazioni di altre persone, ma al momento non è chiaro se i fondatori della piattaforma abbiano un piano per moderare maggiormente le conversazioni.