Una canzone dei Daft Punk

Una canzone cominciata prima che loro due nascessero

(Christopher Polk/Getty Images for NARAS)
(Christopher Polk/Getty Images for NARAS)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, ci si iscrive qui.
60 anni fa uscì Spartacus, il film con Kirk Douglas di Stanley Kubrick, che aveva dentro la canzone che dicemmo qui.
Pare che sia proprio chiusa infine la questione legale sull’accusa di plagio contro Stairway to heaven dei Led Zeppelin.
Venerdì esce il disco dei Future islands, che hanno messo in giro un’altra canzone, meno interessante delle precedenti, direi.

Touch
Il Fantasma dell’Opera in origine fu un romanzo francese scritto nel 1910 da un giornalista e scrittore parigino, Gaston Leroux. Poi ebbe molti adattamenti e citazioni e i suoi personaggi furono modello di altre creazioni e storie. Prima o poi nella vita ci si imbatte in alcune di queste discendenze, in un libro, in un musical, in un film.
Per me fu nel film di Brian De Palma del 1974, Il fantasma del palcoscenico, che mostrò la Rai quando ero ragazzo e mi diede sogni tormentati per diverse notti (come altri film di De Palma). Magari ne riparliamo, una sera, delle musiche nei film di De Palma, ma qui sto andando da un’altra parte. De Palma scelse come coprotagonista del film Paul Williams. Il quale ne scrisse tutte le musiche e canzoni, essendo soprattutto quello il suo lavoro. Williams ha fatto un po’ di tutto, ma soprattutto ha scritto canzoni di successo e per il cinema: è americano, ha appena compiuto 80 anni, ma ha fatto appunto anche l’attore, spesso, con una presenza scenica difficile da dimenticare e inversamente proporzionata alla sua altezza fisica. Io ancora me la ricordo, appunto.

Me la ricordavo ancora anche nel 2013, quando uscì quel disco di successo planetario dei Daft Punk, duo francese di elettropop di gran culto e discreti successi precedenti che quella volta lì sbancò (era il disco di Get lucky, per capirsi).
Loro hanno dei gran deboli vintage, e molta della loro musica attinge a cose disco e pop degli anni Settanta: e in mezzo ai molti creativi pezzi del disco, con inclinazioni soprattutto dance, insieme al pezzo in cui Giorgio Moroder racconta se stesso con quell’inglese altoatesino inconfondibile (“My name is Giovanni Giorgio…”), c’era Touch, cantata da:
Paul Williams.

Che ai miei orecchi era Paul Williams del Fantasma del palcoscenico, cioè quei personaggi lì insieme, Swan e il Fantasma: inquietante, sofferente, minaccioso, commosso, insieme.
Tell me what you see
I need something more

E non solo ai miei, di orecchi: come imparai dopo. Il film – che andò male quando uscì e poi si costruì tutto un culto – è un pezzo del background culturale dei Daft Punk, hanno raccontato loro (che sono nati nel 1974 e 1975).
La canzone è nel complesso la più inventiva e barocca di tutto il disco, e ci succede dentro un po’ di tutto: è notturna come si conviene a questa newsletter, ma a un certo punto diventa una giostra del luna park, e poi torna da dov’era venuta. Sciorinando tutti gli accessori del repertorio elettrocircense dei Daft Punk: ascoltarla è come sentire raccontare una storia, di musica e trovate; come ascoltare un podcast, con i suoni al posto delle parole.

Hold on
If love is the answer you hold
Hold on
If love is the answer you hold
Hold on
If love is the answer you hold
Hold on
If love is the answer you hold
Hold on


Touch su Spotify
Touch su Apple Music
Touch su YouTube