Una canzone di Zucchero

La cosa migliore di tutte quelle che ha fatto è andare sul semplice

(Joerg Koch/Getty Images)
(Joerg Koch/Getty Images)

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Alberto Giurioli è un giovane pianista italiano con una storia bella da raccontare e che lui racconta bene: e recenti fortune meritate. Quest’estate ha pubblicato un EP di cover in cui c’è una bella versione per pianoforte di quella Catch and release di cui avevo scritto qui.
Sulla nuova canzone degli AC/DC mi sento di condividere l’analisi di Luca Misculin del Post.
È morto Johnny Nash, cantante texano la cui cosa più famosa è aver scritto e cantato per primo I can see clearly now, di cui poi ci furono diverse versioni. Io adoro quella tutt’altra degli Hothouse flowers.
Il 24 ottobre c’è un concerto online di Billie Eilish, costa trenta dollari.
Mi scrivete sempre delle belle mail, e grazie a tutti. Marzia in particolare mi ha raccontato una fantastica storia personale che c’entra con l’Islanda, Raf e suo fratello.
«Insomma, siamo in macchina e parte l’intro di Gente di mare. Riconoscibilissima. Sgrano gli occhi e penso che sì, è vero che siamo su un’isola e di mare ce n’è quanto ne vuoi, ma ecco, l’Islanda in inverno non è esattamente il paesaggio che ricordavo associato a quella canzone… Poi arriva la voce, e non è quella di Raf. Non è neanche italiano. Una voce a me sconosciuta canta in islandese sulla base di Gente di mare. Non capisco la lingua, ma un paio di parole le ho imparate, tra cui quella che significa natale, e in quella canzone viene ripetuta continuamente nel ritornello: è una canzone di natale. In islandese. Shazammo per confermare, si intitola Komdu um Jolin: vieni a Natale, torna per Natale […] Poi ho scoperto che un famoso cantante islandese è stato in Italia negli anni ottanta, si è innamorato del pop italiano dell’epoca (!!!), e ha trasformato un bel po’ di canzoni d’amore italiane in canzoni di natale islandesi che sono diventate dei veri e propri classici. La vita a volte fa dei giri davvero strani. La musica anche».

Hai scelto me
Lo dico rispettosamente, solo perché usciamo allo scoperto su questa cosa, che non è mai stata affrontata come merita: Zucchero, nella storia della musica italiana, è stato piuttosto sopravvalutato. Il grande successo è sempre ammirevole e lui lo ha ottenuto ascoltando buona musica e poi lo ha usato con curiosità e provando a inventarsi delle cose, anche se alla fine le idee si ridussero quasi sempre a pescare grandi nomi da night-a-Las-Vegas per dei duetti o imitare canzoni americane: ma non c’è niente nella sua estesa produzione di cui non si possa fare a meno (a differenza di centinaia di canzoni italiane altrui preziosissime per il bene del paese e dei suoi abitanti). Poi certo, sono il primo sostenitore della soggettività nei giudizi musicali, quindi non pretendo che questo mio valga più di quello di un fan di Zucchero, se ancora ce ne sono.

Ma questa premessa non ha intenzioni polemiche, anzi, vuole rendere ancora più sincera e valida la considerazione successiva: che il suo quarto disco Blue’s, che uscì trent’anni fa oggi, aveva dentro diverse cose buone, e una canzone che forse smentisce quello che ho appena scritto.
Blue’s fu pubblicato il 15 giugno 1987, e Zucchero era entrato in un campionato più grosso col disco precedente, Rispetto, che era andato bene (il suo primo successo era stato “Donne”, imitazione di “No woman no cry”): tra le canzoni di Blue’s ci sono diverse cose drasticamente brutte, di quelle dove Zucchero scandisce degli slogan o sfrutta dei meccanismi piuttosto infantili (“Pippo, che cazzo fai”, “Non ti sopporto più, davvero”), che hanno dentro un’idea un po’ più originale solo in “Solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’Azione Cattolica”. Invece “Senza una donna” è un’onesta buona canzone, e “Dune mosse” ha un andamento ipnotico non banale, anche se il testo sembra scritto pescando le lettere dello Scarabeo. Se queste canzoni Zucchero le avesse tenute da parte e fatto un solo disco prendendo dal successivo Oro incenso e birra le altrettanto buone “Iruben me” (che ha un fantastico testo meteosentimentale, “che se non torni qui prevedo inondazioni”), “Madre dolcissima” (testo copiato, ma copiato bene) e “Diamante”, sarebbe venuto un signor disco. Soprattutto perché insieme a loro ci avrebbe messo la cosa migliore della sua carriera, che gli venne semplice e perfetta proprio quando non andò a cercare giochetti da circo né con gli arrangiamenti né con i testi (beh, coi testi ancora un po’ sì: l’uomo perso e il cielo terso). Pianoforte, un minimo di tastiera elettronica sullo sfondo, un accenno di gorgheggio corista da “The great gig in the sky”. Due minuti e ventisette, bellissima.

ho scelto te
non lo so
quando capita
so che mi sento diverso
quasi disperso
hai scelto me
e adesso che
ho scelto te
amore mio
se ti capita
fa’ che sia tutto diverso
fa’ che sia tutto diverso
c’e un uomo perso
sul treno che
precipita
che un cielo terso
accendi il blu

(volevo scrivere di questa gran bella canzone stasera, poi mi sono ricordato che avevo già scritto tre anni fa la cosa qui sopra, e me la sono rivenduta tal quale, perdonate)


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