Una canzone di Gabrielle

Lei ci ha messo del suo, diciamo, anche se il resto veniva dal cielo

(Chris Jackson/Getty Images)
(Chris Jackson/Getty Images)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, ci si iscrive qui.
Cinque anni fa oggi era morto Jim Diamond, scozzese, che era andato forte con alcune discrete canzonette molto lagnose, ma la sua cosa migliore era rimasta quella che aveva fatto quando lui e i suoi amici si chiamavano Ph.D.
In quel film nuovo di Aaron Sorkin di cui dicevamo la settimana scorsa c’è questa ballatona di Celeste.
Avete ragione, ieri ho taciuto che Matteo Bordone aveva già parlato sul Post delle canzoni di Natale islandesi “italiane”: quell’uomo ne fa troppe e io mi dimentico dove.

Rise
Quella canzone là di Bob Dylan è una specie di leggenda: siamo oltre il fatto che già quasi tutto di Bob Dylan è una specie di leggenda. Knockin’ on heaven’s door ha sue cose speciali, un uuh-uuh speciale, fu fatta per un film speciale, l’hanno cantata altri con risultati speciali. Insomma.

Questa però non è una cover: e non è nemmeno uno di quei pezzi dopati dal campionamento di una gran canzone, e che se togli quello resta poco. È una canzone che fa tesoro di quel campionamento, e ci aggiunge del suo: come quando lei dice “it’s gonna take time I know, but I’ll get over you” in quel modo ondoso che si trattiene su time prima di rovesciarsi.

Lei si chiama Gabrielle Bobbs, e Gabrielle e basta da musicista: è di Londra, ora ha 51 anni, ha un guaio a un occhio da quando era bambina. È andata bene nelle classifiche di là con diversi pezzi, e poi nel 1999 con questo: a cui lo stesso Dylan aveva accettato di concedere quel passaggio, caso piuttosto infrequente. Come si vede, parla di liberarsi di te, e ci vorrà tempo ma stiamo facendo progressi. Con un piccolo aiuto da parte di Bob Dylan.

Now I’m ready to rise again


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