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  • Sabato 21 novembre 2020

Quando il calcio era di Gerd Müller

L'ex centravanti tedesco sta morendo di Alzheimer: è stato, a modo suo, uno dei calciatori più influenti del Novecento

Gerd Müller nel 1974 (DPA/LaPresse)
Gerd Müller nel 1974 (DPA/LaPresse)

Lo scorso 3 novembre Gerd Müller ha compiuto 75 anni. È considerato da molti il più grande centravanti puro nella storia del calcio, artefice dei maggiori successi del suo club, il Bayern Monaco, e della sua nazionale, la Germania Ovest. Secondo l’ex compagno di squadra Paul Breitner è stato lui, non Franz Beckenbauer, il più importante calciatore tedesco del Novecento, per tutti i titoli che fece vincere grazie ai suoi gol, sempre decisivi, come quello all’Olanda di Johan Cruijff nella finale dei Mondiali del 1974. Lo stesso Beckenbauer è d’accordo con Breitner: «Era la nostra arma letale, il nostro giocatore più importante».

Müller fu il primo Pallone d’oro tedesco, eppure non gode generalmente di una fama paragonabile a quella di altri calciatori tedeschi come Beckenbauer o Karl-Heinz Rummenigge, che dopo i successi ottenuti sul campo sono rimasti in scena e hanno continuato ad ottenerli da allenatori e dirigenti. Dopo il ritiro, il centravanti soprannominato “il bomber nazionale” sparì per anni dal mondo del calcio anche a causa di problemi depressivi che degenerarono nell’alcolismo e che possono aver influito nell’acuirsi della malattia che da anni lo tiene in uno stato semi vegetativo. Ne ha parlato di recente la moglie Ursula, in occasione del suo ultimo compleanno: «Sta quasi tutto il giorno a letto, raramente apre la bocca. Ma è calmo e pacifico, non credo nemmeno stia soffrendo».

Müller fu un calciatore strano ed ebbe una carriera fenomenale. Era basso, tozzo e con gambe grosse, per nulla elegante nel gioco, ma arrivava sulla palla prima di tutti e segnava come nessun altro. Ha ricordato Enrico Albertosi, portiere dell’Italia a cui Müller segnò — sempre con il suo stile opportunistico — due gol nella cosiddetta partita del secolo: «Era terribile quando il pallone danzava davanti alla porta. Lo definirei un rapinatore: piccoletto, ma aveva un’elevazione incredibile per la sua statura. Sapeva prendere il tempo al difensore sui cross e lo anticipava. Gli piaceva giocare sull’ultimo uomo, chiedeva il pallone in profondità e concludeva. Non era un fenomeno dal punto di vista tecnico però bloccarlo era un’impresa».

Quando nel 1964 fu aggregato al Bayern Monaco dalla piccola squadra della sua città natale, il Nördlingen, l’allenatore dei bavaresi Zlatko Cajkovski chiese che cosa ne avrebbe dovuto fare di quel giocatore grassoccio e lo spedì con le riserve. Da persona ostinata come è sempre stato descritto, Müller pensò allora che l’unico modo di guadagnarsi la fiducia di Cajkovski era segnare il più possibile, e così fece: negli anni successivi l’allenatore slavo divenne il suo primo mentore.


Fu promosso in prima squadra nel 1965, quando il Bayern ancora doveva debuttare in Bundesliga. Giocò sei partite e segnò sei gol, contribuendo alla tanto attesa promozione in prima divisione. Da lì iniziò la storia di quella che oggi consideriamo la squadra di calcio tedesca per eccellenza, i cui successi nacquero da tre ventenni bavaresi: il portiere Sepp Maier, il difensore Franz Beckenbauer e inaspettatamente Müller. Dal 1966 al 1979 segnò 365 gol in 427 partite di campionato, quasi uno ogni ora e mezza di gioco: è il record ancora imbattuto del campionato tedesco e probabilmente imbattibile, dato che il secondo miglior marcatore di sempre, Klaus Fischer, si è fermato a quota 268. Nella stagione 1971/1972 Müller arrivò a segnarne 40 in 34 partite, un altro record che in questi anni Robert Lewandowski, centravanti polacco del Bayern, sta provando a battere, finora però senza successo.

In ogni contesto in cui ha giocato, Müller ha stabilito record durati anni, se non ancora imbattuti, come quelli in Bundesliga. Con 69 gol è stato il miglior marcatore nelle competizioni europee per quasi quarant’anni, fino al 2010, quando fu superato da Filippo Inzaghi. Con la Germania, invece, Miroslav Klose ha impiegato 137 partite per superare i 68 gol che realizzò in appena 62 presenze. Per battere il suo record di gol realizzati in un anno solare ci volle Lionel Messi, che proprio negli ultimi giorni del 2012 superò le 85 reti segnate dal tedesco nel 1972.

Müller concluse la sua carriera negli Stati Uniti con i Fort Lauderdale Strikers, con cui giocò per tre anni senza smettere di segnare, nel periodo in cui il calcio nordamericano si riempì di vecchie glorie per lanciare un nuovo campionato nazionale, ma con poco successo. Si ritirò nel 1982 e successivamente cadde in una forte depressione che gli causò altrettanto seri problemi di alcolismo. Nonostante negasse di averli, con il passare del tempo i suoi vecchi compagni al Bayern Monaco notarono il suo malessere fino a decidersi di aiutarlo.

Tra questi ci fu Uli Hoeness, ex compagno al Bayern divenuto direttore generale del club, che organizzò la sua disintossicazione e successivamente lo riportò all’interno della società bavarese, negli anni Novanta, prima come ambasciatore, poi come osservatore, allenatore delle riserve e infine accompagnatore della prima squadra. Fu in quest’ultima veste che nel 2011 venne trovato in stato confusionale per le vie del centro di Trento, dove aveva seguito la prima squadra nel tradizionale ritiro estivo sul Lago di Garda. Lasciò l’albergo dove alloggiava la squadra alle tre di notte e sparì per mezza giornata. Venne ritrovato da una pattuglia dei Carabinieri la sera successiva: quello fu probabilmente uno dei primi sintomi dell’Alzheimer, la malattia che gli fu diagnosticata nel 2015. Da allora non è più apparso in pubblico e le ultime notizie riguardanti il suo stato di salute sono arrivate dalla moglie: «Gerd dorme in attesa della fine».