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  • Venerdì 27 novembre 2020

La partita che divide l’Egitto

Venerdì sera al Cairo le due squadre più tifate del paese, divise da una rivalità secolare, si affrontano per la prima volta nella finale della Champions League africana

Tifosi dell'Al-Ahly riuniti al Cairo in attesa della sentenza sulla strage di Port Said (AP Photo)
Tifosi dell'Al-Ahly riuniti al Cairo in attesa della sentenza sulla strage di Port Said (AP Photo)

Nel 2018 le attenzioni del mondo del calcio si spostarono al di fuori dell’Europa — come capita raramente — per una partita giocata in un altro continente. Era il derby di Buenos Aires tra Boca Juniors e River Plate nella doppia finale di Copa Libertadores, che fra andata e ritorno si sarebbe dovuta concludere in due settimane e invece durò un mese. A due anni di distanza, è la Champions League africana a offrire un’altra partita inusuale ma ricca di storia e significati.

Venerdì sera, quando in Italia saranno le otto, le due maggiori squadre del Cairo, Zamalek e Al-Ahly, si affronteranno per la prima volta nella finale della Champions League africana. Allo Stadio Internazionale del Cairo non saranno ammessi tifosi, ma l’enorme seguito delle due squadre e la storica contrapposizione tra le due tifoserie potrebbe comunque manifestarsi nel corso della serata per le strade della capitale egiziana, come in molti si aspettano.

Si dice che in Egitto metà paese sostenga lo Zamalek e l’altra metà l’Al-Ahly. Questo perché i due club rappresentano effettivamente due anime presenti nella società egiziana. Vennero entrambi fondati nei primi del Novecento, quando il paese era governato dai britannici e occupato da folte rappresentanze straniere, le quali gravitavano attorno al controllo del canale di Suez, aperto nel 1869. Lo Zamalek fu costituito nel 1911 da un’associazione franco-belga che voleva creare una squadra di calcio aperta a tutte le nazionalità e a qualsiasi credo religioso. L’Al-Ahly venne invece fondato nel 1907 da un gruppo di insegnanti e studenti nazionalisti come squadra aperta esclusivamente agli egiziani. L’unica cosa che i due club condividevano era il loro sentimento anti-britannico: gli inglesi infatti governavano l’Egitto ed escludevano gli egiziani e spesso anche gli altri europei dalle maggiori manifestazioni sportive.

I tifosi dello Zamalek (AP Photo/Ahmed Gamil)

Con il passare del tempo la divisione tra Zamalek e Al-Ahly si fece sempre più netta, di pari passo con i grandi cambiamenti nel paese. Lo Zamalek diventò la squadra dei sostenitori della famiglia reale, i cui membri si succedettero al potere dalla fine del protettorato britannico (1922) al colpo di stato dei militari del 1952. Negli anni Cinquanta il nuovo regime mise al bando i partiti politici, e i due club offrirono a molti la possibilità di continuare ad esprimersi politicamente. Per questo motivo negli anni Settanta gli scontri tra le due tifoserie si fecero talmente violenti da provocare la cancellazione di interi campionati. In quegli anni vennero anche introdotte delle prassi ancora in uso, come quella di far disputare le partite tra le due squadre in campo neutro o di affidarsi ad arbitri stranieri per eliminare ogni sospetto sulla direzione di gara. La finale di questa sera non farà eccezione.

Dagli anni Ottanta ad oggi i tifosi dell’Al-Ahly hanno potuto assistere ai maggiori successi, dato che la loro squadra — il cui nome significa “squadra nazionale” — è la più vincente di sempre sia in Egitto, con 42 campionati vinti, che a livello continentale, dove conta otto titoli. Lo Zamalek — che prende il nome dall’omonimo quartiere del Cairo — ha vinto un quarto dei campionati dei rivali e ha cinque titoli africani, che ne fanno comunque la terza squadra più vincente del continente.

I tifosi dell’Al-Ahly (Ed Giles/Getty Images)

Oggi la connotazione delle due tifoserie si è annacquata, ma i principi fondativi dei club sono ancora ben rappresentati dal tifo: quello dello Zamalek continua a non fare distinzioni tra nazionalità e religioni, mentre i sostenitori dell’Al-Ahly conservano il loro carattere identitario. La divisione è ancora netta, ma come nei primi del Novecento le due realtà furono accomunate dall’opposizione al dominio britannico, oggi i loro gruppi organizzati sono banditi e agiscono nella clandestinità.

Per il regime del generale Abdel Fattah al-Sisi rappresentano infatti una minaccia per l’ordine pubblico a causa del ruolo influente che ebbero nella rivolta del 2011 che portò alla destituzione dell’allora presidente Hosni Mubarak. Alla repressione del regime sono inoltre attribuite le maggiori responsabilità nella strage dello stadio di Port Said, dove nel 2012 oltre settanta tifosi dell’Al-Ahly morirono in circostanze mai del tutto chiarite al termine di una partita di campionato contro la squadra locale: furono chiusi all’interno dello stadio e aggrediti da gruppi di persone armate con l’intento di uccidere.