Una canzone di Chris Isaak

Che c'entra con "Volare", alla lunga (e ha anche simili progetti)

(Bryan Steffy/Getty Images for Keep Memory Alive)
(Bryan Steffy/Getty Images for Keep Memory Alive)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, ci si iscrive qui.

Un penultimo avviso: da lunedì della settimana prossima Le Canzoni vanno in una specie di vacanza. Ovvero io mi prendo un mese per smaltire altri progetti, e la newsletter continuerà ad arrivare ogni sera nella forma di repliche delle canzoni scelte un anno fa, che 4 su 5 di voi non hanno mai ricevuto perché non si erano ancora iscritti (al quinto su 5 va la mia gratitudine per la fedeltà e il consiglio di occupare questo mese riascoltando le quasi 300 canzoni spedite finora). Da lunedì 11 gennaio torno in diretta.
Di Dionne Warwick ci siamo occupati finora solo per questa bella foto. Lei sabato compie 80 anni. Ha fatto cose molto belle nel pop/soul sia in decenni ruggenti (Don’t make me over e Anyone who had a heart di Burt Bacharach, tra le altre), sia con cose successive a un passo dal kitsch negli arrangiamenti ma sempre grandi nelle melodie, come Heartbreaker e I’ll never love this way again (qui invece fa La voce del silenzio in italiano).

Solitary man

Don’t know that I will
But until I can find me

Il refrain di Solitary man inizia con questi due versi perfetti. Sono perfetti perché il suono delle sillabe si scioglie una dopo l’altra, perché la rima inserita a metà del secondo verso è una cosa speciale, che entra dentro senza che ve ne accorgiate, e perché sono una specie di impennata dolce che si innalza sopra la strofa appena conclusa.

La canzone l’aveva scritta e cantata nel 1966 il prodigioso Neil Diamond di cui abbiamo parlato qui e qui. Questa gli sfuggì di mano e raggiunse il mondo in molti modi. Cito solo quella johnnycashata di Johnny Cash, e la versione italiana di Gianni Morandi. Invece nel 1993 la mise in un suo disco Chris Isaak, pittoresco e fascinoso cantautore californiano, che si fece molto riconoscere per la mascella, la voce nebbiosa, il look western e i testi tormentati. Si deve essere quindi trovato bene con questa storia di stare da solo visto che le donne sono tutte infide e traditrici: a cominciare da Melinda, che a sua volta crea un’altra squisitezza sonora nell’incipit della canzone.
Melinda was mine
‘Til the time that I found her
Holding Jim, loving him

(anche Jim fa la sua parte, e la sua rima con him)


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