Un mistero di Internet risolto dopo 14 anni

Nel 2006 fu chiesto ai partecipanti di un gioco online di trovare un certo Satoshi, fornendo loro soltanto una sua enigmatica foto: ci sono arrivati solo poche settimane fa

satoshi perplex city
La carta 256 del gioco Perplex City (Findsatoshi.com)

La carta da gioco numero 256 del videogioco Perplex City mostra la fotografia in primo piano di un ragazzo vicino a un fiume, davanti ad alcune case. Un selfie, anche se ancora nessuno li chiamava così. Era il 2006, e il 31 luglio i programmatori di quel gioco di realtà alternativa su Internet (ARG, Alternate Reality Game) avevano pubblicato quella carta insieme alle altre del mazzo centellinando bene gli indizi a seconda del grado di difficoltà. Sovrapposta sulla foto c’era una scritta in giapponese, la cui traduzione era “trovami”. L’unico indizio per quella carta era: “Il mio nome è Satoshi”.

Perplex City – creato dal team di sviluppo londinese Mind Candy – terminò nel 2008, e il sito di riferimento oggi non esiste più, ma una community di vecchi giocatori sparsi nel mondo ha proseguito per anni le ricerche intorno al rompicapo irrisolto. Gli sforzi nel frattempo avevano probabilmente superato le aspettative dei creatori stessi, attirando peraltro attenzioni sui siti di grandi quotidiani come il New York Times e il Guardian. A dicembre scorso le persone della community, tenute insieme e coordinate nel corso degli anni da una appassionata che nel 2006 creò un sito a questo preciso scopo (Findsatoshi.com), hanno annunciato di avere infine trovato Satoshi. Quattordici anni dopo, Satoshi in persona ha confermato e spiegato tutta la storia.

Come funzionava Perplex City
Gli ARG sono giochi di enigmi sviluppati principalmente su Internet ma utilizzando il mondo reale come “piattaforma” e una serie di prodotti commerciali (carte da gioco, giochi da tavolo, capi di abbigliamento e altro) come mezzo di narrazione della storia. Negli anni Duemila, oltre ad avere una certa popolarità tra i giocatori, erano osservati con interesse anche da aziende che intendevano autopromuoversi, anche eventualmente sostenendo i costi dei premi dei giochi.

Perplex City fu sviluppato dalla società britannica Mind Candy e preceduto da una lunga serie di teaser. Metteva in palio un premio da 100mila sterline per la prima “stagione”, avviata il 31 luglio 2006 attraverso la pubblicazione di 256 carte da gioco collezionabili. La linea narrativa della storia chiedeva di ritrovare, attraverso gli indizi disseminati nelle carte, un oggetto chiamato Receda Cube, che un personaggio chiamato Violet Kiteway aveva rubato dall’Academy Museum della città immaginaria di Perplex City e poi seppellito da qualche parte dopo essersi “teletrasportato” nel mondo reale. Era una specie di caccia al tesoro: per risolvere il gioco serviva interpretare gli indizi sulle carte e ricavarne indirizzi email e numeri di telefono, o risalire a siti e blog creati appositamente.

Su tutte le carte una patina da grattare via nascondeva un codice univoco che serviva ai giocatori per tenere traccia delle soluzioni parziali e aggiornare una classifica sul sito del gioco. Non tutte le carte erano indispensabili alla soluzione della prima stagione del gioco. La soluzione arrivò a gennaio 2007 – il Receda Cube si trovava al Wakerley Great Wood, un antico bosco vicino a Corby, nel Northamptonshire – ma l’inizio della stagione successiva subì diversi ritardi. Dopo il premio consegnato al giocatore vincente, Mind Candy faticò a trovare nuovi finanziamenti e Perplex City, insieme al sito con la classifica aggiornata e i nomi dei vincitori, chiuse nel 2008.

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Le 256 carte da gioco
Le carte da gioco di Perplex City, vendute in pacchi da sei carte ciascuno (distribuite casualmente, come le figurine), erano contrassegnate da un colore che indicava il coefficiente di difficoltà del rompicapo proposto. L’ordine, dalla carta più facile a quella più difficile, era: rosso, arancione, giallo, verde, blu, viola, nero e argento. Al momento dell’assegnazione del premio della prima stagione, nel 2007, quasi tutti gli enigmi erano stati risolti. Ne rimanevano soltanto tre, proposti in tre carte di colore argento.

Quello legato alla carta 238 è l’unico enigma che gli sviluppatori hanno inserito nel gioco senza avere idea della soluzione. Chiedeva ai giocatori la dimostrazione dell’Ipotesi di Riemann, una congettura sulla relazione tra gli zeri di una certa funzione e la distribuzione dei numeri primi formulata per la prima volta nel 1859 da Bernhard Riemann e ritenuta uno dei più noti problemi irrisolti della matematica. Risolverlo conferirebbe un prestigio superiore a quello riservato al vincitore di un gioco di realtà alternativa, insomma, e implicherebbe tra le altre cose la vincita di un premio da un milione di dollari da tempo messo in palio dal Clay Mathematics Institute di Cambridge, in Massachusetts.

Un altro enigma per niente facile – rimasto irrisolto fino al 2010 – era quello della carta 251. Conteneva una stringa composta da 352 caratteri cifrati attraverso il sistema di crittografia RC5-64: si stima che per decifrare il messaggio sarebbero serviti 30mila computer dell’epoca in esecuzione contemporaneamente per diversi mesi.

L’ultimo enigma rimasto senza soluzione – a parte quello inavvicinabile della carta sull’Ipotesi di Riemann – era quello legato alla carta 256, intitolata “Billion to one”. Riproduceva la fotografia di un ragazzo, con una scritta in caratteri giapponesi stampata sul lato sinistro: “trovami”, diceva, e in un certo senso già quella traduzione era il primo livello da superare (il traduttore di Google come lo conosciamo oggi non esisteva). L’unico altro indizio fornito con la carta era una frase: “My name is Satoshi”. Qualora fosse stato rintracciato, da qualche parte nel mondo, Satoshi aveva istruzioni di rivolgere al giocatore un indovinello la cui risposta rappresentava la password per risolvere l’enigma.

Come chiarito in seguito dagli sviluppatori di Perplex City, con la carta su Satoshi gli autori volevano mettere alla prova la teoria dei sei gradi di separazione, un’ipotesi formulata nel 1929 da uno scrittore ungherese, Frigyes Karinthy, e poi molto circolata nella cultura di massa soprattutto dopo la nascita di Facebook. Ogni persona, secondo la teoria, può essere collegata a qualunque altra persona attraverso una catena di relazioni composta da non più di cinque intermediari. Si trattava soltanto di mettere in moto la community e attivare un gran giro mondiale di email, pensarono. La ricerca – un po’ più lunga del previsto – si è conclusa dopo quattordici anni, a dicembre scorso.

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Come hanno trovato Satoshi
Alcuni giocatori di Perplex City riuscirono a risalire abbastanza rapidamente al luogo della fotografia. Era stata scattata in un piccolo borgo francese di Kaysersberg, nell’Alsazia, a circa un’ora di macchina da Strasburgo.

Kaysersberg

Kaysersberg, Francia (Google Street View)

Se non c’erano dubbi sul luogo, molti erano quelli sull’identità di Satoshi, tanto che l’enigma sembrò da subito arrivato a un punto morto. Dopo la chiusura del sito ufficiale del gioco, nel 2008, diversi siti creati da alcuni appassionati del gioco – Findsatoshi.com, Haveyouseenhim.info, Billion2one.org – continuarono a esistere, anche in versione multilingue, e a raccogliere tutte le nuove informazioni man mano disponibili. Nel 2007 l’autrice del sito Findsatoshi.com, Laura E. Hall, riuscì anche a visitare Kaysersberg durante un viaggio di lavoro e a scattare una fotografia dalla stessa prospettiva scelta da Satoshi al momento dello scatto.

Nel frattempo Mind Candy aveva diffuso alcune informazioni aggiuntive, benché non particolarmente utili per le ricerche. Chiarì che Satoshi aveva accettato volentieri di partecipare al gioco e che, secondo le istruzioni da lui ricevute, avrebbe dovuto attendere di essere contattato direttamente da qualcuno che lo mettesse in relazione al gioco.

Per anni su Internet se ne continuò a parlare molto, anche dopo innumerevoli falsi avvistamenti, ipotesi improbabili e tentativi falliti da parte dei membri della community. In tempi più recenti, nel tentativo di allargare il più possibile le ricerche, Hall è stata ospite di un podcast e anche di un canale YouTube molto popolare in un video che ha ricevuto oltre un milione di visualizzazioni. Proprio questo video ha innescato un nuovo ramo delle ricerche, portato avanti da un sottogruppo su Reddit (r/FindSatoshi).

L’utente th0may – un ragazzo tedesco di nome Tom-Lucas Säger – ha raccontato di aver visto quel video e averlo poi dimenticato, prima di imbattersi di nuovo in quell’argomento su Reddit, mesi dopo. Per un progetto di design e intelligenza artificiale stava utilizzando per lavoro un software di riconoscimento facciale (PimEyes) basato su una funzione di ricerca inversa delle immagini. Ha fatto un tentativo con la carta di Satoshi e ha trovato, in mezzo alle molte altre, una fotografia di gruppo in cui un uomo molto simile a Satoshi regge un boccale di birra.

La fotografia, scattata durante una gita aziendale, era stata pubblicata nel 2018 sul sito di una società giapponese, la Tsukada Riken Industry. L’uomo con il boccale di birra, ha scoperto Säger, era uno dei dirigenti: il suo nome, come riportato sul sito, è Satoshi Shimojima. A quel punto Säger si è messo in contatto con Laura Hall, l’autrice del sito Findsatoshi.com, che dopo aver recuperato un indirizzo email diretto ha scritto a Shimojima, in giapponese e in inglese. E Shimojima ha risposto.

Ciao,

grazie di avermi contattato.
Hai detto che stavi cercando un ragazzo di nome Satoshi.
Sì! Sono io il Satoshi che stavi cercando! Wow! Mi ero completamente dimenticato di questo gioco di carte. Credo che avrei dovuto pronunciare un messaggio, a questo punto, ma… diamine! Sono passati più di dieci anni e l’ho dimenticato. Mi dispiace.

A dire la verità non sapevo granché di Perplex City. Quattordici o quindici anni fa uno dei miei migliori amici negli Stati Uniti mi chiese di poter utilizzare una mia foto per il gioco. Mi sembrava interessante, è il genere di cose che mi piacciono. Avevo giusto una foto recente di me in vacanza e dissi “perché no”. Da quel momento in poi non ho più sentito parlare molto del gioco, né sapevo esattamente cosa fosse. Non avevo nemmeno mai visto la carta. Non ci badai molto, e già un anno dopo persi completamente la memoria di questo fatto. E ovviamente nessuno mi ha mai trovato, da allora.

Quando mi hai contattato qualche giorno fa e ho saputo che esisteva ancora questo “Findsatoshi” ho riso moltissimo, ero molto felice. Comunque alla fine mi hai trovato, a partire da una fotografia soltanto, scattata da qualche parte in una piccola città al confine tra Francia e Germania, e poi pubblicata su una carta da gioco quando ero di nuovo a Nagano, in Giappone. Con il mio nome come unica informazione: “Satoshi”.

Il mio nome è molto comune, in Giappone. Tra centinaia di migliaia di Satoshi, sono serviti 14 anni ma alla fine mi avete trovato! È incredibile!

Congratulazioni per aver risolto l’enigma #256!
E che il vostro 2021 sia meraviglioso! Buon anno nuovo!

Questo era l’indovinello che Satoshi avrebbe dovuto proporre – in giapponese – al giocatore: “Chi è che diede vita al fuoco e poi morì?” (la divinità della mitologia giapponese Izanami, ha suggerito qualcuno).

Cosa c’entra Satoshi con Perplex City
Uno dei principali sviluppatori di Perplex City, Adrian Hon, ha confermato l’identità di Satoshi, complimentandosi con Hall e Säger, e anche con Satoshi, per aver mantenuto il segreto così a lungo. Satoshi, come hanno poi spiegato altri ex impiegati di Mind Candy intervenuti sui social per festeggiare la scoperta, era un amico di una persona che lavorava nell’agenzia di pubbliche relazioni di Los Angeles che aveva collaborato con Mind Candy per la promozione del gioco.

«Non c’erano molti passi da fare [per arrivare alla soluzione], ma un po’ di salti in giro per il mondo sì», ha detto Jey Biddulph, aggiungendo che un’alternativa presa in considerazione era quella di utilizzare una persona in Ecuador conosciuta da un’altra persona del team. Alla fine scelsero Satoshi, preferendo una foto di lui in vacanza a Kaysersberg – per complicare l’enigma – anziché la fotografia di lui nella città in cui abitava.