L’inizio di Wikipedia

Andò online il 15 gennaio di vent'anni fa, quando internet era tutt'altra cosa, ma ha mantenuto molte delle sue promesse (e non era facile)

Jimmy Wales, fondatore di Wikipedia (Rosdiana Ciaravolo/Getty Images)
Jimmy Wales, fondatore di Wikipedia (Rosdiana Ciaravolo/Getty Images)

Wikipedia, la più grande e conosciuta enciclopedia online, è online da vent’anni. Esiste infatti, come sito internet, dal 15 gennaio 2001, quando i suoi due fondatori – Jimmy Wales e Larry Sanger – la aprirono agli utenti, pochi giorni dopo averne registrato il dominio e individuato il nome, unendo le parole “wiki” ed “enciclopedia”. Nella prima c’era la spiegazione della sua struttura, nella seconda la sua immensa ambizione di creare un archivio globale e in costante aggiornamento di “sapere condiviso”.  In effetti la ragione del suo successo sta nel fatto che gli utenti decisero, da subito, di collaborare.

La storia di Wikipedia è legata a quella di un altro sito, Bomis.com, che Wales (studente di finanza) aveva fondato nel 1996, senza Sanger (studente di filosofia). Il sito, che la pagina italiana di Wikipedia descrive come “un portale di ricerca per musica pop”, era una sorta di indice di pagine web e informazioni di vario tipo, che tra le altre cose offriva fotografie erotiche e pornografiche (anche se Wales ha più volte minimizzato l’importanza di quella sezione). Bomis.com, comunque, aveva una peculiarità: gli utenti, se volevano, potevano contribuire ad arricchirne gli elenchi.

Partendo dal discreto successo di Bomis.com e riprendendo l’idea di una enciclopedia digitale su cui molti avevano fantasticato e poi, con l’arrivo di internet, iniziato a lavorare, Wales pensò di avviare un ambizioso progetto parallelo per creare un’enciclopedia online “libera”, i cui contenuti potessero essere scritti da chiunque e condivisi liberamente senza problemi di copyright. Qualcosa che riprendesse e sviluppasse quel che già nei primi anni Novanta erano state, tra le altre, la versione CD-ROM dell’enciclopedia Encarta, fatta da Microsoft, e poi anche Interpedia, un progetto di enciclopedia online su cui aveva lavorato un certo Rick Gates, che la relativa pagina Wikipedia presenta come “uno dei pionieri di internet” (e che non ha nessun legame di parentela con il più celebre Bill).

Insieme a Sanger – che aveva in mente da tempo un progetto simile – Wales fondò quindi Nupedia, che andò online nel marzo 2000 e che però non ebbe mai un grande successo: il sistema di pubblicazione prevedeva infatti che le voci fossero riviste da esperti dei settori coinvolti, cosa che portò a grandi lentezze nella creazione degli articoli: ne furono pubblicati appena 24 in tre anni. Wales e Sanger capirono quindi che era necessario un sistema diverso e più pratico per scrivere un’enciclopedia online.

E qui, nel 2000, entrò in gioco il sistema Wiki, che consentiva – e ancora consente – a diversi utenti di lavorare insieme a progetti condivisi, collaborare e interagire per aggiungere e modificare i contenuti in modo semplice e direttamente all’interno del sito che adotta questo strumento. Wiki è una parola hawaiana che deriva dalla locuzione “wiki wiki” e che significa “molto veloce”.

Come spesso capita in questi casi, non c’è una sola e chiara versione della storia con una precisa successione di idee e decisioni. Non è chiaro, per esempio, quanto Wikipedia dovesse essere una sorta di progetto parallelo per provare a far crescere Nupedia o chi, tra Wales e Sanger, ebbe le idee principali su struttura e funzionamento della nascente enciclopedia. Sta di fatto che il 15 gennaio Wikipedia andò online, e che nei suoi primi giorni crebbe soprattutto grazie al lavoro svolto da alcuni ex dipendenti di Bomis: in particolare il co-fondatore Tim Shell e il programmatore Jason Richey. La storia delle primissime modifiche si trova qui e le sue prime 100 pagine create sono qui.

Un altro importante contributo iniziale arrivò grazie ad alcuni dei collaboratori di Nupedia, che il 17 gennaio ricevettero una mail da Sanger con un link al sito “wikipedia.com” e che diceva:

«Fatemi contento. Andateci e aggiungete un piccolo articolo. Vi prenderà al massimo cinque o dieci minuti»

Un rilevante incremento negli articoli arrivò poi nel luglio di quell’anno, quando il sito Slashdot invitò chi lo frequentava a farlo crescere, in risposta alla decisione di Encyclopedia Britannica di richiedere un pagamento per essere usata online. Poco dopo, nel settembre 2001, di Wikipedia parlò anche il New York Times, in un articolo che iniziava così:

Nonostante il grande traffico di certe pagine web, la maggior parte dei siti restano destinazioni perlopiù solitarie. Le persone arrivano, recuperano informazioni e scrivono messaggi che sperano qualcun altro leggerà. Ma ci sono siti che stanno cercando modi per permettere ai visitatori di non limitarsi a interagire, ma anche di collaborare attivamente per cambiarli.

Wikipedia (www.wikipedia.com) è uno di questi siti, e da gennaio un centinaio di volontari sta lavorando per compilare un’enciclopedia. Usando un semplice e relativamente sconosciuto software chiamato Wiki, stanno facendo un lavoro comunitario virtuale.

Il New York Times spiegava poi che in quel momento Wikipedia, che nel suo primo mese online era arrivata a poco più di mille “articoli”, aveva circa 10mila voci, «da Abba a zigota», e che quello che i suoi collaboratori avevano raggiunto «suggeriva che il Web potesse essere un contesto fertile in cui le persone potevano lavorare e andare d’accordo le une con le altre».

Grazie alle attenzioni degli utenti in crescita, e grazie anche al fatto che le sue pagine ben si sposavano con gli algoritmi di Google (fondato nel 1997) e degli altri motori di ricerca, Wikipedia continuò a farsi notare e a crescere. Tutto questo sebbene fosse arrivata quando già la bolla delle dot.com era scoppiata, almeno in parte, e – soprattutto – sebbene, da processo quasi utopico che era, non avesse un chiaro modello di business su cui basarsi. Era nata ed esisteva perlopiù grazie a competenze tecniche, mezzi e fondi che arrivavano da Bomis.com.

Come scrisse il New York Times qualche anno fa, Wales finì quindi per trovarsi tra le mani «una popolare ma economicamente infruttuosa enciclopedia online» e con il peculiare problema che i collaboratori volontari difficilmente avrebbero accettato l’idea che quella enciclopedia “libera” diventasse a pagamento o iniziasse a ospitare pubblicità.

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E infatti, già nel 2003 – dopo che già c’erano state critiche, contrasti e fuoriuscite tra chi si occupava dell’enciclopedia – Wales trasformò Wikipedia in una fondazione no profit e iniziò ad annunciare che l’enciclopedia sarebbe sempre stata gratuita e senza alcuna pubblicità, come effettivamente continua a essere. Cambiò anche il dominio del sito: da .com a .org, quindi su un dominio solitamente utilizzato da organizzazioni senza scopo di lucro. Per coordinare meglio le varie attività fu fondata la Wikimedia Foundation, fondazione che esiste ancora oggi e che di fatto fa da organismo di garanzia per Wikipedia, gestendo le donazioni che la fanno funzionare e amministrando i suoi sviluppi e servizi paralleli.

Negli anni, come ovvio, ci sono stati comunque problemi e polemiche legati all’affidabilità di Wikipedia e alle discussioni su chi si occupa della sua gestione e delle sue tantissime voci enciclopediche. Nonostante tutto, però, Wikipedia continua a essere gratuita e – seppur con certe regole e limitazioni – liberamente accessibile a chiunque voglia farla crescere, oltre che consultarla. «Le utopiche promesse dei primi anni di internet si sono deteriorate» ha scritto l’Economist «ma Wikipedia – scritta da amatori, libera per tutti – svetta come la grande eccezione. È il sogno che si è realizzato. O, comunque, che si è per la maggior parte realizzato».

E ora, a vent’anni, Wikipedia ha più di 6 milioni di articoli, oltre 52 milioni di pagine scritte in centinaia di lingue e dialetti, un po’ meno di 900mila file caricati, più di 40 milioni di utenti registrati (oltre 127mila dei quali ancora attivi almeno una volta al mese) e un paio di decine di miliardi di pagine viste al mese.

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