Una canzone dei Postal Service

Una band da un disco solo, più una cover tenebrosa

(Kevin Winter/Getty Images for Coachella)
(Kevin Winter/Getty Images for Coachella)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, ci si iscrive qui.
Adele ha annunciato su Instagram che sarà l’ospite/protagonista del Saturday Night Live il prossimo 24 ottobre.
Miley Cyrus invece ha fatto Boys don’t cry dei Cure e Zombie dei Cranberries in un famoso locale di Hollywood, per una campagna a sostegno dei posti dove si suona. Ha pensato che per fare il rock si deve urlare molto e fare la faccia cattiva, ma non le è venuto male.
La settimana scorsa sono passato da Maurizio Blatto e dal suo negozio di dischi a Torino: stava tenendo una lezione a un cliente sulle uscite degli scorsi mesi con una competenza e una chiarezza che nemmeno in certe aule universitarie. Io ne ho approfittato per scoprire il disco di inizio anno di A girl called Eddy (il suo vero nome è lo stesso di Joanie di Happy Days), che come dice Maurizio è un po’ Everything but the girl. Qui su Spotify.
È morto Gordon Haskell, cantante inglese diventato famoso nel suo paese per una canzone che fu un imprevisto successone a Natale del 2001.

Against all odds
Perché si fanno le cover? Che una volta poi nessuno le chiamava cover, probabilmente perché c’era una maggior abitudine alla separazione tra autori e interpreti, e al fatto che una canzone fosse lì per chiunque volesse cantarla. Comunque, perché si fanno? Se hai bisogno di farti notare, perché una canzone buona che ha già funzionato è meno rischiosa di una tua che va’ a sapere se sei capace. Se non ne hai bisogno e vai già forte, perché puoi aggiungere del tuo a una cosa che era già buona.

Sono riflessioni un po’ a braccio, ci saranno musicologi o discografici con opinioni più esperte: è che stavo cercando una risposta a come mai spesso in questa newsletter finiscano delle cover, in effetti. Credo che sia perché funziona, quella cosa che già una canzone ce l’avevi un po’ addosso, e sentirla reinventata raddoppia l’emozione. Boh: come al solito non è che poi si debba stare a pensarci troppo.

Con Against all odds ho un rapporto delicato: illanguidì parecchie mie serate invernali di ventenne già strafan dei Genesis e rimasto affezionato a Phil Collins, creandomi qualche difficoltà con i miei simili che la giudicarono una svenevole cialtronata da film cialtrone. Tenni il punto – malgrado la sfrontatezza di un anziano benzinaio – e la penso tuttora una gran canzone. Gran canzone.

Nel 2003 arrivò infine la sua redenzione anche presso gli intellettuali del rock, quando la raccolse una particolare band americana nata dalla collaborazione di tre musicisti noti per altre loro cose e altre stimate band: si chiamarono Postal Service, fecero un solo disco nel 2003 assai ammirato (di cui andò forte questa), ma si sono rifatti vivi qualche giorno fa per un video con altri musicisti per motivare gli elettori americani ad andare a votare. La loro cover tenebrosa di Against all odds uscì allegata a una rivista musicale, e l’anno dopo fu inclusa nella bella colonna sonora del film che si chiamava Appuntamento a Wicker Park, dimenticabile e assai dimenticato.

Loro ci aggiungono l’invenzione quieta della prima parte, e il successivo ingresso prepotente, proprio lì dove balena la speranza che tu possa tornare, e balena in modo inquietante, violento: “vorrei poterti far tornare indietro”.
I wish I could just make you turn around
Turn around and see me cry
There’s so much I need to say to you
So many reasons why
You’re the only one who really knew me at all

Ma è improbabile che tu torni. Non ci scommetterei, insomma.
Is against all odds.


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