Una canzone dei Badfinger

La "killer song" di tutti i tempi, come disse Paul McCartney

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, ci si iscrive qui.
Vulture ha una lunga intervista con Damon Albarn: è molto sui Gorillaz, ve lo dico, ma lui racconta un sacco di cose. Per esempio che si ritiene scarso coi testi.
Invece Pitchfork ha una nuova celebrazione del Fantasma del palcoscenico, di cui abbiamo parlato qui due settimane fa.
Sul Post abbiamo raccontato l’articolo del New York Times sui guai di Keith Jarrett che avevo citato ieri sera.

Without you
La prima storia è quella di una band che fu la prima a essere arruolata dalla leggendaria casa discografica dei Beatles (nel senso che era dei Beatles), quella che si chiamava Apple prima che un’altra Apple diventasse più leggendaria ancora.
I Badfinger firmarono nel 1968, dapprima con un altro nome, e fecero con Apple Records cinque dischi che andarono piuttosto bene, anche se sempre con lavorazioni tormentate: e frequenti paragoni coi Beatles ma anche frequenti insoddisfazioni da parte dei Beatles stessi (suonarono poi in diverse cose di George Harrison, compresa My sweet lord). Erano gallesi con aggiunte di Liverpool: il loro rapporto con Apple finì malissimo, con pessime gestioni manageriali e finanziarie, e strascichi giudiziari molto lunghi e il suicidio nel 1975 del loro leader Pete Ham: aveva 28 anni e una bambina che sarebbe nata un mese dopo, lasciò un biglietto accusando il loro manager. Nel 1983, ancora in mezzo a beghe di soldi e cause legali, si uccise Tom Evans: aveva 36 anni.

La seconda storia è quella del successo di Without you: l’avevano scritta insieme Pete Ham e Tom Evans, incollando due idee diverse venute a ciascuno di loro. I Badfinger la misero in un disco del 1970 senza farci grandi investimenti, ma fece il botto nella versione del 1972 di Harry Nilsson (uno su cui raccontare altre gran storie). Paul McCartney una volta ha detto che Without you è “the killer song” di tutti i tempi (senza doppi sensi macabri intenzionali). Divenne un classico, con decine di cover: ed è citata nelle storie della musica come l’inizio del “power pop“, come vengono chiamate le ballate rock a metà tra i due generi, con la melodia del primo e la potenza del secondo.

La terza storia è quella allegra: a un certo punto Without you ebbe un nuovo enorme successo cantata da Mariah Carey, nientemeno. Nel 1994. E quella divenne la versione di Without you per una nuova generazione, tra cui una aspirante cantante bulgara che partecipò alle audizioni del talent show Music idol in Bulgaria. Cantando Without you: anzi, Ken Lee, come la presentò lei. La sua esibizione finì online con grandi successi: i goffi provini dei talent show non erano ancora così inflazionati, e nell’inclinazione a inventare quando non sai le parole si riconosce chiunque abbia mai canticchiato nella vita. Io e Matteo Bordone la celebrammo molto in radio a Condor, e ci siamo ancora affezionati.

Poi ancora ce ne sarebbero, di storie: la versione italiana cantata dallo stesso Nilsson con impegno e risultati un po’ Mal-dei-Primitives, ma anche dai Gens (vi prego, la bellezza di questo video), da Caterina Caselli e da Johnny Dorelli (anche con Mina). È una canzone non rovinabile da nessuno: ma rimaniamo lo stesso sui Badfinger, meglio.
I can’t live
If living is without you


Without you su Spotify
Without you su Apple Music
Without you su YouTube