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  • Giovedì 19 novembre 2020

Cos’è questa storia delle terapie intensive esaurite in Svizzera

Da martedì i posti letto “certificati” sono pieni, ma il governo ne ha messi a disposizione di nuovi in altri reparti

Un paziente in un reparto di terapia intensiva di un ospedale a Neuchâtel (Gillieron/Keystone via AP)
Un paziente in un reparto di terapia intensiva di un ospedale a Neuchâtel (Gillieron/Keystone via AP)

In Svizzera, a un mese dall’introduzione di nuove regole nazionali per contenere l’epidemia da coronavirus, la situazione è ancora grave, ma con qualche indicazione di miglioramento. Il numero dei nuovi contagi giornalieri ha cominciato a scendere nelle ultime settimane e quello che preoccupa, nel brevissimo termine, sembra essere la disponibilità di posti in terapia intensiva. Negli ultimi giorni sono circolate notizie sulla saturazione dei reparti di terapia intensiva, dove ricevono cure i malati più gravi di COVID-19, ma sembra che in parte quelle notizie derivassero da un’incomprensione su quanti siano esattamente i posti disponibili e quanti siano quelli che ancora possono essere creati.

A metà ottobre, in Svizzera la situazione era molto preoccupante. In dieci giorni si era passati da qualche centinaio di nuovi casi di coronavirus al giorno a 2.000 o 3.000 nuovi casi, e il governo federale non aveva adottato misure comuni per contenere l’epidemia. L’uso delle mascherine, anche nei luoghi chiusi, era facoltativo, così come molte altre regole di distanziamento fisico da mesi obbligatorie in molti altri paesi.

Il peggioramento della situazione aveva infine spinto il governo ad adottare alcune regole comuni, tra cui l’obbligo di indossare la mascherina al chiuso nei luoghi pubblici e alcuni limiti per i ritrovi di più di 15 persone (come per esempio l’obbligo di registrare nomi e indirizzi dei partecipanti). Solo 10 giorni dopo, quando i contagi giornalieri avevano superato i 10.000, il governo aveva introdotto altre misure, come la chiusura di club e discoteche, la sospensione delle lezioni in persona per le università e nuovi limiti per palestre e centri sportivi.

Da inizio novembre, i contagi hanno gradualmente cominciato a scendere, tornando ai livelli della metà di ottobre: i nuovi casi registrati sono stati 2.264 domenica 15, 6.455 lunedì 16 e 5.215 martedì 17. Nell’ultimo mese sono tuttavia stati alti i livelli dei nuovi ricoveri, sia nei reparti di terapia intensiva che negli altri reparti.

La Svizzera ha 972 posti di terapia intensiva “certificati”, che rispettano le regole del governo per i migliori standard di cure, sia dal punto di vista degli equipaggiamenti che della disponibilità di personale. Tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, la taskforce che sta consigliando il governo su come gestire l’epidemia aveva più volte detto che se non fosse diminuita la crescita dei casi, i posti in terapia intensiva sarebbero finiti in poche settimane. Martedì a mezzogiorno, Andreas Stettbacher, il presidente dell’organo federale che gestisce i servizi medici svizzeri, ha detto che i posti di terapia intensiva certificati erano finiti, dopo che quella mattina erano stati occupati gli ultimi 34 disponibili.

Il governo, tuttavia, aveva più volte spiegato che gli ospedali svizzeri potevano mettere a disposizione nuovi posti di terapia intensiva, un po’ come è successo in quasi tutti i paesi colpiti dall’epidemia, dove reparti e personale sono stati adattati per poter gestire i casi più gravi di COVID-19. Non è chiaro esattamente quanti altri posti in terapia intensiva “non certificati” possano essere creati negli ospedali svizzeri, ma martedì Stettbacher ha spiegato che quelli disponibili al momento erano 240, e in altre occasioni si era parlato di un limite massimo di 1.400 posti nel paese.

Il fatto che ci siano altri posti di terapia intensiva negli ospedali svizzeri, non significa naturalmente che la situazione non sia molto grave e faticosa da gestire. Nelle regioni occidentali della Svizzera, dove il numero dei contagi è stato più alto nelle ultime settimane, gli ospedali hanno dovuto sospendere diverse delle loro attività normali e non urgenti. Gli ospedali della regione di Ginevra, una delle più colpite dall’epidemia, sono tra quelli che hanno raggiunto prima la capienza nei reparti di terapia intensiva e hanno dovuto chiedere il trasferimento di alcuni pazienti in altre aree del paese. Gli ospedali della zona di Zurigo e degli altri cantoni dove si parla tedesco sono stati meno colpiti dall’epidemia e anche nelle ultime settimane hanno continuato a operare come in tempi normali.

La cooperazione tra i diversi cantoni della federazione è stata un tema di cui si è molto parlato nelle ultime settimane, per via di alcuni attriti nella gestione comune dell’epidemia e alcune notizie di ospedali che si erano rifiutati di accettare pazienti COVID-19 da altri ospedali. Più in generale, l’assenza di regole comuni, la grande autonomia dei cantoni (specialmente in tema di sanità) e la mancanza di supervisione hanno fatto parlare dei limiti che la federazione svizzera può avere nella gestione di gravi crisi sanitarie.